Crisi del centrodestra e fine del bipolarismo: il particolare omesso
Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, ha scritto un editoriale sulla “Destra smarrita” e sulla fine del bipolarismo. Una puntuale analisi da manuale su come, in ogni democrazia, la “logica bipolare si regga su due pilastri”: destra e sinistra. Se uno dei due si sgretola “il sistema diventa monco, asimmetrico e squilibrato”; in altre parole il bipolarismo viene meno e il rischio di un’involuzione del sistema politico si fa concreta.
Nel caso italiano il pilastro che sta sgretolandosi è quello del centrodestra. Su questo Battista è netto: la “destra di governo è crollata”; quella che “solo sei anni fa totalizzava circa il 45% dei voti è diventata una somma di sigle”. Se domani si andasse a elezioni non ci sarebbe partita perché questa destra “si aggrappa al carisma residuo di Berlusconi ma non sa più parlare al suo blocco sociale”; schiacciata tra l’infatuazione per Renzi e “il furore” di Salvini, sembra non avere futuro. La crisi irreversibile del principale partito (Forza Italia) determina, per Battista, la crisi della nostra democrazia dell’alternanza che, di fatto, oggi esprime un governo senza alternative.
È un’analisi impietosa e, in buona parte, condivisibile sul fallimento di una stagione politica in cui il centrodestra ha spesso vinto ma non ha quasi mai governato veramente il Paese, lasciando inalterato il sistema di potere che apparteneva, nei suoi gangli vitali, alla sinistra (establishment, apparato burocratico, finanza, mondo dei media, oltre ovviamente allo storico potere sociale dei sindacati ed economico delle cooperative).
Eppure in quest’analisi manca una considerazione che non vuole essere una giustificazione sullo stato in cui versa il centrodestra, ma un ulteriore elemento di analisi che non può essere sottaciuto da chi vuole cercare di capire la fase storica che stiamo vivendo.
Gli intellettuali italiani, quelli onesti come Battista o quelli disonesti come molti altri, tendono a dimenticare una condizione assolutamente anomala della nostra democrazia; e cioè che la crisi implosiva del centrodestra non è dovuta solo a cause endogene (propri errori e fallimenti) ma anche e soprattutto a cause esogene.
In altre parole si tende ad acquisire come scontato il fatto che il leader storico della destra italiana, colui che ha dato forma politica e unità progettuale all’insieme di culture che chiamiamo storicamente liberal-conservatrici, è stato eliminato dalla scena politica in maniera premeditata, attraverso due operazioni che nulla hanno a che vedere con i normali processi evolutivi delle democrazie e dei partiti politici.
La prima di queste operazioni fu quella che qualcuno ha definito “il complotto del 2011″ quando centri di potere internazionale e lucidi sicari italiani sostituirono il governo Berlusconi, democraticamente eletto, con uno imposto da Bruxelles; un’invasione di campo nelle dinamiche del nostro sistema politico senza precedenti. In quell’occasione, tecnocrazia finanziaria e governi stranieri si saldarono con precisi ambienti del sistema di potere italiano organizzati attorno all’iperattivismo di un Presidente della Repubblica ex comunista che dai tempi di Budapest ’56 ha sempre manifestato una profonda allergia per la volontà popolare. La fine del governo Berlusconi nel 2011 ha sancito una sospensione della sovranità nazionale mai avvenuta in una democrazia occidentale. Non è un caso che da quel fatidico novembre 2011, in Italia non abbiamo più avuto un Presidente del Consiglio scelto dai cittadini.
La seconda operazione è stata la condanna in via definitiva di Silvio Berlusconi che, di fatto, lo ha eliminato dalla scena politica per via giudiziaria dopo una ventennale caccia all’uomo fatta di decine di capi d’accusa e processi, migliaia di udienze che hanno coinvolto non solo il leader del centrodestra ma tutti il suo mondo di riferimento (politico e imprenditoriale).
La crisi del centrodestra inizia da questi due episodi e le successive scissioni, separazioni, disgregazioni di classe dirigente (al netto degli errori commessi), sono state generate da questi avvenimenti che hanno condizionato non poco il naturale percorso di quest’area politica.
Per salvare il nostro bipolarismo bisogna affrontare la vera anomalia della politica italiana: l’eliminazione dalla politica attiva di uno dei più importanti leader democratici occidentali degli ultimi 20 anni non è un avvenimento neutrale rispetto all’analisi dello stato della nostra democrazia.
Immagine: Diane Arbus, Unknown wrestlers, 1970
Su Twitter: @GiampaoloRossi