russia syriaSIRIA: ARRIVANO I RUSSI
Nei giorni scorsi la Nato ha obbligato la Grecia e la Bulgaria a chiudere il proprio spazio aereo ai voli russi verso la Siria. Secondo gli americani, Mosca starebbe trasportando strutture prefabbricate per ospitare dispiegamenti di reparti speciali; i russi sostengono invece che si tratterebbero di aiuti umanitari per fronteggiare l’ecatombe di profughi generata dalla guerra civile e garantire ponti aerei per i cittadini russi in Siria. Ricordiamo che sulla costa siriana, Mosca ha il suo unico sbocco nel Mediterrnaeo attraverso la basa navale di Tartus e la capitolazione di Assad comprometterebbe questa posizione cruciale.

Immagini satellitari pubblicate su Stratfor (la rivista di analisi americana) dimostrerebbero la creazione d’infrastrutture di supporto russe nell’aeroporto di Latakia finalizzate a garantire un ponte aereo “per sostenere una presenza all’estero”.
Sempre secondo Stratfor, due navi militari d’assalto anfibio della Flotta del Mar Nero (classe Alligator e Ropucha) “chiaramente cariche di mezzi e attrezzature” sono state intercettate in rotta verso la Siria dal Bosforo; e da diversi account sui social media sono emerse immagini di marines russi (appartenenti alla 336° Brigata Białystok dal Baltico e la 810°Brigata dal Mar Nero ) nelle province di Latakia, Tartus, Homs e Damasco.

Secondo gli analisti di Stratfor, per ora è improbabile una discesa diretta sul campo di battaglia delle forze militari russe contro i ribelli o contro l’Isis; più probabilmente, attraverso la creazione di una base aerea, strutture logistiche e protezione terra-aria, Mosca vuole garantire “rifornimenti alle forze di Damasco, fornire supporto aereo ravvicinato e attivare consiglieri militari e agenti di intelligence incorporati nelle forze lealiste” siriane.

 In fondo Mosca sta facendo con Assad (suo alleato storico) quello che Washington segretamente fa da anni con i ribelli anti-Assad.


LE OPERAZIONI SEGRETE USA

Il 12 giugno scorso, il Washington Post ha pubblicato un report rivelatore dell’attività segreta americana in Siria:  “una delle più grandi operazioni sotto copertura della Cia con un budget che si avvicina ad 1 miliardo di dollari l’anno” con l’obiettivo di rovesciare il regime di Assad.
Il programma della Cia in Siria (attivo dal 2013) comporta l’addestramento e l’equipaggiamento di circa 10.000 combattenti con un costo di “100.000 $ all’anno per ogni ribelle anti-Assad passato attraverso il programma”.
L’attività della Cia, secondo le fonti del Washington Post, sarebbe integrata da miliardi di dollari che giungerebbero anche da Arabia Saudita, Qatar e Turchia a sostegno dei ribelli del Free Syrian Army. Il report si dimentica di dire che gli Stati sopra citati non disdegnano di finanziare anche i jihadisti dell’Isis che avanzano a nord.
Il denaro della CIA è indirizzato oltre che nell’organizzazione dei campi di addestramento segreti in Giordania, anche per l’attività di intelligence a supporto delle milizie ribelli e per la rete logistica di smistamento di uomini e armi.

Qualche giorno fa, invece il New York Times ha descritto gli esiti operativi non promettenti di un secondo programma gestito direttamente dalle Forze Armate Speciali statunitensi; programma che impiega 500 milioni di dollari all’anno per il reclutamento e l’addestramento di ribelli presi dai campi profughi in Turchia. Recentemente il primo gruppo operativo di 50 elementi della “Divisione 30”, infiltrato in Siria, è stato rapito dalle milizie jihadiste di Al Nusra; un esito imbarazzante che sta spingendo il Pentagono a rivedere le sue strategie, anche perché molti dei ribelli sunniti armati dagli Usa simpatizzano per i jihadisti sunniti.

COSA CONVERREBBE A NOI EUROPEI?
Nell’articolo del Washington Post si raccontano  le preoccupazioni di molti ambienti politici e militari americani sulla condotta della Casa Bianca in Medio Oriente e sulla capacità di “definire le conseguenze della guerra civile siriana”.
Conseguenze che dovrebbero essere evidenti a noi europei: la balcanizzazione della Siria sta producendo un disastro in tutto il Mediterraneo e la sua accentuazione determinerà ulteriori ripercussioni in Europa in termini di terrorismo, espansione dell’integralismo, esodo migratorio, conflitti regionali e crisi economica.

In questa fase, i russi, difendendo il loro alleato Assad, combattono di fatto l’avanzata dell’Isis e dell’integralismo islamico. Washington e i suoi alleati turchi e sauditi alimentando i gruppi di ribelli anti-Assad di fatto avvantaggiano i jihadisti che potranno approfittare dell’inevitabile vuoto di potere che si creerebbe con la disgregazione definitiva della Siria. Un film già visto: il disastro libico non ha insegnato nulla.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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