john_gallagher“Ho combattuto questa battaglia in un modo o nell’altro per tutta la mia vita. Spero nel successo. Tutto il resto è nelle mani degli dèi”.

Così John Gallagher, canadese di 32 anni, scriveva qualche mese fa in un breve articolo comparso sul suo profilo Facebook, appena partito volontario per combattere contro l’Isis.
Ora che i “suoi dèi” se lo sono portato via, rimane la storia di un giovane uomo che dall’estremo Occidente è andato a morire in Siria per difendere il popolo curdo dal genocidio e fronteggiare l’orrore integralista.

SOLDATO E INTELLETTUALE
John Gallagher è caduto in combattimento (ucciso da un attentatore suicida) agli inizi di Novembre vicino Al-Hawl, nella zona di al-Hasakah nel nord-est siriano dove da mesi la coalizione kurda e araba fronteggia l’Isis.
In quella stessa zona, tra le file dei volontari internazionali che combattono “la bande del terrore di Daesh”, erano già stati uccisi sconosciuti combattenti occidentali: un britannico, un australiano e persino una giovane ventenne arrivata dalla Germania e caduta, armi in pugno, nelle file delle YPJ, la Brigata femminile dell’esercito curdo.

Ma la morte di John Gallagher colpisce perché lui ha lasciato la testimonianza di una scelta che violenta la quieta ipocrisia della nostra società. Lui ha deciso di partire a combattere non per interesse o per spirito di avventura, ma per una precisa convinzione ideale su ciò che è il bene ed il male, su ciò che minaccia la nostra civiltà.

Soldato ed intellettuale, aveva servito l’esercito canadese in Bosnia e poi due lauree di cui una in Scienze politiche su Medio Oriente e fondamentalismo religioso. John era stato il più brillante del suo corso ed il suo professore, con cui ha continuato a scriversi anche dalla Siria, ricorda di averlo provato a convincere a non partire e a proseguire la carriera universitaria: “sarebbe diventato un fantastico studioso”

UNA GUERRA CHE RIGUARDA TUTTI NOI
Era partito per l’Iraq a combattere con i curdi, per poi arrivare in Siria (in questa video intervista sul canadese McLean, si racconta). “La causa di un Kurdistan libero e indipendente – ha scritto nel suo articolo – è già da sola importante da meritare di combattere. Il popolo curdo è il più grande gruppo etnico del mondo senza una propria patria e ha sofferto enormemente schiacciato da potenze regionali”.

Ma c’era qualcosa di più:
John aveva compreso che la guerra contro l’islamismo riguarda tutti noi. Ha scritto: “Per decenni siamo stati in guerra. Questa guerra non è stata riconosciuta dai nostri leader, ma proclamata con entusiasmo dai nostri nemici”.
Dopo la schiavitù, il nazismo ed il comunismo, ora c’è un nuovo nemico per l’uomo e per la libertà: la Teocrazia che induce “il terrore della libertà”.
Non possiamo fare finta di niente: “Siamo tutti in prima linea in questo conflitto, che lo sappiamo o no (…) per molti versi siamo tutti già vittime di questa guerra”.

GLI UTILI IDIOTI DELLA JIHAD
Lui, internazionalista convinto, disprezzava l’inutilità della sinistra occidentale: “la posizione dei pacifisti e l’accondiscendenza della sinistra su questo tema non è tolleranza, ma per ironia della sorte, è esattamente ciò a cui dichiarano di opporsi”.
La crisi che affrontiamo in Occidente “è il risultato diretto di questo pensiero progressista”. E ora la nostra civiltà “è sotto la minaccia di coloro che approfittano del masochismo (…) degli utili idioti della jihad, i compagni di viaggio della teocrazia.

John rivendicava il valore fondante della laicità occidentale, il diritto di cui lui ha goduto, di crescere in una famiglia profondamente religiosa ma di poter non credere.
I miei genitori “mi potevano insegnare che l’evoluzionismo era una bugia, ma non potevano impedirmi di leggere su di esso o vietare le scuole pubbliche da insegnarlo”.
Chi salvaguardia ora questo modello di società? “Solo un’élite politica allevata in batteria e un’intellighenzia che borbotta sulla necessità di non offendere”.

Per questo lui è partito, per “sradicare il jihadismo dalle nostre vite”.

L’ESEMPIO DI UN ALTRO OCCIDENTE
La storia di John Gallagher sembra venire fuori dalle nebbie del ‘900, da quella generazione di poeti, artisti e intellettuali-soldati che s’immolarono nei campi di battaglia della Prima Guerra mondiale; invece è una storia del nostro tempo che raccontiamo con un misto di stupore, ammirazione e gratitudine; la storia di un altro Occidente.

Tutto ciò che possiamo fare è rendere onore a questo soldato idealista caduto anche per la nostra libertà

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Su Twitter: @GiampaoloRossi

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