arabia-sauditaCIÒ CHE I SAUDITI VOLEVANO
La condanna a morte dell’imam sciita Al-Nimir da parte dell’Arabia Saudita ha scatenato reazioni in tutto il mondo persino fuori dai paesi islamici. Esattamente ciò che i sauditi volevano.

  • L’Iran ha reagito alla notizia evocando una “vendetta divina” (parole del Guida suprema Khamenei) e scatenando violente manifestazioni a Teheran dove è stata assaltata la rappresentanza diplomatica di Ryad. Esattamente ciò che i sauditi volevano.

Bahrein, Sudan (paesi dipendenti dai petrodollari sauditi) e Kuwait hanno rotto le relazioni diplomatiche con l’Iran e lo stesso si apprestano a fare gli Emirati Arabi. Esattamente ciò che i sauditi volevano.

Usa ed Europa hanno trasformato Al-Nimir in un paladino occidentale, una sorta di campione della democrazia e del pluralismo ucciso perché voleva riforme liberali, esasperando ancora di più la diffidenza dei sunniti verso l’Occidente. Esattamente ciò che i sauditi volevano.

IL REALE MOTIVO DELLA CONDANNA A MORTE
Al-Nimir è stato giustiziato insieme ad altri 46 condannati. Di questi solo una minima parte erano oppositori sciiti alla monarchia saudita; la maggioranza erano sunniti appartenenti ad Al Qaeda che si erano macchiati di reati terroristici contro la monarchia, tra questi Faris al Zaharani, il capo di Al Qaeda in Arabia, arrestato nel 2004.
La condanna a morte di Al-Nimir (in carcere dal 2012) è stata la merce di scambio per l’esecuzione di jihadisti che l’opinione pubblica interna ha sempre visto con simpatia; non dimentichiamo che la monarchia saudita ha contribuito a creare Al Qaeda nonostante oggi sia il principale sponsor (ideologico ed economico) di Isis.
Condannando a morte un esponente di spicco della minoranza sciita, per di più legato all’Iran, il governo saudita ha addolcito la pillola delle condanne a morte di sunniti appartenenti ad Al Qaeda.

Al-Nimir predicava l’abbattimento del regime repressivo saudita non per instaurare una democrazia ma un modello di teocrazia di tipo khomeinista guidata da un unico capo religioso ed uno Stato organizzato attorno ad una élite religiosa.
Difensore eroico della perseguitata minoranza sciita, aveva studiato per anni in Iran e in Siria, predicava il diritto per gli sciiti di avvalersi di potenze straniere (Iran o Iraq) per abbattere la monarchia del proprio paese.
Sorprende che la macchina repressiva saudita (uno Stato che è un autentico governo del terrore e dell’oscurantismo) non l’abbia giustiziato molto tempo prima.

 LA STRATEGIA DI DOMINIO SAUDITA
Quello che emerge è che l’Arabia Saudita sta spingendo sull’acceleratore del conflitto inter-arabo, ponendosi a capo del mondo sunnita in una guerra senza esclusione di colpi; conflitto all’interno della quale il Califfato e l’Isis sono parte integrante della strategia egemonica dei sovrani del Golfo.

D’altro canto 5 fattori recenti hanno spinto l’Arabia Saudita a intensificare il suo protagonismo:

  • L’accordo sul nucleare iraniano, visto come un tradimento da parte degli storici alleati americani, che hanno tolto Teheran dall’isolamento internazionale.
  • L’ingresso nel conflitto siriano della Russia (alleata storica degli sciiti), che ha impedito il tracollo di Assad (sperato dai sauditi) e sta infliggendo duri colpi all’Isis rompendo il disegno saudita di un Califfato sunnita che disintegri i governi sciiti di Siria e Iraq.
  • Il ridimensionamento del ruolo Usa in Medio Oriente che toglie a Ryad la protezione militare pagata con i petrodollari.
  • La guerra nello Yemen dove i ribelli sciiti houthi filoiraniani stanno infliggendo battute di arresto alle Forze Armate del Presidente Hadi appoggiato proprio da Arabia Saudita e da altri paesi sunniti.
  • L’isolamento della Turchia di Erdogan (unica nazione islamica in grado di competere militarmente con l’Arabia) dopo l’abbattimento del jet russo.

La casa regnante d’Arabia si è guardata bene dall’aprire la minima tensione con la Russia, anzi ne sta favorendo l’apparente ruolo di mediazione con l’Iran, ben sapendo che Putin non lo svolgerà mai se non per favorire il suo alleato iraniano.

arab natoL’IMBROGLIO DELLA “NATO ARABA”
Nel dicembre scorso il principe ereditario Mohammed bin Salman ha annunciato la nascita di una coalizione militare islamica contro il terrorismo di cui farebbero parte 34 stati tra cui Turchia, Pakistan, Egitto, Tunisia e Giordania e diverse nazioni africane.
Il progetto, appoggiato dagli Usa, riecheggia la vecchia idea di una “Nato islamica” che dovrebbe costruire un’asse arabo contro il terrorismo in Medio Oriente; ma è un imbroglio.
Nessuna coalizione militare sunnita a guida saudita combatterà mai contro l’Isis e il Califfato che i monarchi sauditi stessi hanno creato, finanziato e legittimato con la loro ideologia. Semmai l’intenzione di Ryad è di costituire una forza militare sunnita benedetta dagli Usa e dall’Occidente che dietro la maschera di una fantomatica lotta al terrorismo serva a prendere il controllo del Medio Oriente contro il nemico giurato sciita.

CONCLUSIONE
La monarchia saudita, con il ricatto dei suoi petrodollari, con la sua ideologia fanatica e oscurantista che prova ad esportare da decenni finanziando il terrorismo, con la spietata macchina del terrore repressivo, cerca ora di diventare protagonista del nuovo equilibrio regionale; e questa non è una buona notizia per chi vuole combattere l’integralismo jihadista e l’orrore di Daesh.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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