A man crosses the Central Intelligence AQ ESISTE DAVVERO
“Q” è vivo e lotta con noi. Come chi è Q? Non avete mai visto un film di James Bond? Q era il leggendario Dottor Boothroyd, il capo della mitica “Sezione Q” dei servizi segreti britannici. Lo scienziato che provvedeva a rifornire l’Agente 007 di tutti quegli ammennicoli iperfunzionali: la scarpa-pugnale, il jetpack (che negli anni ’70 era pura fantascienza), le sigarette esplosive e via dicendo, compresa la leggendaria Lotus-sottomarino di La Spia che mi Amava.

Dicevamo che Q esiste ma non è una persona sola e non lavora per i Servizi di Sua Maestà; Q è una società di Venture Capital della Cia il cui nome è appunto In-Q-Tel (IQT) in memoria del dottor Q.
Il suo scopo è identificare ed investire in società ad alta tecnologia funzionali alla Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti.

Fondata nel 1999 dall’ex Ceo della Loockheed, In-Q-Tel è “un ponte tra la Comunità d’Intelligence e gli innovatori tecnologici”.
I brevetti testati sono centinaia ed alcuni anche famosi: nel 2004 fu IQT a finanziare il programma di mappatura satellitare Keyhole che poi fu acquistato da Google e divenne Google Earth. D’altro canto, la collaborazione tra Google e le agenzie d’intelligence americane è cosa risaputa: sia allo scopo di scongiurare cyber-attacchi, sia allo scopo di spiare e controllare i flussi informativi sul web e sui social.

Ora sembra che il Dottor Q della Cia stia investendo quasi interamente su società per l’analisi e controllo dei social media (Twitter su tutti); almeno secondo quanto riporta The Intercept

IL GRANDE FRATELLO DI TWITTER
Tra queste aziende spiccano la Databricks, il cui software “Spark” è capace di ordinare un’immensa quantità di dati estratti dalla rete in tempi brevissimi; un prodotto che i tecnici di Ibm hanno definito “il progetto open source più significativo del prossimo decennio”.

O applicativi più inquietanti come quello di Dataminr che analizza in tempo reale i dati provenienti dall’intero flusso quotidiano di Twitter (circa 600 milioni di tweet al giorno) per riuscire ad anticipare eventi in tutto il mondo; applicativi già usati da fondi d’investimento e banche d’affari per prevedere cause di movimenti sul mercato azionario, ma ora in sperimentazione anche per attività di controllo sociale e antiterrorismo per intercettare situazioni di minacce emergenti. Fortune ha rivelato che questa azienda avvisò i suoi clienti degli attacchi di Parigi appena 5 minuti dopo che si era verificato il primo e 45 minuti prima che venisse il primo lancio delle agenzie stampa.

O Geofeedia, la tecnologia che localizza geograficamente i messaggi dei social media (Twitter e Instagram) così da poter monitorare in tempo reale manifestazioni di piazza, mobilitazioni o qualsiasi tipo di attività sociale.

LA NUOVA CIA DIGITALE
Nell’ottobre scorso la Cia ha formato la DDI (Direzione per la Digital Innovation), la prima nuova struttura degli ultimi 50 anni. Il suo scopo è proprio quello di spostare l’operatività dell’agenzia prevalentemente sulla sicurezza via internet.
David Cohen il vice-Direttore della Cia, recentemente ha spiegato i due obiettivi della nuova Direzione:

1)  Proteggere la rete d’intelligence dalle tracce digitali che ogni membro inevitabilmente lascia; un acquisto on line, una ricerca su Google, messaggi, commenti, tutto quello che può far gola ad un servizio straniero. “Dobbiamo trovare il modo di proteggere l’identità dei nostri agenti (…) perché possano continuare ad operare clandestinamente” è oggi l’identità digitale è fondamentale.

2)  Sfruttare il “dominio digitale” per raccogliere dalla rete tutte le informazioni necessarie all’intelligence per le attività di anti-terrorismo, di prevenzione ma anche di intervento.
In altre parole, le fonti aperte dei social media sono una miniera informativa infinita per ogni servizio di sicurezza. Come spiega lo stesso Cohen: “un’immagine satellitare che mostra membri dell’ISIS riuniti in una piazza della città, per esempio, non può fornire una conoscenza dei piani e delle intenzioni del gruppo. Ma i loro tweet e altri messaggi sui social media con cui essi comunicano la loro attività spesso producono informazioni che forniscono un valore di vera intelligence.

Il punto è che questo non vale solo per la legittima lotta all’Isis. Quegli stessi strumenti utilizzabili per la lotta al terrorismo possono essere utilizzati per il controllo sociale o per le analisi di pre-crimine, labile confine alla limitazione della libertà di opinione e dei diritti individuali.

Quindi occhio a cosa scrivete su Twitter o quali foto postate su Instagram. Il Dottor Q vi controlla e potrebbe farsi di voi un’idea sbagliata (o forse quella giusta).


 Su Twitter: @GiampaoloRossi

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