SCO2IL GRUPPO DI SHANGAI
Nei giorni in cui l’UE è stata travolta dalla Brexit e l’intera costruzione europea ha iniziato a scricchiolare sotto i colpi della volontà popolare, dall’altra parte del mondo è avvenuta una cosa che i delicati sensori dei media occidentali non hanno registrato.

A Tashkent, in Uzbekistan, i capi di Stato delle nazioni aderenti al “Gruppo di Shangai” (SCO – Shangai Cooperation Organization) hanno ratificato l’ingresso di altri due paesi: India e Pakistan.
Il Gruppo di Shangai è stato fondato nel 1996 da Cina, Russia, Kazakistan, Kirgizistan e Tagikistan; nel 2001 è entrato a farne parte anche l’Uzbekistan.
L’organismo, nato come forma di cooperazione militare (il primo atto fu la riduzione dei contingenti militari nelle aree confinanti i paesi aderenti), si è poi allargato alla cooperazione economica e politica.

UNA POTENZA EURASIATICA
Ora, con l’ingresso di India e Pakistan (che si concretizzerà nel 2017) e la possibile futura adesione dell’Iran, SCO diventa un’organizzazione di portata globale: sommando anche i Paesi con lo status di osservatori, l’alleanza racchiude oltre la metà della popolazione mondiale, il 60% del continente eurasiatico ed un’area geopolitica che va dal Mar Cinese meridionale al Mar Baltico, dal Golfo Persico al Golfo del Bengala; e raccoglie tute le cinque religioni non occidentali (cristianesimo orientale, confucianesimo, islam, induismo e buddismo).

SCO_(orthographic_projection).svg (1)L’importanza geostrategica di questa organizzazione è evidente.
Zbigniew Brzezinski, il teorico Usa della moderna strategia anti russa, dell’allargamento della Nato ad est e dell’annessione dell’Ucraina alla sfera occidentale, ha individuato l’Eurasia come chiave di volta del dominio globale, come un “super continente assiale del mondo”, capace di dare, a chi lo dovesse controllare, “un’influenza determinante su due delle tre regioni economicamente più produttive del mondo, l’Europa occidentale e l’Asia orientale”. Per questo fin dalla fine degli anni ’90, ha suggerito una strategia capace “di garantire che nessuno Stato o insieme di Stati acquisisca la capacità di espellere gli Stati Uniti o anche diminuire il suo ruolo decisivo” nella regione.

L’Organizzazione di Shangai si rafforza proprio in chiave anti-americana, proponendo un modello di partnership vincolata ad interessi comuni e a precise funzioni geopolitiche.
Come dichiarò Vladimir Putin nel vertice del 2008: “Dio ha benedetto i paesi della nostra regione affinché facciano uso dei loro vantaggi competitivi geografici e storici” immaginando un chiara funzione di modello alternativo a quello dell’Occidente: “Ora vediamo chiaramente l’errore del monopolio nel mondo della finanza e la politica di egoismi economici”.

UN REGIONALISMO APERTO
Come ha spiegato Dmitry Kosyrev su Ria Novosti (qui l’articolo in inglese), SCO “non è un’Alleanza (come la Nato), né un’Unione (come la UE), perché tutti i suoi membri ritengono che il tempo delle Unioni è passato”. È un tentativo di costruire un moderno modello di relazione tra stati sovrani che mantengono le loro specificità e non si “neutralizzano dentro regole e norme. Non si tratta di una sfida all’Occidente standardizzato ma un modo per non ripeterne gli errori”. È un regionalismo aperto più semplice del modello europeo anche perché non coinvolto in autoritari progetti d’integrazione e di annullamento delle sovranità.
Probabilmente l’Organizzazione di Shangai avrà difficoltà a gestire maggiori complessità ma in questa fase sembra essere un modello più funzionale di quello europeo schiacciato dagli interessi della finanza e dai progetti di dominio di un’élite tecnocratica.

Mentre il mondo è sempre più multipolare e definisce nuove aree d’influenza, l’Europa di Bruxelles si riduce ad essere la marginale provincia di un Occidente in crisi.


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