161122-tulsi-gabbard-cr-0417_78468f377efbdece6456d04aa28bbb9f.nbcnews-ux-2880-1000CHI È TULSI
Si chiama Tulsi Gabbard ed è una “deputata” democratica americana, membro del Camera dei Rappresentanti per lo Stato delle Hawaii.
Eletta per la prima volta nel 2002 (a soli 21 anni) ha lasciato il suo mandato per partire volontaria in Iraq, dove è ritornata per una seconda missione nel 2009: un papà cattolico e conservatore di Fagatogo (Samoa americane) e la mamma indù di origini europee.
La Gabbard è la prima parlamentare “samoana”, la prima di religione induista e la prima donna veterana di guerra nella storia del Congresso.

Da qualche settimana è al centro di violenti attacchi da parte dei grandi media americani; cosa tutto sommato strana, se si considera che la Gabbard appartiene allo stesso partito di Hillary Clinton, che è poi lo stesso partito di Soros, che è poi lo stesso partito a cui l’informazione mainstream Usa si genuflette in maniera sistematica.

tulsi2UN VIAGGIO IN SIRIA
Ma cosa ha combinato la deputata americana per meritarsi tanta ostilità? Semplice: un mese fa è volata in Siria per capire cosa stesse realmente succedendo lì, ed ha incontrato il Presidente Assad, l’uomo che, per il Partito della Guerra di Washington, è il nuovo “Male assoluto”; non contenta ha visitato Aleppo e Damasco, ha parlato con leader religiosi (mussulmani e cristiani), operatori umanitari (quelli veri non gli amici dei jihadisti a cui Hollywood regala premi Oscar), membri dell’opposizione, rappresentanti della società civile.

Poi è tornata e ha raccontato quello che ha visto; e quando Jake Tapper della CNN le ha chiesto (un po’ disgustato) se non avesse “provato imbarazzo a parlare con un dittatore sanguinario” lei ha risposto tranquillamente: “se è un paese è differente da un altro, la prima cosa da fare è parlare con i suoi leader; e qualsiasi giudizio si abbia su Assad, lui è il Presidente della Siria”.
Ha raccontato la sua esperienza tra le vie di Damasco parlando con i siriani “che erano felici di vedere un’americana passeggiare nelle loro strade e che mi hanno chiesto: perché gli Stati Uniti supportano ed armano gruppi terroristici come Al Qaeda e l’Isis che rapiscono, stuprano, torturano e uccidono noi siriani? Perché gli Usa aiutano coloro che hanno compiuto gli attentati dell’11 Settembre? Ed io non sono riuscita a dar loro una risposta”.
E quando il ligio commentatore CNN ha puntualizzato, secondo copione, che il Governo americano aiuta i ribelli moderati anti-Assad e non i terroristi, la Gabbard ha ribattuto: “La realtà, Jake, è che non esistono ribelli moderati (…) i gruppi più forti che agiscono sul terreno sono Al Qaeda e Isis e tutti gli altri gruppi esistenti combattono con loro o sotto di loro”; e poi la chiusura: “Noi dobbiamo fermare gli aiuti a questi gruppi terroristici e lasciare che sia il popolo siriano a determinare il proprio futuro… non gli Stati Uniti”.

Per questo Tulsi Gabbard ha depositato al Congresso una proposta di legge (che è anche una petizione popolare) per vietare che i fondi governativi “siano indirizzati a gruppi di opposizione e individui siriani”; denunciando che la “CIA sta incanalando armi e denaro attraverso l’Arabia Saudita, la Turchia e il Qatar per dare supporto diretto e indiretto a gruppi come ISIS e Al Qaeda”.

Tulsi Gabbard Major3L’ATTACCO MAINSTREAM
Quanto bastava perché la lobby delle bombe umanitarie si scatenasse contro di lei; e da quel momento Tulsi Gabbard è diventata per i media Usa una pericolosissima disfattista, amica di un dittatore che uccide il proprio popolo.

Dal Washington Post è partita l’accusa di essere diventata la “portavoce di Assad a Washington”(con un articolo carico di imprecisioni e errori ammessi nelle correzioni dallo stesso articolista); e poi un susseguirsi di accuse su altri media di come lei sia amica di “fascisti antisemiti” che le avrebbero pagato il viaggio o delle possibili violazioni etiche dei regolamenti del Congresso per il suo incontro con Assad.

Tulsi non ha battuto ciglio e ha continuato la sua battaglia di verità, isolata nel partito.
Sul suo sito e nelle dichiarazioni pubbliche ha spiegato che in Siria l’America sta sbagliando tutto; certo, quello siriano è un regime a tutti gli effetti e Assad “è un dittatore” ma la guerra segreta degli Usa per rovesciarlo sta aiutando l’Isis e Al Qaeda. Ha detto che “l’indebolimento delle forze governative siriane messo in atto dagli Stati Uniti e dai nostri partner, rafforza l’ISIS, al-Qaeda e altre organizzazioni terroristiche che rappresentano una minaccia ancora maggiore per il Medio Oriente e per il mondo”; e ha aggiunto che “ogni soldato siriano che noi e i nostri partner sauditi uccidiamo, è un soldato in meno per la lotta contro l’Isis”.

UN CORAGGIO DI CUI LA POLITICA HA BISOGNO
Tulsi Gabbard non dice nulla di nuovo che non sia già ampiamente saputo da chi prova a guardare la guerra in Siria senza il filtro ideologico e manipolatorio dei media occidentali. Noi stessi, nel nostro piccolo, abbiamo dimostrato come l’amministrazione Obama abbia aiutato e utilizzato l’Isis per i propri fini geopolitici in Medio Oriente, o come la storia dei ribelli moderati sia una finzione concettuale (esattamente come in Libia) per distrarre l’opinione pubblica ed aiutare i gruppi jihadisti.

D’altro canto lei ha già in passato dimostrato una certa propensione per la libertà di pensiero. Come quando criticò la “rivoluzione lessicale” di Obama che aveva deciso di togliere l’aggettivo “islamico” per definire i tagliagole dell’Isis o i terroristi jihadisti: “penso invece sia importante identificare il nemico con il proprio nomespiegò alla CNNper capire l’ideologia che lo sta guidando”; o quando decise di lasciare la sua carica di vicepresidente del DNC (il Comitato Nazionale del Partito Democratico) per appoggiare la candidatura di Bernie Sanders, il rivale della Clinton, finendo nel occhio del mirino dei vendicativi uomini di Hillary (come rivelò Wkileaks).

Insomma Tulsi Gabbard è un pezzo di quell’America (di sinistra o di destra non importa) che difende con i denti la verità di quello che sta realmente accadendo attorno a noi; e combatte con coraggio contro il virus della manipolazione delle coscienze che il sistema dei media e il potere globalista stanno iniettando nella libertà dell’Occidente. Anche l’Europa avrebbe bisogno di qualche Tulsi in più.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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