Russia: prove tecniche di Rivoluzione colorata
LA “BRUTALE REPRESSIONE”
15 giorni di carcere e 300 euro di multa. Questa è la pena che il “brutale e repressivo regime di Putin” ha inflitto al dissidente Alexey Navalny per aver organizzato, qualche giorno fa, una decina di manifestazioni non autorizzate in altrettante città russe. Una pena minore di quanto si sarebbe preso in Italia per lo stesso reato.
Difficilmente però da noi gli avrebbero consentito di attendere in tribunale la lettura della sentenza, facendosi selfie con il telefonino e twittando ad uso e consumo del mainstream occidentale: “Ciao dal tribunale di Tver verrà un giorno in cui saremo noi a giudicare loro (ma lo faremo onestamente)”; tutto sommato sembra trattato meglio che a Guantanamo.
I dati ufficiali parlano di centinaia di arresti che hanno provocato l’indignazione internazionale, la reazione della Casa Bianca e dei governi europei. L’imperturbabile Federica Mogherini, a nome dell’UE, ha chiesto “il rilascio senza indugi dei dimostranti pacifici che sono stati imprigionati”.
Non ricordo richieste simili della Mogherini e dell’Unione Europea quando nell’Aprile del 2016, Obama fece arrestare in una sola mattinata 400 manifestanti pacifisti che protestavano (non autorizzati) davanti a Capitol Hill.
Per capire lo stato di repressione poliziesca in Russia, guardate questa foto: ritrae un gruppo di manifestanti anti-Putin appena arrestati tutti sorridenti e gioiosi della missione compiuta. Da notare i segni delle violenze subite ed il terrore nei loro occhi. Come? Non li notate? Impossibile, allora che regime brutale e poliziesco è?
Ora, se archiviamo per un attimo l’ennesima fake news partorita dai media proviamo a concentrarci su chi è veramente Alexey Navalny, sbandierato in Occidente come l’uomo che può sfidare Putin. Per farlo dobbiamo fare un passo indietro.
SOLDI USA? SI! (DA!)
È il 30 novembre del 2006 quando dall’ambasciata americana di Mosca viene inviato a Washington un documento classificato come “Riservato”.
Il documento è redatto da Colin Cleary, allora Capo dell’Unità politico-militare dell’Ambasciata. Cleary è un diplomatico affidabile e attento studioso delle dinamiche politiche; non a caso si è specializzato al Rockfeller College of Pubblic Affair dell’Università di Albany, centro di formazione e consulenza per i governi federali e stranieri.
Il suo report è un resoconto accurato e analitico dei movimenti politici giovanili attivi in Russia raggruppati per macro categorie: gruppi con base ideologica (nazionalisti, comunisti), gruppi xenofobi (skinheads e organizzazioni estremiste), gruppi sponsorizzati dal Cremlino e gruppi democratici, quelli maggiormente attenzionati dall’ambasciata perché utilizzabili per una “rivoluzione arancione”. Tra questi ultimi una particolare citazione merita il movimento “DA!” (che in russo significa “SI!” ma che è anche l’acronimo inglese di Democratic Alternative) come scrive Cleary, finanziato dal National Endowment for Democracy (NED).
NED è “una Fondazione dedicata alla crescita e al rafforzamento delle istituzioni democratiche in tutto il mondo” e finanziata “in gran parte dal Congresso degli Stati Uniti” come si legge nel suo sito.
L’obiettivo di NED è “promuovere la crescita di istituzioni democratiche all’estero, compresi i partiti (…) per favorire “cambiamenti politici”…cioé “regime change” e/o rivoluzioni colorate.
Quindi, Alternativa Democratica è un’organizzazione politica giovanile russa finanziata direttamente dagli Stati Uniti; e chi ha fondato un anno prima questa organizzazione? Proprio Alexey Navalny.
CHI È MAURICE GREENBERG?
Facciamo un salto di 4 anni e andiamo in America e per la precisione alla Yale University.
Qui nel 2010 Navalny compare come partecipante al Maurice Greenberg World Fellow Program.
E che cos’è? È un corso molto particolare in cui ogni anno, una decina di giovani di tutto il mondo vengono selezionati “con lo scopo di coltivare una rete di leader a livello mondiale impegnati a rendere il mondo un posto migliore”.
Per capire cos’è il Maurice Greenberg Program, bisogna sapere chi è Maurice “Hank” Greenberg, una delle personalità più emblematiche del sistema di potere tecnocratico americano. Per quasi 40 anni è stato Ceo e poi anche Presidente di AIG (American International Group), una delle più importanti società assicurative e finanziarie del mondo, dove era entrato su chiamata diretta del fondatore Cornelius Starr, uomo dell’OOSS.
Nel 2005 ha lasciato il suo ruolo manageriale, travolto da un gravissimo scandalo di frode finanziaria (cosa non bella per chi vuole formare l’élite democratica mondiale).
Per decenni è stato l’uomo di collegamento della Cia sopratutto in Asia dove l’attività di AIG è particolarmente presente: dal Presidente filippino Marcos ai leader cinesi, Greenberg è stato l’uomo che ha aiutato la Cia e il Dipartimento di Stato a sciogliere i nodi delle relazioni internazionali, a costruire le reti di contatto e a definire strategie.
Nel 1983 sul New York Times, l’allora Direttore della Cia William Casey, rivelò che Greenberg era uno dei consiglieri ombra di sua fiducia; cosa che lo mandò su tutte le fuori perché il suo ruolo è sempre stato quello di operare dietro le quinte dove il vero potere agisce. Questo fu il motivo per cui Greenberg rifiutò la Direzione della Cia offertagli da Ronald Reagan.
Greenberg è anche Membro della Commissione Trilateral, frequentatore assiduo del Circolo Bilderberg (qui nell’elenco dell’edizione 1989 e qui nel 1990 insieme a Prodi e a Soros), vice-Presidente onorario del Council on Foreign Relations (uno dei più influenti think tank legati all’apparato Cia-Nato), consigliere della Rockfelller University e detentore di una decina di altre cariche.
Insomma Greenberg è uno dei Maestri d’Ombra dell’élite mondialista, uomo di quel sistema tecnocratico e finanziario che è impegnato a diffondere democrazia e interessi geo-economici.
Ora si capisce meglio la natura del Programma formativo della Yale University da lui voluto e a cui Navalny ha partecipato: creare in laboratorio i leader del domani in tutti i campi possibili (dalla politica, all’economia, alla cultura), costruendo una rete di collegamento globale funzionale agli interessi del sistema tecno-finanziario made in Usa.
RICAPITOLANDO…
Ricapitolando, Alexey Navalny è un dissidente anti-Putin che fonda in Russia movimenti politici finanziati dagli Usa e viene formato nei laboratori universitari americani collegati all’élite mondialista in connessione con la Cia. Insomma un vero oppositore spontaneo di popolo.
Quanto basta per capire la natura delle recenti proteste in Russia: prove tecniche di rivoluzione colorata simile a quelle già ampiamente sperimentate in Ucraina e in altri paesi eurasiatici.
D’altro canto basta fare un giro sul web per scoprire che persino la regia propagandistica è la stessa. Qui una foto storica di Kiev nel 2014 affiancata a quella della protesta di qualche giorno fa a Minsk.
Киев 2014 и Минск 2017. Методички переписать не успели. pic.twitter.com/Gtmv3Kaona
— Голос Мордора (@spacelordrock) March 25, 2017
La stessa foto da un’altra angolazione mostra la costruzione scenografica ad uso e consumo degli obiettivi dei fotografi all’interno di una narrazione che è praticamente la stessa.
Вот это фото вы увидите в западных СМИ. Запомните этот твит. pic.twitter.com/nZrDv92vEu
— Голос Мордора (@spacelordrock) March 25, 2017
Ovviamente di tutto questo sulla libera stampa democratica non troverete traccia.
Però avrete Ezio Mauro che su Repubblica vi racconterà che il povero Navalny vive con la valigia pronta per la fuga. Senza raccontarvi che magari, dentro quella valigia, ci tiene molti dollari e un modulo d’iscrizione già compilato alla Yale University.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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