Giuseppina e la colpa di essere italiani
UN ALBERO NOBILE
Alla fine ce la faranno. Riusciranno a sconfiggere il terribile abusivismo commesso da una vecchietta di 95 anni, terremotata.
Ieri, Giuseppina Fattori era stata costretta a lasciare la sua casa in legno a Fiastra, vicino Macerata; una casa priva dell’autorizzazione paesaggistica e costruita in attesa che qualcuno le restituisse quella che il terremoto le aveva spazzato via un anno fa.
Giuseppina, lasciata la sua “capanna di legno”, si era trasferita a casa di uno dei figli non dopo aver posto una resistenza commovente ed eroica con le uniche armi a disposizione: le sue lacrime.
Oggi, lo sfratto è stato sospeso e Giuseppina, dopo aver recitato il rosario, è tornata nel luogo del reato, in attesa che la crudele burocrazia decida cosa fare: più o meno come un pacco postale, spostata a discrezione dell’ordinanza di turno.
Giuseppina è come un antico albero radicato nel profondo della sua terra
Dopo aver vissuto per mesi in un container senza servizi, quella casa di legno rappresenta un possibile approdo in attesa dell’inverno. Costruita in fretta e furia dai suoi figli per soddisfare il suo desiderio: rimanere nel paese in cui vive da 75 anni e possibilmente morirci.
Come un antico albero radicato nel profondo della sua terra, Giuseppina è il volto di un’Italia nobile nella sua umiltà.
Ma la burocrazia italiana non guarda in faccia nessuno. E così, dietro una denuncia anonima (perché l’Italia della delazione ha sempre un posto d’onore nel cuore della Legge), i difensori del legalismo hanno deciso d’intervenire.
Agata, una delle figlie, è una Preside in pensione: “il Tricolore per noi è stato un simbolo a cui ho cercato di ispirare la mia vita, ma oggi per me muore lo Stato, muore sulla sua legalità”.
Una brutta storia che fa riflettere sull’ingiustizia della Giustizia
Ha ragione. Perché questa è una brutta storia, umiliante, crudele che somma implacabilità della Legge, inefficienza dello Stato e fa riflettere sull’ingiustizia della Giustizia. Sull’immoralità della legalità. E sopratutto sul fatto che in questo Paese, essere italiani inizia ad essere pericoloso; sicuramente poco conveniente.
SE PEPPINA FOSSE ROM
La verità è che se Giuseppina fosse stata una Rom o un’immigrata irregolare, sarebbe stata più tutelata di quanto lo sia stata da anziana italiana.
E allora, invece di gettarmi addosso la solita accusa di populismo nazionalista, di xenofobia cronica, di intolleranza patologica, dimostratemi il contrario: prendete il vostro eroico legalismo, così inflessibile nei confronti di una signora di 95 anni, e trasferitelo seduta stante a Ponte Milvio a sbaraccare le bidonville di immigrati clandestini lungo le rive del Tevere.
O nei campi Rom abusivi per i quali, i vincoli paesaggistici non valgono in nome di un diritto alla diversità che sfida qualsiasi dovere d’integrazione con chi li ospita e paga i loro bisogni (cioè i cittadini romani).
Fate di meglio: difendete il decoro urbano alla Stazione Termini, tra la puzza di piscio e i barboni che defecano in mezzo ai turisti; in quella Suburra indecente che è uno dei biglietti d’ingresso della città eterna.
O spiegatemi se è più abusiva la casetta in legno di Giuseppina o le moschee “abusive” di Roma o Milano attorno alle quali si iniziano a costruire spazi di mondo separato (che odia il nostro) che gli imbecilli chiamano multiculturalismo.
Fateci vedere la lotta all’abusivismo contro la ‘ndrangheta, la camorra e la mafia che hanno devastato alcune delle terre più belle del mondo.
La storia di Giuseppina Fattori è l’emblema di un Paese impietoso verso gli italiani onesti. Tanto indulgente e comprensivo verso immigrati, Rom e centri criminali, quanto implacabile verso i propri cittadini.
In questo Paese essere italiani inizia ad essere pericoloso
COMPASSIONE È MORALITÀ
Quando a Roma, un mese fa, la polizia sgomberò quello spazio di illegalità a Piazza Indipendenza, intellettuali e politici si mobilitarono. Gli scontri creati dagli immigrati che occupavano da anni una proprietà privata e che non volevano trasferirsi nelle nuove residenze periferiche, furono condannati con forza ma per difendere gli immigrati: dalla Caritas, al Vaticano, dalla Boldrini (che definì ” violenza gratuita” quella della polizia), agli intellettuali della sinistra chic.
Oggi nessuno di loro ha preso parola in difesa di un’anziana signora italiana che con dignità e rispetto di sé accetta le decisioni di andarsene dalla Sua terra (non quella che occupa illegalmente). Eppure qui c’è una violenza mille volte superiore a quella dei manganelli della polizia.
La mobilitazione popolare sorta spontaneamente al fianco di Giuseppina, mostra lo scollamento tra il paese civile e l’inciviltà di un modo di applicare la legge che sembra sempre più penalizzante per gli italiani.
Schopenhauer diceva che “la compassione è la base della moralità”. Per Giuseppina, fino ad ora, lo Stato italiano questa compassione non l’ha avuta. Per questo è uno Stato immorale.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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