Albinati e la ferocia dell’élite
MALAVITOSI DELLO SPIRITO
«Ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo».
Questa frase indegna, disumana, feroce, scioccante è stata pronunciata pubblicamente da uno dei più importanti intellettuali italiani: Edoardo Albinati.
Scrittore, saggista, figura di punta di quell’intellighenzia di sinistra e radical-chic che dispensa giudizi storici e morali a tutto spiano e si erge come colonna portante della moralità di questo Paese.
Spargitori di odio e menzogne, livorosi capiclan di cosche mediatiche, accademiche ed editoriali, malavitosi dello spirito abitano l’élite intellettuale del Paese
La frase di Albinati è stata raccolta il 12 Giugno durante un suo intervento alla libreria Red-Feltrinelli di Milano. Il grande intellettuale stava presentando il libro sul Niger scritto insieme alla sua compagna Francesca D’Aloja.
La registrazione è stata pubblicata ieri sul sito di Radio Padania perché tra il pubblico c’era Giulio Cainarca uno dei giornalisti dell’emittente leghista; è lui ad aver registrato l’intervento audio di Albinati ed è lui che, esterrefatto, ha deciso di renderlo pubblico.
Albinati è uno degli esempi tipici di questa indecente élite intellettuale che inquina l’Italia; spargitori di odio e menzogne, livorosi capiclan di cosche accademiche, mediatiche ed editoriali, malavitosi dello spirito, lontani dal paese reale e vicini solo alla falsa ed ipocrita auto-rappresentazione che si danno attraverso il mainstream.
Ci ha spiegato Cainarca che ad ascoltare Albinati non c’erano più di 10 persone; questi guru dell’antropologicamente superiore, questi razzisti travestiti da spiriti umanitari, sono l’espressione di un’élite che non rappresenta il Paese eppure lo domina.
Albinati è stato un vincitore del Premio Strega, ha scritto per il Corriere della Sera, per Repubblica.
Non solo, ma Albinati ha lavorato in Afghanistan e in Ciad con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati; il libro che presentava è un diario di viaggio compiuto proprio sotto il patrocinio delle Nazionni Unite, per testimoniare le sofferenze dei migranti.
Come possa un uomo che ha raccontato direttamente il dramma dei migranti desiderare la morte di uno di loro (addirittura di un bambino) per poter attaccare un avversario politico, è cosa che sfugge a noi comuni mortali che non apparteniamo alla “razza eletta” dell’intellighenzia radical-chic.
COME BRUSCA
La frase di Albinati mostra il livello più infimo a cui può arrivare l’odio politico, la ferocia ideologica, l’ipocrisia di un’élite arrogante e impunita.
Ora ci aspettiamo che Albinati spieghi che lui non intendeva dire quello che ha detto; che si è espresso male (o che abbiamo capito male noi); ma le parole tradiscono un inconscio mai corrotto nel raccontare ciò che si ha dentro il proprio cuore. E dentro il cuore di Albinati c’è qualcosa che lo accomuna ai peggiori orrori criminali.
Forse Albinati non se ne rende conto ma il suo “desiderio” di veder morire un bambino per punire Salvini, lo rende simile a Salvatore Brusca che ammazzò un bambino per punire il padre pentito.
Dentro quella frase c’è la stessa diabolica natura in questo caso alimentata da odio politico, allucinazione ideologica e spietatezza di un’élite arrogante che si pensa impunita tanto da poter dire tutto ciò che vuole senza pagarne mai il conto.
Ad ascoltare la voce di Albinati ci si spaventa per la calma luciferina con cui lui ha pronunciato il suo pensiero: quel “ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aqaurius”, non è il frutto di un’alterazione emotiva, non nasce da un battibecco, da una perdita di controllo ma da un lucidità disumana disgustosa, da un distacco olimpico con cui l’intellettuale svela il suo desiderio morboso e folle.
DISPENSATORI DI ODIO
Da mesi l’élite sta riversando un odio implacabile nel nostro Paese, specialmente indirizzato contro Matteo Salvini (come ieri lo riversava contro Berlusconi). Basta andare sui social per vedere gli attacchi al leader leghista (oggi Ministro degli Interni) ma anche ad altri esponenti della politica non di sinistra (ad esempio Giorgia Meloni, recentemente minacciata di morte).
Ciò che spaventa è la calma luciferina, la lucidità disumana e il distacco olimpico con cui l’intellettuale svela il suo desiderio di veder morire
Capofila di questo odio è Roberto Saviano che dal suo attico di New York dispensa bugie e infamia a tutto spiano; raccontando menzogne sull’immigrazione, manipolando dati e numeri, istigando rivolte contro il governo, apostrofando come banditi chi la pensa diversamente da lui.
Saviano è il capo-bastone di quella “canaglia schiavista” che al soldo dell’élite globalista, alimenta la tratta di esseri umani in atto travestendola da umanitarismo (lo schema dell’immigrazione indotta lo abbiamo spiegato qui).
Eppure questa feccia intellettuale appare sempre più staccata non solo dalla realtà ma persino da quegli stessi italiani di sinistra a cui loro pensano di parlare e che credono di rappresentare.
Ieri l’Espresso, il giornale dove Saviano scrive, ha pubblicato un sondaggio tra i suoi lettori per capire cosa pensassero della decisione del Governo italiano “di impedire l’approdo della nave Aquarius”: il 69% ha risposto che la decisione era giusta “perché non possiamo accogliere tutti”.
Il risultato è indicativo: o la stragrande maggioranza dei lettori di Saviano è composta da banditi e razzisti, oppure la gente ha capito l’imbroglio che rappresentano personaggi come lui.
IL RUOLO DEGLI INTELLETTUALI
Desiderare la morte altrui (addirittura di un bambino) per soddisfare il proprio narcisismo intellettuale, per poter dire “avevo ragione io”, è quanto di più vergognoso si possa immaginare. E io mi auguro che Edoardo Albinati trovi il tempo tra un libro, un’intervista e un premio letterario, di capire che esempio di diseducazione e immoralità ha rappresentato con le sue parole.
Gli intellettuali devono essere sentinelle di identità e inventori di immaginario; non élite autoreferenziale e corrotta nello spirito
Gli intellettuali sono parte importante della crescita di una società; sono le sentinelle di un’identità, i portatori di visioni critiche e costruttive, gli inventori di immaginari e i custodi di memoria. L’Italia ha bisogno di intellettuali e non di una casta chiusa, di un’élite radical-chic intollerante e corrotta nello spirito che oggi è una delle cause principali del disastro della nazione.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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