Pare che la Russia di Putin, non ci pensi proprio a finire in default. Nonostante gli uccelli del malaugurio che da oltre un anno annunciano l’imminente crollo dell’economia russa, gli ultimi dati sembrano smentire  queste previsioni.
Certo la Russia è in profonda recessione come buona parte delle economie europee, ma nulla che faccia presagire il tanto annunciato (e da molti auspicato) “rischio default”.

ALCUNI DATI MACROECONOMICI

  • DEFICIT/PIL: il rapporto deficit/Pil russo è al 3,6%. Nel periodo di maggiore crisi recessiva, tra il 2010 e il 2012, gli Stati Uniti avevano un rapporto deficit/Pil del 10% e l’Eurozona del 6%; lo stesso che ha oggi la Gran Bretagna.
    In pratica la Russia, in piena recessione, ha un deficit migliore di quello delle economie occidentali.
  • DEBITO/PIL: le finanze pubbliche russe sono tra le più virtuose del mondo tanto che il rapporto debito/Pil (al 14% nel 2014), non dovrebbe superare il 18% nel 2015; tanto per capirci la media dell’Eurozona è del 92% e in Italia oltre il 130%.
  • DISOCCUPAZIONE: la disoccupazione è al 5,8%, un dato che in Europa sarebbe considerato tra i più virtuosi.
  • PIL E INFLAZIONE: lo scorso anno gli esperti internazionali prevedevano un crollo del Pil russo di oltre il 4% ed un’inflazione a doppia cifra; al contrario, nel primo trimestre 2015 si registra una contrazione del Pil del 2,2% e l’inflazione, impennatasi al 17% nel mese di marzo con il drastico deprezzamento del rublo, scende in maniera costante, tanto che la Banca Centrale Russa la prevede nel 2015 al 12%, e per il 2016 all’8%.E la scelta di tenere alti i tassi d’interesse per limitare la spinta inflazionistica è risultata giusta con costi, in termini sociali, tutto sommato limitati.

Le sanzioni occidentali hanno avuto sicuramente un impatto pesante per il sistema bancario che ha scontato il divieto di acquisto dei propri titoli nel mercato estero riducendo di molto l’accesso al credito e mettendo in crisi piccole e medie imprese.
D’altro canto il crollo del prezzo del petrolio contestuale al deprezzamento del rublo ha aiutato la Russia, consentendo di contenere l’aumento del deficit anche grazie alla saggia scelta di lasciare fluttuare liberamente la moneta.

Rispetto alla crisi del 1998 (che portò al vero default), la Russia di Putin può contare su grandi riserve di valuta estera e sopratutto di oro di cui Mosca ha fatto incetta negli ultimi anni (la ragione l’abbiamo spiegata qui). Inoltre, i 75 miliardi di dollari del Fondo di Riserva del Governo a cui accedere nelle fasi di crisi, consentono di affrontare le emergenze a breve.

Insomma, la Russia è in piena recessione ma non a rischio default.

“RISCHIO DEFAULT”: VI RICORDA QUALCOSA?
“Rischio default” è in genere la formula magica che serve a colpire gli avversari politici generando sfiducia sui mercati e nei governi in carica; è più un’arma di propaganda politica.
Ne abbiamo avuto una prova in Italia nel 2011 quando  illustri economisti, grandi giornali del potere finanziario e influenti esponenti dell’élite economica iniziarono a diffondere la famosa balla del “rischio default”, suffragati dalle centrali della disinformazione occidentale e dai tecnocrati di Bruxelles e Francoforte; fu il diffondersi del timore di “rischio default” che generò il famoso “imbroglio dello spread”.
A distanza di 4 anni, sotto tre governi non eletti da nessuno, tutti i fondamentali dell’economia italiana sono peggiorati: Pil, debito pubblico, disoccupazione, produzione industriale. In compenso l’Italia non è più a rischio default. Perché? Se lo eravamo allora perché non lo siamo più oggi che la nostra economia naviga in acque ben peggiori? Semplice, perché non lo eravamo neppure allora.
Lo spauracchio del “rischio default” serviva semplicemente a creare il clima di terrore necessario ad imporre la resa al governo Berlusconi per sostituirlo con uno imposto da Bruxelles liquidando da quel momento la nostra democrazia.

IL “ME NE FREGO” DI PUTIN
Al recente Forum Internazionale di Economia di S. Pietroburgo, il presidente russo Putin ha annunciato una strategia economica non di contenimento ma di espansione proprio per uscire dalla recessione:

  1. liberalizzazioni per gli investimenti
  2. esenzioni fiscali e assistenza normativa ed economica per piccole e medie imprese che vorranno espandersi sui mercati esteri contando sulla debolezza del rublo
  3. nessun aumento fiscale sulle imprese per i prossimi 4 anni per garantire la programmazione strategica
  4. sviluppo del Fondo d’Investimento per attrarre ulteriori capitali stranieri (soprattutto cinesi e arabi a causa delle sanzioni che tengono fuori le imprese europee).
  5. creazione di un’Agenzia di Iniziative Strategiche che metta insieme Stato e imprese allo scopo di studiare le migliori semplificazioni legislative per liberare l’economia e formare una classe di amminstratori pubblici orientati al business
  6. annuncio del vertice dei paesi Brics a Mosca per aumentare la cooperazione economica e commerciale.

Insomma Putin del “rischio default” se ne frega. Gli europei che hanno confermato le sanzioni alla Russia su ordine di Washington (e di George Soros) sono avvertiti: a lungo andare potremmo essere noi a pagare il prezzo più alto.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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