A Roma la Meloni si gioca tutto
Deve averci pensato seriamente e più d’una volta Giorgia Meloni, ben consapevole che il passo indietro di Guido Bertolaso ha reso ancor più impervia la strada che porta al Campidoglio. Alla fine, però, l’ipotesi di un ritiro in corsa sembra essere finita nel cassetto e la leader di Fratelli d’Italia si giocherà la partita fino in fondo. Una scelta per certi versi coraggiosa, per altri forse un po’ azzardata. Basta una veloce occhiata ai tanti sondaggi che girano in questi giorni, infatti, per avere subito chiaro che la sfida di Roma è ancora apertissima. Forse persino troppo. A parte la candidata grillina Virginia Raggi che stacca gli inseguitori di 4-6 punti, il gruppo di mischia per conquistare il secondo posto – e dunque il ballottaggio – è tutto nello spazio di pochi percentuali: Roberto Giachetti, Alfio Marchini e, appunto, la Meloni sono a un’incollatura l’uno dall’altro. Il che significa che l’ex ministra potrebbe sì forse riuscire a spuntare il secondo piazzamento ma allo stesso tempo rischia di finire addirittura quarta. Dalle stelle alle stalle, insomma. Con la concreta possibilità di mettere a repentaglio il suo futuro in politica. Finire quarta nella “sua” Roma – dopo aver per giunta rifiutato di candidarsi quando, tra settembre e dicembre scorso, erano stati in molti a chiederglielo e di certo lo avrebbe fatto come candidato unitario del centrodestra – sarebbe una sconfitta senza precedenti, così rumorosa da comprometterla in maniera seria. Un tonfo quasi paragonabile a quello del suo ex mentore Gianfranco Fini, quando alle politiche del 2013 il suo Fli si fermò allo 0,47% lasciandolo fuori dal Parlamento.
Questo è il vero rischio che corre la Meloni. I sondaggisti, infatti, sono concordi nel dire che la leader di Fratelli d’Italia è quella che in prospettiva ha il minor margine di crescita, soprattutto se la Raggi – candidata che pesca molto nel bacino elettorale del centro-destra – continuerà ad avere il vento in poppa. Spazi di manovra, invece, ne ha Giachetti. Al netto del reintegro da parte del Consiglio di Stato della lista di Sinistra Italiana guidata da Stefano Fassina, va detto che – come ripete spesso il commissario romano e presidente nazionale del Pd Matteo Orfini – al di là dei sondaggi di questi giorni al momento del voto “il peso della coalizione farà la sua parte”. Ragionamento simile vale per Marchini, anche perché l’imprenditore romano ha iniziato da giorni a guardare con una certa attenzione all’elettorato di destra, quello che a Roma dovrebbe votare per la Meloni. Così, dopo che Silvio Berlusconi ha mollato Bertolaso per convergere sull’ex palazzinaro rosso, non è un caso che a guidare la lista di Forza Italia per il Campidoglio ci sia l’eurodeputata Alessandra Mussolini. Come mirata è stata l’uscita sul Ventennio davanti a Francesco Storace e ai candidati de La Destra, anch’essi schierati con Marchini. “Era il 1968 e mio nonno venne invitato a parlare alla facoltà di Architettura a Valle Giulia. A fine lezione – racconta l’imprenditore – gli hanno chiesto chi fosse il più grande urbanista in questa città e lui ha risposto Benito Mussolini“.
Per la leader di Fratelli d’Italia, insomma, non sarà facile. Soprattutto se sono fondati i rumors secondo i quali Berlusconi avrebbe deciso di convergere su Marchini proprio per dare una lezione al fronte lepenista, non solo la Meloni ma pure Matteo Salvini. Così fosse, significherebbe che l’ex premier è pronto a mobilitarsi a sostegno di Marchini, proprio con l’obiettivo di portare a casa almeno il terzo posto. Il che significherebbe un gigantesco ridimensionamento delle aspirazioni future della Meloni. Ecco perché l’ex vicepresidente della Camera un pensiero sul ritiro pare l’abbia fatto. Alla fine, però, hanno prevalso i consigli del fidatissimo Fabio Rampelli e di Ignazio La Russa. Anche se pure nel suo cerchio ristretto c’era chi auspicava un passo indietro. “Sarebbe stata una scelta difficile – è il senso del ragionamento – ma anche coraggiosa. E dopo qualche giorno la polemica si sarebbe sopita. Così, invece, il flop è dietro l’angolo. Perché se il quarto posto sarebbe una debacle, anche piazzarsi terzi e restare fuori dal ballottaggio finirebbe comunque per essere vista come una sconfitta”. Un’ipotesi concreta se pure Salvini sembra giocare a sfilarsi. Non si spiega altrimenti l’uscita del segretario della Lega che in caso di ballottaggio tra Raggi e Giachetti ha detto di essere pronto a votare per l’esponente grillina. Essendo il leader del Carroccio uno che con la comunicazione ci sa fare parecchio, in molti hanno visto il suo endorsement per i Cinque stelle – il cui elettorato è in parte contiguo a quello di FdI – come una prima, morbida presa di distanza dalla sua “alleata”.
Tutt’altra storia, invece, se davvero la Meloni riuscisse ad arrivare al ballottaggio. A quel punto, comunque dovesse andare a finire la corsa per il Campidoglio, l’ex vicepresidente della Camera avrebbe tutte le carte in regola per ambire ad un ruolo di leadership nel centrodestra. Anche più dello stesso Salvini che, pur senza fare troppo rumore, la partita elettorale a Milano ha comunque preferito non giocarla in prima persona, lasciano campo libero a un moderato di centro come Stefano Parisi.