imageLa targa è quella sulla porta della stanza del Senatùr in via Bellerio: “Ufficio del Presidente Federale On. Umberto Bossi“. E sotto è attaccato un foglio A4 con su scritto “La riconoscenza è la virtù del giorno prima! U.B.”. Il tutto immortalato in una foto che risale al 2013, quando quasi tutto il Carroccio – compresi gli amici di un tempo Roberto Maroni e Roberto Calderoli, ma pure il futuro segretario Matteo Salvini – avrebbe voluto che il padre fondatore della Lega si ritirasse a vita privata. Qualcuno dei big arrivò persino ad ipotizzarne l’espulsione e lui, durante una festa del movimento a Vigarano Mainarda, nel Ferrarese, prima picchiò duro contro l’ex sodale Maroni e poi la buttò lì: “La riconoscenza ė la virtù del giorno prima”.

Passati tre anni, quella foto scattata nel 2013 è ricominciata a girare vorticosamente sui social network, Facebook in particolare. Postata e ripostata dai tanti militanti della prima ora – restati bossiani senza se e senza ma – che non hanno affatto gradito il silenzio con cui la Lega ha assistito all’udienza del processo per appropriazione indebita dei fondi del partito che si è tenuto lunedì scorso. Bossi si è presentato in udienza per dire che dei soldi non si è mai occupato e che ha sempre fatto politica, ma quel che davvero ha colpito è quanto il nuovo corso del Carroccio abbia deciso di lasciarlo da solo. Il Senatùr continua ad essere oltre che il fondatore della Lega anche il presidente federale del movimento, eppure non una sola voce di solidarietà si ė levata da partito. Zero. E chi ha avuto occasione di parlare con Bossi nelle ultime ore assicura che dalla dirigenza del Carroccio non è arrivata neanche una telefonata.

La cosa non è passata inosservata. Anzi, su Facebook la base è scatenata contro i vertici del partito che vengono accusati apertamente di averlo “pugnalato alla schiena” (così il post dell’ex deputata Paola Goisis).  D’altra parte, non è una novità l’intenzione di Salvini di archiviare l’era Bossi e tutta la cosmogonia bossiana: da Pontida al dio Po, tanto che il ventennale della “nascita” della Padania (tenuta a battesimo nel 1996 a Venezia) che cadrà il prossimo 15 settembre sarà – bene che va – ricordato con la sordina invece che celebrato in pompa magna come avrebbe voluto la militanza storica.

La Lega, insomma, vorrebbe ricominciare dimenticando Bossi. Al punto che in occasione del suo compleanno – lo scorso 19 settembre – da via Bellerio deputati e senatori furono espressamente invitati a non fargli gli auguri pubblicamente, in primis sui social network. Obiettivo, dunque, la damnatio memoriae. Per fortuna qualche parlamentare non gradì e, quando la vicenda stava ormai per diventare di dominio pubblico, a metà giornata fu Salvini a rompere gli indugi con un tweet di auguri. Ma questo è. L’incredibile storia di un partito che si illude di potersi rilanciare ammazzando il padre.

 

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