Quando i sindacati non sanno più come reagire agli attacchi di Renzi, lo accusano di essere la “nuova Thatcher”, il primo ministro inglese che dopo un memorabile scontro con i minatori durato 14 mesi ridimensionò per sempre il potere delle Trade Unions. Non solo la signora di ferro arrivò a chiudere le miniere di  carbone che non erano più redditizie, ma introducendo la regola che nessuno sciopero poteva essere proclamato senza il consenso degli iscritti – espresso con voto segreto – ridusse drasticamente il numero delle astensioni dal lavoro. La burocrazia sindacale, fino a quel momento onnipotente, fu praticamengte esautorata. Nello stesso tempo, liberalizzò il mercato del lavoro, con il risultato che oggi la disoccupazione in Gran Bretagna è poco più della metà di quella italiana e una delle più bvasse in Europa. Le sue riforme, che segnarono la vittoria  dell’individualismo sul pansindacalismo, risultarono talmente efficaci che furono mantenute anche dai successivi governi laburisti di Tony Blair e Gordon Brown.

Magari, quindi, se Renzi seguisse davvero le orme della signora di ferro. In una intervista che mi diede una quindicina di anni fa, l’acvvocato Agnelli, alla domanda su che cosa fosse mancato all’Italia per essere un Paese moderno ed effciente, rispose testualmente: “Dieci anni di governo Thatcher”. Durante le tre legislature in cui governò la Gran Bretagna (1979-1990), “Maggie” non piegò soltanto i sindacati, che fino allora facevano il bello e il brutto tempo e imponevano la loro linea anche al partito laburista, ma conseguì altri tre risultati che sarebbero fondamentali anche per l’Italia. 1) grazie a una campagna di privatizzazioni di grande efficacia, rese non solo più efficienti grandi aziende con  British Airways e British Telecom, ma ridusse sensibilmente il debito pubblico; 2) con la vendita, a condizioni molto favorevoli. di buona parte delle case comunali, creò una classe di piccoli proprietari  interessati alla buona manutenzione dei rispettivi quartieri; 3) grazie a una forte riduzione della tasse, risvegliò lo spirito imprenditoriale dei suoi concittadini, favorendo la creazione di una società postindustriale che ancora oggi è all’avanguardia nella UE.

Certo, la politica ultraliberale della signora di ferro comportò anche molti sacrifici, mettendo fine alle stravaganze di uno Stato assistenziale i cui costi non erano più sostenibili. Ma il Paese, che allora aveva la fama di “grande malato d’Europa”, rinacque a nuova vita. Sotto molti rispetti, i malanni della Gran Bretagna di allora somigliano ai nostri di oggi. Renzi, credo, lo sa, e cerca di comportarsi di conseguenza, anche se non so se abbia l’energia e la volontà di acciaio di Margarte Thatcher. Perciò, quando la Camusso lo accusa di imitare le sue riforme, non lo insulta, ma gli fa un complimento; e noi liberali, paradossalmente, possiamo solo sperare che abbia ragione.

 

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