Italia, verso una “Grande coalizione
Tenete a mente questa sigla: Pdn, partito del Nazareno, copyright Antonio Polito. A mio avviso, entro un anno sostituirà – se non letteralmente, almeno virtualmente – molte di quelle che attualmente animano la scena politica. La mia previsione è, infatti, che stiamo andando anche in Italia verso una Grosse Koalition, cioè un governo di coalizione di modello tedesco formato da quanto, alla fine del 2015 o prima, resterà del Partito democratico di Renzi e di Forza Italia di Berlusconi. Baso questa convinzione (attenzione, ho scritto convinzione, non certezza) sulla costatazione che i rapporti interni dei due maggiori partiti sono in continuo peggioramento, che una scissione di entrambi sembra inevitabile e – soprattutto – che nonostante le inevitabili schermaglie tra quelli che sono tuttora governo e opposizione, le aree di collaborazione si ampliano di giorno in giorno e potrebbero, salvo imprevisti, consolidarsi proprio in occasione della prossima elezione del presidente della Repubblica. Inoltre, più passa il tempo, più vaste sono le sovrapposizioni tra i programmi dei due schieramenti, anche se esistono differenze di fondo soprattutto in materia fiscale che non saranno facili da colmare. Tuttavia, stante la situazione generale, e la necessità di accelerare le riforme anche di fronte a un’Europa che ci ha concesso una fase di respiro, ma che continua a vigilare attentamente i nostri conti, non vedo né come Renzi possa portare avanti il suo programma con una opposizione interna che lo addenta ogni giorno ai polpacci né come Berlusconi possa rientrare pienamente in gioco e tornare davvero a pesare senza rientrare nell’area governativa nonostante le obiezioni dell’ala dura di FI. Molti piangerebbero la fine del bipartitismo, che pure sembra il traguardo cui tende l’Italicum, e la rinascita di una specie di Democrazia cristiana, o meglio di pentapartito dell’ultima fase della Prima repubblica prima di Tangentopoli, ma per il resto di questa legislatura uno sviluppo del genere dovrebbe essere positivo per il Paese.
Perché ritengo una coalizione alla tedesca così probabile? Perché, incoraggiati anche dal successo in Grecia del partito Syriza, che è più meno sulle posizioni di SEL, i dissidenti del PD non resisteranno a lungo alla tentazione di uscire dal partito e fondarne uno nuovo, schierato nettamente alla sinistra di Renzi, che alle prossime elezioni potrebbe raccogliere, anche “cannibalizzando” un Movimento 5stelle in declino, coloro che hanno pagato più caro l’impoverimento del Paese nell’ultimo quinquennio e gli ancora molti nostalgici di un comunismo alla Berlinguer. Quanti voti possa raccogliere un partito del genere, e che impatto avrebbe se si votasse con l’Italicum, è tutto da vedere, ma il divario ideologico tra il premier e personaggi come Fassina, Civati, D’Alema e molti altri si è fatto troppo profondo per una convivenza duratura. Intanto, sull’altro fronte, si fa sempre più dura l’opposizione di Fitto e dei suoi uomini al Cavaliere: anche in FI c’è un nocciolo duro per cui il patto del Nazareno, e soprattutto quello che ne potrebbe seguire, rimangono anatema.
Nel caso in cui uno scenario simile si avverasse, bisognerebbe naturalmente vedere su quali forze l’ipotetico PdN potrebbe contare in Parlamento, e quale sarebbe l’atteggiamento delle restanti forze politiche, Lega in testa. Con ogni probabilità, farebbero una opposizione feroce, ma resterebbero divise tra destra e sinistra e, anche se Salvini una volta ha detto di sentirsi, sotto certi aspetti, comunista, difficilmente riuscirebbero a coordinarsi. Tutto sommato, invece – anche dimenticando i continui e un po’ misteriosi contatti tra Verdini da una parte e il sottosegretario Lotti dall’altra – le differenze tra i renziani doc e una Forza Italia sempre più pragmatica non appaiono così difficili da colmare. Del resto, lo stesso Berlusconi avrebbe detto una volta che Renzi avrebbe potuto militare benissimo nel suo partito.
Fantapolitica? Può darsi. Ma siccome l’unica strada dell’Italia per uscire dal tunnel è accelerare sulle riforme (e ridurre, invece di inasprire, la pressione fiscale), dovrà cercare la strada più facile per farlo; e, come dimostra anche il caso della Germania, dove da sei anni i due maggiori partiti governano insieme al centro, pur mantenendo alleanze diverse nei Laender, è quello di una alleanza tra i più forti e i meno estremisti.