Sette ragioni per votare Parisi a Milano
Visto che il mio ultimo post era una intervista con Stefano Parisi, il candidato del centro-destra a Palazzo Marino, qualcuno penserà che sto diventando un po’ monotono. Ma la elezione per il nuovo sindaco di Milno è talmente importante, le mie idee talmente radicate, e il quesito “Che differenza c’è tra Parisi e Sala?” talmente frequente (anche da parte dei lettori del precedente blog), che ho deciso di tornare sull’argomento, spiegando in sette punti le ragioni per preferire il primo. Naturalmente sono pronto a rispondere a eventuali obiezioni dei lettori che, sono certo, non mancheranno.
1) Sala è sicuramente un manager capace, ma ha un po’ troppi scheletri nell’armadio: i conti non tutti chiari dell’Expo, la “dimenticanza di un appartamento in Engadina e di un affare in Romania in una dichiarazione giurata, adesso la vicenda (sollevata, si badi, non da Parisi ma dai radicali e dai grillini) di un presunto ritardo nelle dimissioni che lo renderebbe addirittura ineleggibile. Se, come diceva Agatha Christie, tre indizi fanno una prova….. Parisi ha, a sua volta, avuto qualche rapporto con la giustizia, ma è uscito dalla vicenda “perché il fatto non sussiste (cioè a titolo pieno) e quando ha pubblicato la sua dichiarazione dei redditi, si è anche premurato di illustrarla con una nota ad laterem per renderla più chiara agli elettori.
2)Sarebbe esagerato definire Sala un voltagabbana, ma qualcosa di anomalo nel suo curriculum c’è: ha lavorato come city manager per la Moratti, sindaco di centro-destra, è diventato Mr.Expo per volontà della sinistra e perché gli elettori della sinistra-sinistra che non lo amano molto non dubitassero delle sue nuove credenziali, si è fatto perfino fotografare con una maglietta di Che Guevara. Parisi è invece stato sempre coerente e lineare. Dopo una gioventù da socialista (“Chi non è di sinistra a vent’anni è un egoista, chi non diventa liberale a quaranta è un c…” diceva Clemenceau) ha lavorato prima, da grand commis, a Palazzo Chigi, è stato poi city manager di Albertini, direttore generale di Confindustria, amministratore delegato di quella Fastweb che ha contribuito in maniera decisiva al cablaggio di Milano e infine ha avviato una sua azienda privata, la Chili, cui ha rinunciato per mettersi al servizio della città.
3) Sala ha vinto le primarie del PD che hanno determinato la sua investitura con un margine abbastanza ristretto, e anche con l’aiuto “clandestino” di numerosissimi cittadini di centro-destra (io da solo ne conosco quattro) che sono andati a votare per lui senza ancora conoscere chi sarebbe stato il loro candidato non per fiducia in lui, ma al solo scopo di evitare un sindaco Balzani. Questo significa che dipende molto non solo dalla sinistra del partito, ma anche (al ballottaggio) dagli ultra, che saranno perciò in condizione di imporgli assessori, programmi, eccetera. Parisi, al contrario, ha compiuto il miracolo di mettere d’accordo sul suo nome non solo il centro-destra tradizionale, ma perfino un partito, guidato a Milano dall’ex assessore di Albertini Maurizio Lupi, che a Roma sta con Renzi.
4) Molti, troppi, milanesi con cui ho parlato mi hanno detto che non se la sentono di votare per Parisi, perché ha come alleato Salvini. Rispondo in quattro punti: a) con la legge elettorale che abbiamo, è inevitabile che la città – almeno al ballottaggio, si divida in due, e che ogni candidato raccolga tutti i voti possibili del suo schieramento. Ora, io ritengo che sia meglio avere quelli della Lega che quelli dei centri sociali; b) Nel presentare una propria lista, composta in maggioranza di indipendenti e membri della società civile, Parisi si è assicurato una notevole indipendenza dai partiti che lo sostengono, Lega compresa. Più suffragi raccoglierà questa sua lista, maggiore sarà la sua indipendenza: a mio avviso, essa deve proprio servire da collettore per i voti di quei tantissimi elettori moderati che, essendosi disamorati dei vecchi partiti di riferimento, sono tentati di restarsene a casa; c) non bisogna prendere alla lettera tutto quello che Salvini, da bravo demagogo quale è, dice in TV. In ogni caso, molte delle sue tesi non hanno nulla a vedere con l’amministrazione di Milano, perché non è a Palazzo Marino che si decide se uscire dall’Euro o abrogare la legge Fornero. d) la Lega a Milano non è certo forte come in altre parti del Nord, e se proprio le andrà bene prenderà sei o sette consiglieri su 48: troppo pochi per avere un peso preponderante e condizionare un sindaco che di farsi condizionare non ha nessuna voglia. Il fattore Salvini va perciò nettamente ridimensionato.
5) Sui programmi elettorali bisogna sempre fare la tara, ma se confrontiamo quelli dei due schieramenti non c’è confronto. Sala propone sostanzialmente una continuazione della linea di Pisapia, che non ci ha certo entusiasmati, Parisi porta avanti una linea innovativa molto più vicina ai bisogni e alle legittime richieste dei cittadini di (quasi) tutte le categorie. Inoltre, ci promette di cancellare alcune delle follie della precedente giunta, come la pedonalizzazione di piazza Castello o la istituzione di cervellotici sensi unici. E’ un manager non solo pubblico, ma anche privato, e quindi più sensibile alle esigenze della cittadinanza.
6) Parisi è un grande esperto di informatica e l’uomo che, come dicevo prima, con Fastweb ha contribuito in maniera decisiva a cablare la città. Ora si è impegnato a mettere queste sue capacità al servizio di Milano, mettendo in rete non solo i vari servizi, ma anche tutte le telecamere di sorveglianza. Il risultato sarà, da una parte, un rapporto molto più facile e veloce con la macchina burocratica, dall’altro un gigantesco passo avanti verso quella sicurezza che oggi è una delle principali preoccupazioni dei milanesi. Per i particolari di questo piano, rimando alla intervista che gli ho fatto un mese fa su questo stesso blog.
7) Last but not least, ultima cosa ma non meno importante, una vittoria del blocco che Parisi è riuscito a costituire e a mantenere unito avrebbe importanti ripercussioni anche a livello nazionale, incoraggiando le varie componenti del centro destra ad accantonare le loro divergenze e rimettersi d’accordo. La cosa sarebbe di giovamento non solo per i moderati, ma per tutti gli italiani, perché una democrazia, per funzionare, ha bisogno di una opposizione efficiente e in grado, in qualsiasi momento, di governare.
Mi sembra doveroso concludere che non ho alcun interesse personale nel promuovere la candidatura di Parisi: non sono né un candidato, né un aspirante consulente o assessore, al massimo un suo amico, che lo conosce a fondo dopo anni di frequentazione anche professionale.Sono semplicemente un cittadino che, conoscendo i problemi della città, è convinto che egli sia l’uomo più adatti a guidare Milano dal 2016 al 2021.