Elettra Marconi: quando papà Guglielmo estrasse l’oro dal mare
ROMA- Suo padre era lo scienziato Guglielmo Marconi, il genio che rivoluzionò il mondo delle telecomunicazioni e non solo. Abbiamo incontrato la figlia del premio Nobel per la fisica, la principessa Elettra Marconi, che compirà 91 anni a luglio. Parla del difficile periodo che stiamo attraversando, del vaccino contro il Covid, del suo ottimismo per il futuro e dei ricordi legati al padre. Gli esperimenti con il radar a bordo della nave Elettra, la triste storia di questo battello e racconta anche di quello che resta tutt’oggi un mistero: Guglielmo Marconi era infatti riuscito a trovare il modo di estrarre l’oro dal mare…
Principessa, come ha passato queste strane e un po’ tristi feste natalizie?
L’ho passato molto bene assieme a mio figlio Guglielmo e a mia nuora facendoci coraggio e cercando di festeggiare il Natale in modo allegro, nonostante il momento difficile per tutti. Abbiamo rispettato diligentemente tutte le restrizioni del governo. Fortunato è chi ha il giardino, io ogni tanto vado sul terrazzo di casa a respirare un po’ d’aria che fa molto bene alla salute.
Cosa ne pensa del vaccino? Lei lo farà?
Il vaccino va fatto, secondo me. Per quanto mi riguarda farò un check-up completo prima di farlo: ritengo che il medico di base debba dire se sono idonea e che non vi siano poi effetti collaterali.
Qual è il ricordo più nitido che lei conserva, nella mente e nel suo cuore, di suo padre?
Mia madre, Maria Cristina Marconi, ed io, eravamo sempre a bordo dello yacht “Elettra”, vicino a mio padre. Lui era molto affettuoso con me, era molto felice quando eravamo tutti a bordo di questo yacht, che era la nostra casa. Durante la navigazione lui faceva queste trasmissioni radio e ci chiamava : “Elettra, Cristina, venite!”. Voleva che andassimo nella stazione radio a sentire le voci da Paesi lontani : dall’Australia, dalla Cina, dall’India…Poi mi ricordo il sorriso, la tranquillità e la serenità di mio padre quando stava con noi due. Mi spiegava le cose e rispondeva sempre alle mie domande. Eravamo molto legati: era allegro, aveva spirito, mi faceva giocare, mi conosceva e sapeva bene quello che mi faceva divertire. Era un padre fantastico.
Si ricorda un aneddoto in particolare?
Certo, mi ricordo la “navigazione cieca”, il radar. Mio padre metteva due boe nel mare, come se fossero due scogli, e ordinava a me e mia madre di stendere in verticale delle lenzuola, come se fosse nebbia, che coprivano completamente la visuale per la navigazione. Mio padre, quindi, con queste lenzuola davanti agli occhi, conduceva la nave “alla cieca” e si infilava in mezzo a queste due boe evitando gli ostacoli grazie ai suoi strumenti: il radar.
E’ vero che suo padre trovava l’oro in mare?
E’ verissimo: è stata la sua ultima invenzione. Mi ricordo che chiamava me e mia madre, Maria Cristina, e dalla sua cabina segreta, estraeva dal mare, con i suoi strumenti elettrici, questi fili d’oro che io riponevo personalmente in recipienti di vetro. Per me era pura magia vedere estrarre questi fili di oro giallo, rosso e verde. Poi purtroppo ha voluto distruggere questi strumenti perché arrivava l’inverno e noi dovevamo lasciare lo yacht Elettra. Mio padre avrebbe voluto mettere ulteriormente a punto questa scoperta, ma poi morì improvvisamente di cuore. I fisici ci chiesero come mio padre riusciva ad estrarre l’oro dal mare, ma mia madre ed io non sapevamo dargli una spiegazione logica e così rimase un mistero. Dopo di lui nessuno riuscì a trovare modo di estrarre l’oro dal mare.
Oggi dove si trova lo yacht Elettra?
Innanzitutto mio padre scelse il nome “Elettra” per via delle onde elettriche che lui riusciva a generare. Poi quando io nacqui mi chiamò Elettra, come il suo amato yacht, perché amava molto questo nome e anche per il suo amore per il mare. Per quanto riguarda la fine dello yacht “Elettra” è una storia molto triste. Venne la guerra, mio padre era già scomparso e io e mia madre dovemmo cedere lo yacht al governo, in quanto per noi era impossibile dargli una manutenzione adeguata. Durante la guerra Tito recupererò lo yacht nelle acque di Zara, colpito da una bomba a prua. Poi fu consegnato all’Italia da Tito e messo nel cantiere di Muggia di Trieste, nell’attesa che venisse trasformato in un museo. Io e mia madre andammo dal Presidente del Consiglio e dai ministri di allora a raccomandarci di fare questo museo. Loro ci tranquillizzavamo sempre, ripetendo per dieci anni che stavano raccogliendo dei fondi e che l’avrebbero fatto sicuramente. Poi improvvisamente apprendemmo dai giornali che lo yacht Elettra era stato tagliato in 5 pezzi. Fu una vergogna.
Ma dove si trovano oggi i pezzi?
La prua è sul Monte Carso a Trieste ed è conservata a grande fatica dai bravi triestini che fanno tutto il possibile per mantenerla in buone condizioni, assieme all’ancora, nel bellissimo Civico museo del mare, che consiglio di visitare. Una parte della chiglia, invece, si trova a Santa Margherita Ligure, nella Villa Durazzo, in un punto dove nessuno può vederla. Inoltre le danno la vernice solo nella parte visibile, la facciata esterna, mentre il resto è abbandonato, pieno di buchi e ruggine. I giardinieri, per amore verso mio padre, hanno piantato dei fiori davanti alla chiglia, ma il sindaco del luogo deve fare qualcosa, altrimenti andrà in frantumi. L’unica parte conservata bene della nave, l’altra parte della chiglia, si trova a Sasso Marconi, e appartiene alla Fondazione Guglielmo Marconi. I motori sono nel Museo navale di Venezia, mentre la poppa si trova negli Abruzzi, anche se ormai non so esattamente dove. L’unico albero della nave mantenuto bene si trova nell’Università americana, a Trieste, che lo conserva come un gioiello. Mentre gli altri due alberi sono tenuti malissimo: uno è uno scorrimano nel Castello di San Giusto, mentre l’altro albero non so più dove si trovi. E pensare che l’Inghilterra e l’America, che vedevano che l’Italia stava trascurando lo yacht “Elettra”, volevano averla in modo da farne subito un bellissimo museo. Ma l’Italia rifiutò dicendo che era una gloria nazionale. Quindi, sia l’Inghilterra che negli Stati Uniti, rimasero malissimo dopo aver appreso la notizia. Ora sto lottando affinché almeno a ciascun pezzo venga data un’adeguata manutenzione e ristrutturazione. Perché se continuano così non rimarrà più niente.
Quest’anno, tra l’altro, cade il decimo Anniversario del Museo di Jean Cocteau di Mentone, che lei inaugurò nel 2011. Che ricordo ha di quel giorno?
Il nuovo Museo di Cocteau è bellissimo dal punto di vista architettonico ed è molto moderno. Essendo così vicino al mare, il colore bianco della struttura è molto adatto e ha una forma che riprende le onde. Dentro poi è veramente straordinario: amo molto i suoi quadri e le sue sculture. Del museo di Mentone ho apprezzato tutto ma in particolare il piano inferiore dove sono conservate le fotografie di Cocteau: sembra che le immagini delle persone fotografate siano vive e ti vengano incontro. Questo perché sono immagini di persone vitali, molto interessanti e che hanno gusto e classe.
Cosa ha apprezzato di più di Mentone, oltre al Museo di Cocteau?
Di Mentone ho apprezzato la conservazione delle costruzioni che sono rimaste come erano una volta , non sono stati costruiti palazzi tipo grattacieli : troppo alti e che avrebbero mortificato il paesaggio. Mentone ha molto fascino perché è stata lasciata così come era. Trovo magnifica anche la chiesa di St. Michel con il suo campanile. Ogni struttura, insomma, è stata mantenuta nel rispetto del paesaggio e ogni parte è in armonia con l’intera città, che è dotata naturalmente di un grande senso artistico. Capisco bene, quindi, perché Jean Cocteau era molto legato a questa città.
Lei è stata premiata dal vice sindaco di Mentone per la sua vita, come personalità legata al mare e in onore di suo padre. Cosa ha rappresentato per lei questo premio?
Mio padre Guglielmo Marconi, infatti, mi ha trasmesso l’amore per il mare. Ho apprezzato molto questo importante premio, che il vice sindaco mi ha donato nella Salle de Marriage del Comune di Mentone, dipinta interamente da Jean Cocteau, dove solitamente si celebrano i matrimoni.
Cosa si augura per il futuro?
Dobbiamo essere positivi e allegri, come lo sono io da sempre. Io mi sento giovane, nonostante la mia età, e faccio con gioia ogni cosa grazie al DNA che mio padre mi ha trasmesso, grazie alla salute e anche alla fede che possiedo.
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