Ottavio Fabbri, il pittore delle stelle

 

La sua tavolozza sono i colori del cosmo. Ottavio Fabbri, figlio del grande editore Dino Fabbri (fondatore della Fratelli Fabbri Editori), pittore, regista e artista a 360°, è definito «il pittore delle stelle» e non solo perché la sua arte trae ispirazione dalla stupefacente e inesauribile energia dell’universo. Inesauribile come l’entusiasmo che anima il suo talento. Pittore delle stelle perché un suo quadro andrà nello spazio con una delle prossime missioni cosmiche. Un’opera dedicata ai sogni e alle speranze dei bambini, in questo momento messe a dura prova dalla pandemia. Ci parla di suo padre, del suo incontro con Pablo Picasso e del silenzio, che è uno dei pilastri della sua arte.

 

Cosa ricorda con più affetto di suo padre, Dino Fabbri, e della sua infanzia?

Mio padre era una persona straordinaria, devo dire che lo ricordo più come grande amico che come padre. I miei ricordi di infanzia sono molto  legati alla sua attività di editore. Veniva a casa dall’ufficio con rotoli di prove di stampa per qualche libro per ragazzi da editare. Mi faceva partecipare alle scelte delle immagini migliori. E così, senza accorgermene, iniziai ad allenare il mio occhio che il famoso storico dell’arte Roberto Longhi definì in un’intervista alla radio “occhio assoluto”. Così a quattro anni iniziai a ricevere richieste di expertises anche su dipinti antichi, con lettere anche dall’estero indirizzate al Professor Ottavio Fabbri, con grande ilarità ma anche soddisfazione di mio papà. Fra i tanti episodi a me cari della mia infanzia mi piace ricordare la visita a Pablo Picasso quando avevo dieci anni. “ Vieni, andiamo a trovare il più importante pittore del mondo! “, mi disse mio padre. E così con la meravigliosa Ferrari California di mio papà andammo alla Villa la Californie, vicino a Cannes. Ci riceve un uomo pelato in mutande che mi dice subito “non mi piacciono i bambini biondi”. Intanto entriamo in mezzo a tele, cavalletti, libri e cani ovunque. Io ero un po’ offeso e quando Picasso mi chiese se avevo un nome, gli risposi : “Mi chiamo Ottavio ma non mi piacciono i pittori in mutande”. Picasso la prese sul ridere…mio padre un po’ meno…Avrei tanti racconti ancora, ma rimando il lettore al mio libro “C’ero una volta..” di prossima pubblicazione.

 

L’hanno sempre definita il “pittore delle stelle”. Mai nulla di più profetico, in quanto ora, un suo quadro, andrà nello Spazio…

Come tutti i bambini ho iniziato a disegnare con le prime matite colorate ricevute in dono e mi piaceva raffigurare il cielo con tanti puntini di stelle. Mia mamma era pittrice e ricordo ancora il  “profumo” dei colori e la mia gioia quando mi lasciava dare una piccola pennellata al quadro che stava dipingendo. E così, con il passar degli anni, ho iniziato anch’io a dipingere su delle tele solo mie. Altri anni sono trascorsi fino alla mia prima mostra personale con catalogo e presentazione dello straordinario storico dell’arte Federico Zeri. E così, una dopo l’altra, ho fatto venti mostre personali di cui l’ultima, del 2019, all’ Agenzia Spaziale Italiana presentata dall’Astronauta Luca Parmitano. Già l’astronauta Buzz Aldrin, della prima missione lunare APOLLO 11, mi aveva definito “il pittore delle stelle” e scrisse che lui aveva già visto i miei quadri nello Spazio. E finalmente pare che nello Spazio un mio piccolo dipinto di stelle ci vada davvero in una prossima missione da definire. Il dipinto è dedicato ai sogni e alle speranze dei bambini di tutto il Pianeta, in questo momento così difficile per l’Umanità.

 

Cosa la ispira di più quando crea?

Il silenzio. Perché io dipingo di notte, non tanto per il mio tema dei cieli stellati, come si potrebbe pensare, ma semplicemente perché non mi suona il cellulare nelle ore notturne. A parte questa cosa, non da poco, io dipingo i miei paesaggi cosmici sotto un forte impulso a realizzare qualcosa che nasce come da un ricordo di Galassie e Nebulose, Cieli scintillanti di stelle già ammirati in una vita passata o futura. Sto studiando proprio adesso i  “cunicoli Spazio-Temporali”  di Einstein-Rosen.

 

Suo padre avrebbe voluto che lei facesse un mestiere differente? Quando ha capito di voler fare l’artista?

Mio padre non ha mai interferito con le mie scelte, era un uomo libero e rispettava la libertà di tutti, compresa la mia di scegliere una carriera artistica. Dopo l’Università ho fatto l’assistente volontario nel film  “Morte a Venezia” di Luchino Visconti, su cui ho scritto nel mio “ C’ero una volta..”. Poi ho realizzato come regista alcuni film fra cui:  “Banana Republic” con Lucio Dalla e Francesco De Gregori, “Speed Fever ” con Niki Lauda, i piloti di Formula 1 e Sidney Rome, e  infine  “Viaggio d’amore”  con Omar Sharif e Lea Massari. Quest’ultimo, scritto con l’indimenticabile Tonino Guerra, fu considerato per le Nominations agli Oscar del 1990. Tornando a mio padre mi piace ricordare un episodio che descrive bene il suo carattere di grande sensibilità e riservatezza. Quando uscì questo mio film, io passai più volte dal cinema per capire se il film fosse piaciuto agli spettatori, e con mia grande sorpresa trovai mio padre che, a mia insaputa, era andato a vederlo. Gli andai incontro festoso, e lui per non farmi vedere la commozione che gli brillava negli occhi, mi disse subito: “ Com’era pieno di polvere questo cinema..’’. Questo era il mio indimenticabile papà.

 

Quali sono i progetti di cui va più fiero?

In generale sono per natura sempre entusiasta di quello che sto facendo. Non oso dire fiero ma comunque pienamente soddisfatto dei miei progetti realizzati. Scrivere un libro, dirigere un film, dipingere galassie sono momenti diversi dell’anima che vuole parlare a sé o agli altri. In realtà sono un umile pittore di stelle e una cosa che non dimenticherò mai è quando una notte, su di un terrazzo sul mare, l’astronauta Buzz Aldrin, indicando la Luna con un dito, mi disse : “ Io là ci sono stato…Tu vai anche più lontano…”.

 

Lei è anche un grande appassionato di cinema. Quali i suoi registi, attori, film preferiti?

Si, sono un appassionato di cinema e posso proprio dire fin da bambino. Infatti nella stagione estiva, quando mia mamma mi portava a Bologna, dove abitava mia nonna Vittoria, di sera ogni tanto andavamo a casa degli zii che avevano un balcone che affacciava su di un cinema all’aperto. E cosi era indescrivibile la mia felicità di poter vedere un film da casa su di uno schermo gigante! Il problema però era che alla fine del primo tempo mia mamma, essendo per me un’ora tarda, pensava bene di mettermi a dormire nella stanza degli zii. E così’ mi toccava drizzare le orecchie  per sentire i suoni, rumori e musica del film e per poterlo seguire dal letto obbligato ad immaginare le scene. Sarà per questo che poi ho deciso da grande di fare dei film…interi.

 

Lei è un vero cosmopolita e globetrotter. Dove ha la residenza?

Ho viaggiato abbastanza nella mia vita, e ho abitato in diverse città,  in varie nazioni, ma poi torno sempre a Milano, il luogo che mi è più caro. Sono nato in questa città e solo qui mi sento a casa. Riassumendo posso dire che mi piace partire da Milano e ritornare a Milano! E come il titolo del film di Godard dedicato alla città di Parigi, anche io potrei dire di Milano: “ Due o tre cose che so di lei..”.

 

In passato fece un viaggio molto divertente in macchina con l’avvocato Gianni Agnelli. Ce lo racconta?

Un giorno di tanti anni fa  ero ragazzo e mi trovavo a Parigi. All’alba mi chiama a sorpresa l’avvocato Gianni Agnelli chiedendomi che programma avessi per la giornata.“ Il programma attuale sarebbe di dormire ancora un pochino..” gli risposi “perché più tardi devo prendere un aereo per Milano..”.  “Allora preparati che passo a prenderti con Marella e ti diamo un passaggio per Milano”.  Di fronte a tanta gentilezza mi vesto a razzo ed esco dall’hotel dove, qualche minuto dopo, arriva una Peugeot blu con a bordo l’avvocato e la moglie. “ Andiamo a Le Bourget , l’aeroporto per aerei privati”, mi disse. Eravamo in ritardo e l’autista prese una scorciatoia laterale che ci portò in piena campagna dove pascolavano migliaia di pecore. Ma la Peugeot si ferma, per qualche problema al motore, sul ciglio della strada. “ Alle Fiat non succede..”, sibilò  l’avvocato mentre Marella, guardando dal finestrino, con il suo noto umorismo trasversale: “ Vedi Gianni, delle pecore hanno fermato degli Agnelli!”.  L’avvocato non ride. Facciamo l’autostop. Si ferma una Jaguar con un gentilissimo signore che si offre di portarci all’ aeroporto di Le Bourget. “ Je suis avocat..de Lyon “, si presentò il francese, “Moi aussi de Torino”, rispose Agnelli. Marella ebbe sussulti di risata, anch’ io non riuscii a stare serio. Finalmente arrivammo a destinazione. L’aereo ci aspettava con i motori accesi e partimmo.

 

Nella sua vita ha incontrato e interagito con molti nomi del jet set internazionale. Quali i più significativi e che ricorda con più nostalgia? 

Nella mia vita ho conosciuto molte persone straordinarie. Soprattutto nel mondo in cui l’anonimato a volte è caratteristica di eccellenza professionale, come fra le maestranze del cinema e dello spettacolo. Certamente ho incontrato anche persone più conosciute di cui conservo un originale ricordo. Per esempio Marlene Dietrich, già anziana, che ho intervistato negli anni ’70. Mi colpì molto e fui affascinato dalla sua incredibile  personalità. Dico solo questo:  mentre l’aspettavo per l’intervista, per la quale era già in ritardo, arrivò un signore che si presentò come il falegname di Madame.  Disse che doveva assolutamente misurare l’altezza della poltrona dove si sarebbe seduta la Dietrich. Prese le misure e se ne andò. Dopo poco arrivò la Dietrich e capimmo che voleva sapere in anticipo se poteva alzarsi da sola dalla sedia, alla fine dell’intervista, senza aiuti. Perché la leggenda dell’Angelo Azzurro non doveva traballare.. Ricordo tanti altri personaggi di cui parlerò del mio libro..

Ci racconti ancora un episodio..

Mi piace qui ricordare l’episodio di quando avevo dieci anni ed ero in vacanza a Venezia con i miei genitori, all’hotel Danieli, dove alloggiava anche Orson Welles che stava girando un film. Il famoso attore e regista vide nella hall mia madre Piera, bellissima donna, e iniziò, un po’ ubriaco, un serrato corteggiamento nello spazio di pochi minuti. Finché poi arrivò mio padre e il regista, non sapendo chi fosse, gli disse: “Le presento Piera, mia moglie!”. E mio padre gelido: “No, guardi che è mia moglie!”.

Una frase di Picasso che lei ama citare è: “Ci vogliono molti anni per diventare giovani”…

È certamente una frase ad effetto che uso sempre di più. Ma è anche una geniale intuizione di Picasso. Passando gli anni si tende a conservare dentro di sé un patrimonio essenziale che è quello dell’ infanzia e della giovinezza, che si rigenera continuamente con nuove curiosità e passioni. I grandi vecchi sono spesso dei grandi giovani. Io sto lavorando su questo… e sto diventando giovane. Un consiglio per tutti.

grimaldiveronica8@gmail.com

         

Nella prima foto : Ottavio Fabbri (pic by Alberta Tiburzi)

Nella seconda foto : un angolo dello studio di Ottavio Fabbri

Nella terza foto : “Cosmic Ocean” by Ottavio Fabbri

Instagram: @ottaviofabbri

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