Alessandro Benvenuti, attore, regista, scrittore, direttore artistico di diversi teatri italiani e autore della fortunata serie televisiva “I Delitti del BarLume”, è soprattutto un artista alla ricerca di una forma d’arte sempre nuova. Un esploratore della cultura fin dai tempi dei Giancattivi che rifugge dalla banalità. Ci parla della sua nuova sfida: ricostruire il teatro dall’anno zero. Una forma d’arte che il Covid  ha praticamente annullato e va rifondata.

Teatri ancora chiusi e cinema ancora deserti… non sono anche questi generi di prima necessità per la mente?

Continuare ad affermare l’ovvio diventa, ogni giorno che passa, un esercizio sempre più triste. Constatare che una verità di pensiero umano, accertata da secoli, risulta noiosa è ancora peggio. Ma è esattamente questo che sta accadendo. Ogni persona dotata di un minimo di intelligenza sa che è così, ma nonostante ciò, al momento, è quasi meglio forse tacere, perché il semplice dirlo ci fa diventare patetici, oltre che contribuire ad aumentare la nostra acclarata impotenza. Perciò personalmente conservo la rabbia aiutato in questo dalla poca fiducia che nutro da sempre per il genere “politico”. Una rabbia che si traduce in studio. Sono come un fabbro che si sta costruendo un’armatura per poter ricominciare la guerra dei mondi, protetto e armato come dev’essere un guerriero che non ha un esercito alle spalle, ma solo un profondo individualistico desiderio di “uccidere” quanti più idioti possibili prima di tornare ad essere polvere e concime per i fiori che, indifferenti all’uomo, continuano imperterriti a nascere dalla terra. Dio quanto mi piace questa risposta!

 

Quali i suoi progetti appena si rialzeranno i sipari? Lei è anche direttore artistico di diversi teatri in Italia..

Tutto ciò che pensavo prima del fermo è saltato in aria. Credo che dovremmo considerare il nuovo inizio – quando sarà – come l’anno zero del teatro. Tutto andrà riscritto, ripensato. Poco di ciò che si pensava prima andrebbe, secondo me, mantenuto. Io ho azzerato tutto. Non so cosa farò. Sto scrivendo cose nuove. Per quanto riguarda il mio ruolo di direttore artistico dei teatri di Siena (Rinnovati e dei Rozzi) e del Teatro di Tor Bella Monaca a Roma, ci stiamo attrezzando per proporre stagioni più intelligenti possibili considerando che dovremo riabituare il pubblico a tornare ad abitare quei luoghi che il terrore mediatico, a differenza di chiese, negozi e centri commerciali, ha come demonizzato. Sarà una bellissima avventura umana, credo. Noi siamo pronti.

 

Lei ha avuto e superato il Covid. Cosa le ha lasciato questa brutta esperienza?

Nulla. Non me ne sono neppure accorto. Mi rendo conto che questo non fa notizia ma almeno ha il pregio di essere la verità.

 

Ha anche scritto un testo durante la malattia: Diario di un non-intubabile

Un testo davvero sentito. Il titolo è “Panico ma Rosa”, tratto appunto dalle cronache della pandemia che ho tenuto giornalmente sui miei profili social  in forma di diario e che, sobillato dai lettori che per mesi mi hanno seguito, ho sintetizzato in uno spettacolo che ha avuto, purtroppo, solo quattro letture pubbliche di sondaggio e tre repliche… e poi, mentre ero sulla spiaggia a godermi il bel successo, la seconda ondata anomala mi ha travolto.

 

Cosa fare per evitare che l’isolamento faccia impazzire?

Buone letture. Affetti. Ricordi. Pazienza. Lucidità. Tanta attenzione e soprattutto essersi costruito nel tempo una situazione economica tale da poter proteggere te e la tua famiglia.

 

Continuerà anche la sua esperienza di attore televisivo nei Delitti del BarLume?

Mi auguro proprio di si. D’estate il virus si prende una semi vacanza. I vaccini stanno arrivando e fanno la loro parte. C’è un po’ di ottimismo in più.

 

Che differenza c’è tra un comico e un autore comico?

Che un comico, che è anche autore, non ha bisogno di trovare un autore che scriva cose comiche per lui.  Un bel vantaggio!

 

Perché lei ha abbandonato la regia da tanti anni?

Se intende nel cinema non avevo più storie da raccontare. Per fortuna ho il teatro e lì mi do parecchio da fare.

 

Cosa non l’ha mai abbandonata dai tempi dei Giancattivi?

Il desiderio feroce di trovare nuove, inedite forme di scritture comiche.  Il filo rosso che lega da sempre ogni mio esperimento drammaturgico. E’ la sola cosa che da sempre mi ha salvato dalla banalità. E’ l’unico modo che ho per lavorare bene.

 

La vostra era una comicità innovativa…Chi la fa ridere oggi?

Beh, si ride in tanti modi.  Ridere è un bisogno fisiologico, lo si fa da sempre. Per paura dell’orco o per accettare, illudendosi di essere alternativi, lo status quo.  Gli stili o i generi son come le medicine: tanti e con lunghissimi bugiardini pieni di controindicazioni. La comicità più difficile da realizzare è quella che usa il bisturi o il machete a seconda se chi ne è colpito merita di sopravvivere all’intervento o essere, per il bene di tutti, decapitato.

 

Nella storia della cinematografia italiana quali i suoi film, registi e attori preferiti?

Non lo so. Cambio nomi, titoli e idee a seconda del momento che vivo. In questo momento preferisco i libri. Del cinema non m’importa un fico secco.

 

Come immagina il suo futuro e cosa si augura?

Di rimanere in salute. Se accadrà, sarà di certo un bel futuro, immagino.

 

 

 grimaldiveronica8@gmail.com

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