Com’è cambiato il mondo delle investigazioni dopo il Covid?   Quali sono oggi le indagini più richieste? Ne parliamo con il Professor Giuseppe Gelsomino, direttore dell’agenzia investigativa Shadow Detectives di Milano che dal 1981,  oltre ad essersi occupato di alcuni dei più importanti casi di cronaca d’Italia, aiutando le indagini alla ricerca della verità, ha aiutato migliaia di persone a risolvere problemi di varia natura. Dal 1994 è docente universitario di Tecnica Investigativa e Criminalistica. Nella sua carriera ha operato sovente in collaborazione con Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Direzione Investigativa Antimafia.

 

Professore, com’è cambiato il vostro modo di operare dal Covid in poi?

In realtà   il lavoro  non ha   subito  mutamenti  rilevanti.  Nonostante la pandemia  e  le   diverse situazioni peculiari di tale periodo, l’investigatore non deve far altro che adattarsi alla situazione e continuare ad applicare le tecniche. Per fare un esempio concreto: sono cambiate le abitudini delle persone, le quali tendono ad uscire  di  meno, ma questo non  significa che gli amanti rinuncino ad incontrarsi o che i delinquenti smettano di compiere reati. Pertanto, la situazione ha solamente accentuato la necessità di adattarsi alle situazioni, non ha modificato in maniera sostanziale il modo di lavorare.

 

Quali sono i casi mediatici più importanti di cui si è occupato?

Ho   svolto   diversi   incarichi   che   possono   essere   definiti   “casi   mediatici”.   Tra   i   più   rilevanti troviamo   sicuramente  un   importante   caso   di  estorsione   al  Porto   di   Gioia   Tauro,  il sequestro di  Silvia Melis, sequestro Laila Cavalli e sequestro di Santina Renda, poi il caso  Pollicino,  il  delitto   di   Cogne   e   il  delitto  di  Garlasco.  In   molti   di   questi   casi   ho collaborato con i Carabinieri, con la  D.I.A. e con i Pubblici Ministeri riguardante l’omicidio di Chiara Poggi.

 

Servono degli studi particolari per intraprendere il mestiere di detective?

Sono necessarie conoscenze approfondite in diversi ambiti. Non si tratta tuttavia di studi universitari convenzionali, quanto piuttosto di competenze che si acquistano unicamente svolgendo un percorso di formazione mirato. Tra le basi necessarie per diventare un bravo investigatore vi sono materie che si imparano sui libri, come ad esempio la criminalistica, le procedure scientifiche forensi, la psicologia investigativa, la cinesica, la prossemica, la semiotica e la semiologia, ma le qualità più importanti, come la calma e il pieno controllo su se stessi si ottengono solamente con percorsi differenti. È infatti fondamentale per un investigatore praticare le discipline marziali e la meditazione, capaci di sviluppare qualità sorprendenti all’interno della psiche e dell’animo umano. Inevitabilmente tali attività spingono l’individuo naturalmente verso ciò che possiamo considerare “giusto”, verso un senso di giustizia naturale che prescinde dalle credenze religiose, ma che conserva la medesima forza morale.

 

Quali sono i casi che trattate di più?

Un tempo si lavorava molto sulle infedeltà coniugali. Attualmente il panorama delle attività è composto principalmente da indagini relative alla difesa in ambito penale, alla prevenzione di truffe e raggiri.

 

Come arriva a capire la verità?

Quando mi affidano un caso in ambito penale, la prima cosa da fare è analizzare attentamente i primi rapporti e le prime dichiarazioni, poi svolgere sopralluoghi sui luoghi menzionati all’interno di questi documenti, in modo da entrare nella storia e individuare immediatamente le eventuali anomalie o contraddizioni che spesso aiutano l’investigatore a raggiungere la verità.

 

Vi è mai capitato durante un’investigazione di vedere qualcosa di illecito e di denunciarlo?

Noi lavoriamo al servizio del cliente, per cui tutto ciò che scopriamo lo segnaliamo al medesimo registrando e documentando ogni evento o circostanza. In ogni caso, qualora nello svolgimento delle attività fossimo testimoni della consumazione di un reato, saremmo tenuti ad allertare immediatamente le autorità competenti.

 

In quali casi rifiuta il caso?

All’investigatore si rivolge ogni tipo di persona, di conseguenza è molto importante valutare con attenzione il cliente e le sue richieste, in modo da evitare casi che potrebbero portare a risvolti illeciti. Per quanto riguarda specificamente le indagini penali, accetto il caso solo quando sono convinto che la persona da difendere sia innocente, o comunque accusata di un fatto che non ha commesso. Diversamente non apporterei alcun beneficio alla difesa, poiché mi limito a raccogliere dati oggettivi che aiutano a ricostruire la realtà dei fatti e, se il cliente fosse colpevole, il mio intervento non farebbe che peggiorare la sua posizione.

 

Quale è stato un caso che non ha accettato?

Un caso che non ho accettato è stata un’indagine relativa ad una rapina a mano armata in una banca, a Milano, nel corso della quale una guardia giurata era stata uccisa e i rapinatori erano stati individuati e condannati. Uno di questi mi propose di occuparmi del caso per essere scagionato dall’accusa di omicidio. In particolare, questa persona sosteneva che gli ultimi due proiettili inseriti nel caricatore (quindi i primi ad essere sparati dall’arma) erano a salve. A suo dire, non si sa come, la pistola avrebbe sparato un proiettile vero, uccidendo la guardai giurata. Ho rinunciato al caso in quanto non potevo difendere una persona che oltre ad aver eseguito la rapina avesse comunque accettato il rischio di sparare proiettili veri in un eventuale conflitto a fuoco.

 

Nel penale con il suo lavoro quante persone ha scagionato da false accuse?

Nell’ambito del penale diciotto. Diciotto persone che, grazie alla nostre indagini, sono state scagionate. All’Università spiego ai miei studenti che un investigatore, in realtà, per quanto abbia il mandato da parte del cliente o dell’avvocato, svolge un servizio utile al giudice. Il quale, con il supporto del materiale e delle prove che abbiamo trovato, è in grado di stabilire la verità.

 

In passato, negli anni ’60, il tradimento coniugale costituiva un reato?

Si, è così. Oggi non costituisce più reato, ma rimane un fatto importante per un investigatore sotto doversi punti di vista. Ad esempio, in sede di separazione, sulla base di determinate condizioni, può essere ritenuta da un giudice come una motivazione valida per addebitare la separazione a uno dei coniugi. Inoltre, dal punto di vista penale, fin troppo spesso, il tradimento costituisce la causa scatenante di comportamenti violenti da parte del partener tradito, che possono sfociare persino in maltrattamenti o atti persecutori, il così detto “stalking”.

 

Sono più le donne o gli uomini che chiedono di pedinare il coniuge?

In realtà, la domanda da parte di uomini e donne è pressoché identica. La differenza principale, nella mia esperienza, è che, gli uomini sono spesso in grado di finanziare le indagini autonomamente, mentre le donne, in alcuni casi, quando magari si siano dedicate alla famiglia e non alla carriera, non dispongo dell’autonomia finanziaria necessaria per avviare l’indagine.

 

I social network e internet vi hanno rubato in parte il lavoro?

Direi di no. Il lavoro è semplicemente cambiato, come è giusto che sia in una società all’avanguardia come la nostra. Il progresso non può essere ritenuto responsabile dei problemi che possono scaturire a livello lavorativo a seguito delle innovazioni. L’importante è stare sempre al passo con i tempi e adeguarsi al cambiamento, beneficiando delle eccezionali soluzioni offerte dalla tecnologia odierna. Le informazioni che forniscono i social network, infatti, ci aiutato molto e semplificano diverse parti di un’indagine. Tuttavia, i social forniscono informazioni ma, da soli,  non consentono sicuramente di indagare. Un’indagine somiglia per molti versi alla costruzione di un edificio: le informazioni sono il materiale da costruzione e il progetto dell’edificio costituisce il filo logico da seguire per giungere ad una tesi che, come un palazzo, deve necessariamente “stare in piedi”. Per di più, le informazioni fornite dalle persone tramite i social difficilmente rispecchiano la realtà e vanno considerate sempre con molta attenzione. Ad ogni buon conto anche le informazioni più veritiere necessitano di un soggetto che con esperienza e capacità professionale sappia interpretare e mettere assieme, nella maniera più corretta, i vari pezzi giungendo alla verità.

 

E il GPS vi aiuta?

Il GPS ci aiuta in molte occasioni nelle quali i pedinamenti possono diventare difficoltosi. Si tratta, ad esempio, di casi nei quali è necessario tenere una certa distanza dall’obiettivo a causa della conformazione dei luoghi, oppure nel caso in cui il soggetto da pedinare sospetti di essere sotto controllo e metta quindi in atto comportamenti volti a scovare e identificare eventuali investigatori. Anche in questo caso, tuttavia, il GPS non è altro che un mero strumento al servizio dell’investigatore che semplifica alcune fasi del pedinamento, ma a nulla servirebbe se fosse impiegato da un soggetto che non disponesse delle capacità proprie di un investigatore. La mera attestazione di un veicolo in un determinato luogo, infatti, prova ben poco ed è dunque necessario che a ciò si accompagnino i filmati, le foto e i rapporti investigativi realizzati dall’investigatore.

 

Quanto costa oggi rivolgersi ad un investigatore?

I costi variano a seconda del tipo di attività. Per fare un preventivo corretto è prima necessario parlare a fondo con il cliente al fine di conoscere tutti i dettagli della vicenda in merito alla quale andremo ad investigare. A seguito di questo confronto, viene poi redatto il piano di lavoro, all’interno del quale viene presentato il prospetto analitico dei costi.

 

Un caso insolito?

Ci hanno chiesto recentemente di pedinare l’amante, anziché la moglie. Lui era un regista sempre in giro per il mondo ed era molto geloso. Era convinto che l’amante avesse una relazione con un altro uomo. I suoi sospetti erano fondati, perché abbiamo infatti colto la sua amante in compagnia di un altro uomo, in atteggiamenti che non lasciavano spazio al dubbio. Inoltre, li abbiamo documentati mentre lei faceva entrare l’uomo all’interno della casa nella quale viveva, pagata dal nostro cliente.

 

È stato molte volte in situazioni di pericolo?

Le racconto un fatto che mi è capitato diversi anni fa. Seguivo un caso che mi portò a recarmi all’interno di un quartiere particolarmente malfamato. Cercavo il capo di un gruppo di malavitosi, ma non era lui il mio obiettivo. Sapevo da fonte certa che quest’uomo mi avrebbe potuto fornire informazioni importanti per risolvere il caso ed ero quindi determinato ad incontrarlo. Non appena arrivai, fui fermato da due bambini, che mi chiesero di dargli dei soldi. Io gli risposi che se volevano dei soldi per comprare del cibo, sarei stato io stesso a comprarglielo nel bar situato poco distante. I due accettarono. Li portai nel bar e gli offrii il pranzo. I bambini furono talmente felici per quel semplice gesto, che non finirono più di ringraziarmi. Una volta uscito dal bar, mi rimisi alla ricerca e chiesi informazioni ad un gruppo di persone che frequentava lo stesso locale nel quale l’uomo che volevo incontrare era solito passare le serate. Le cose cominciarono a non andare per il verso giusto perché, chiaramente diffidenti, non avevano alcuna intenzione di condurmi da lui. In breve, mi ritrovai circondato da una trentina di uomini armati che stavano per aggredirmi. Io avevo nella fondina, sotto la giacca, una Beretta calibro 9, ma non la avrei mai usata. Mentre mi accerchiavano, entrai nello stato mentale tipico del combattimento. Sapevo che, da un momento all’altro, avrei dovuto lottare per la mia vita quando, improvvisamente, mi sentii afferrare per le gambe.  Guardai in basso e i vidi i due bambini a cui avevo offerto il pranzo, i quali si misero ad urlare: “Lasciatelo, lasciatelo stare! È un nostro amico!”. Sostanzialmente, era avvenuto un miracolo. I bambini erano i figli di uno di questi uomini e immediatamente il gruppo si sciolse. Mi salvarono la vita. Proprio i bambini mi presero per mano e mi portarono dall’uomo che cercavo. In seguito, mi spiegarono che il comportamento del gruppo era dovuto al fatto che la persona che stavo cercando era stata ferita appena il giorno prima da un colpo d’arma da fuoco sparato da una banda rivale e pensavano che io ne facessi parte.

 

Cosa consiglia oggi a chi vuole intraprendere questo mestiere?

Oltre alle conoscenze pratiche, che si imparano sul campo, un investigatore deve possedere molte capacità che sono in realtà frutto di un duro lavoro improntato allo sviluppo della propria persona. Tra queste spiccano sicuramente la calma, la pazienza, la compassione, la perseveranza, il coraggio, la gentilezza e l’umiltà. Senza questi elementi anche la persona più preparata da un punto di vista tecnico non sarebbe un buon investigatore. Personalmente, per lo sviluppo di queste capacità consiglio di praticare discipline marziali, come ad esempio il judo, il karate e il kendo.

 

E una persona che non usa un arma come fa a difendersi in un caso estremo?

Imparare a difendersi è uno stato mentale, se la tua mente è pronta alla reazione, il corpo segue di conseguenza, nella maniera più indicata.  Le discipline che ho menzionato aiutano in questo.

 

 

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