Dottor Scotti, l’eccellenza italiana racchiusa in un chicco di riso
Dario Scotti da oltre trentacinque anni è alla guida dell’omonima Azienda di famiglia, fondata nel lontano 1860 dal bisavolo Pietro Scotti. Oggi Dario Scotti, che tra il riso è nato e vissuto, guida l’ascesa della Riso Scotti a Gruppo industriale alimentare risiero europeo.
Lei appartiene alla quinta generazione della dinastia della sua famiglia che si occupa dell’azienda Riso Scotti. È stata una sua scelta o un’imposizione intraprendere questa attività?
È stata una scelta automatica. La nostra all’epoca era una piccola azienda, che aveva in tutto 30 dipendenti ed io ero figlio unico. Quindi era quasi naturale che continuassi il lavoro di mio padre. Non ho mai pensato, nemmeno quando ero bambino, di occuparmi di qualcosa di diverso. Intrapresi gli studi di Ragioneria perché allora i figli degli imprenditori non facevano il liceo. Non mi chieda il perché. Ricordo che alcuni miei amici frequentavano il liceo e andavano anche a sciare spensierati. Mentre io, con l’azienda che incombeva, avevo un altro stile di vita.
Lei intraprese Ragioneria e successivamente Economica e Commercio. Questo perché doveva occuparsi dell’azienda di famiglia?
Esatto. Dopo Ragioneria feci il militare, che fu un’esperienza molto dura. Sa, negli Alpini, con il terremoto del Friuli… In realtà, sono orgogliosissimo di aver prestato servizio a Chiusaforte, nell’Ottavo Battaglione Cividale, per 13 mesi, vivendo in diretta il terribile terremoto del maggio ’76. Pensi che recentemente ho rintracciato e sono tornato in contatto con il mio Generale di allora, una persona straordinaria…Una vera soddisfazione, bellissimi ricordi, da cui per altro nasce la mia assoluta passione per la montagna. Successivamente mi laureai in Economia e Commercio: era la facoltà adatta al lavoro che mi aspettava.
Non ha mai sentito il peso della responsabilità di dover mantenere i risultati ottenuti dalla sua famiglia?
Quando cominciai a lavorare in azienda mi accorsi che mi piaceva farlo. Al contrario di quando studiavo, cosa che invece facevo per necessità ma non mi appassionava. Mio padre mi diede da subito grande spazio in azienda; di conseguenza, gratificato, mi entusiasmai sempre di più per quello che facevo. Quando poi diventammo S.p.A mi nominò Amministratore Delegato, mentre lui era Presidente. Avevo 28 anni ed era già da 5 anni che lavoravo con passione in azienda. Poi, con gli anni, alla molla della passione si è affiancata la forte motivazione della responsabilità: mio padre mi intestò addirittura l’Azienda e quindi non potevo sbagliare.
Quindi oggi sente il peso di questa responsabilità?
Sinceramente, quando le cose vanno bene no, quando, come in questo periodo storico, le cose sono difficili, sento molto il peso della responsabilità. Sa, quando si tengono salde le redini va tutto bene. Ma quanto invece ti trovi a subire un contesto inevitabile, come la pandemia, la guerra e anche la siccità, dove tu puoi incidere davvero poco, è chiaro che le problematiche aumentano, tu devi essere più che mai concentrato e il peso della responsabilità si fa sentire. Io credo che se non sei responsabile non sei concentrato e viceversa.
Infatti, dopo il Covid e la guerra ora c’è anche la siccità…
Guardi per noi, per la nostra azienda, le conseguenze della siccità sono le più gravi in assoluto. L’energia attualmente è un problema comune di tutte le aziende. Intendiamoci, è gravissimo, ma per noi lo è di più la siccità, perché colpisce duramente le riserie nella disponibilità stessa della materia prima. Ci colpisce al cuore.
E per l’Energia?
Lo stabilimento di produzione richiede ingenti quantità di energia elettrica e gas che, in un momento di caro prezzi come quello attuale, incidono moltissimo. Riso Scotti però può contare oggi su un sistema di economia circolare che in piccola parte attenua l’effetto del maggior costo dell’energia. Abbiamo messo a punto un sistema in cui la materia prima riso viene valorizzata al 100%: un esempio di ciclo integrato, che sfrutta tutte le risorse, azzerando gli scarti e riducendo al minimo l’impatto ambientale. Dopo aver ultimato un sistema di cogenerazione, attualmente stiamo studiando nuovi sistemi di fotovoltaico che ci permettano di aumentare l’autonomia energetica. Questo perché la nostra azienda non lavora molto per il risultato immediato, bensì per la creazione di valore per il futuro. Stiamo, inoltre, ultimando un impianto di depurazione delle acque reflue, che consentirà di produrre biogas, che a sua volta alimenterà un mini-cogeneratore a servizio dell’impianto di depurazione vero e proprio. Così l’acqua, una volta depurata, sarà immessa in superficie, per poi tornare a irrigare i campi in cui si produce riso. E il cerchio si chiude.
E oggi quale è la vera motivazione per continuare ad occuparsi dell’azienda?
Oggi a 66 anni devo dire che ho ancora molto entusiasmo ed anche energia fisica. Sento molto la responsabilità, non tanto verso me stesso o la mia famiglia – diciamo che mi considero a break even (scherza) – ma verso l’azienda stessa. Solo qui a Pavia lavorano circa 400 persone, e penso a tutte queste famiglie….
Anche le sue figlie lavorano in azienda: quali mansioni hanno?
Si, attualmente due delle mie figlie lavorano in azienda. La mia primogenita, Valentina, è Amministratore Delegato dell’azienda del Gruppo che ha sede in Romania e si occupa dei mercati dell’Est europeo, Ucraina compresa. Francesca, invece, si occupa di uno dei driver del futuro, e cioè dello sviluppo del mondo digital. Lucrezia, infine, lavora alla Nestlé, dove sta costruendo una solida esperienza, e presto arriverà in azienda. Non voglio che le mie figlie si inseriscano gerarchicamente sotto o sopra i manager, altrimenti è complicato. È meglio che abbiano un grande potere in un settore magari circoscritto, piuttosto che un piccolo potere in un grande settore. Voglio che siano felici. Sono tutte e tre Bocconiane, laureate in ambiti differenti; a me piacerebbe che continuassero a fare le azioniste, in modo da dare continuità all’azienda.
Suo padre cosa le ha insegnato riguardo al mestiere di imprenditore?
Mio padre aveva un modo di lavorare diverso dal mio, più “in solitaria”, diciamo. Lui aveva una resistenza lavorativa davvero esagerata: riusciva a fare tutto e bene. Allora non avevamo dirigenti: c’era lui, con pochi impiegati, ma lui lavorava per cinque, dal lunedì al sabato compreso. Poi la domenica mattina andava al mercato del riso e al pomeriggio mi portava al cinema o a sciare. Era una persona molto coraggiosa, con una grandissima onestà intellettuale, e sapeva sempre ciò che faceva.
Quale è la carta vincente del suo/ vostro continuo successo?
Quando facciamo una cosa, la facciamo molto bene. Noi oggi siamo leader del risotto italiano nel mondo, siamo la marca leader nel foodservice, nella diversificazione del riso con tantissimi prodotti che utilizzano il riso come ingrediente, siamo leader nel vending e anche nelle vendite online della nostra categoria merceologica. Ovunque operiamo, siamo leader. È una realtà. Questo significa che i nostri collaboratori sono davvero bravi. E per me la carta vincente risiede proprio nell’elemento umano, che sa sempre fare la differenza.
Con quale criterio sceglie i collaboratori?
Scelgo personalmente i miei collaboratori. Devono essere appassionati, sorridenti e positivi. Quanto è bello avere collaboratori in azienda che sorridono! Poi naturalmente devono essere adatti e adeguati al ruolo aziendale prescelto. Possono esserci persone brave e appassionate, ma non adatte. Capita. Per cui durante la selezione poniamo molte domande e attenzione per capire non solo se la persona in questione è adatta all’azienda, ma anche se la nostra azienda è adatta a quella persona. Questo ci consente di non perdere tempo. Chi entra da noi, viene messo nelle condizioni di divertirsi e appassionarsi al lavoro che fa. Anche questo penso sia la chiave del nostro successo.
Tutti i vostri prodotti a base di riso sono stati un’innovazione di mercato. A inizio anni Novanta siete stati i primi a produrre il riso sottovuoto, successivamente ad introdurre l’olio di riso, la pasta di riso e il latte di riso che oggi vanno per la maggiore. E poi anche le gallette e i crackers di riso. Quale è stato il prodotto che è stato subito ben recepito dal consumatore e quindi il più acquistato?
Per essere sincero, per la maggior parte di questi nuovi prodotti abbiamo preso spunto dall’estero – da mercati che in quei Paesi erano già consolidati e magari invece da noi ancora sconosciuti -, oppure da piccoli produttori, per poi industrializzare i processi. E tutte queste nuove produzioni hanno avuto un grande successo. La pasta di riso, per esempio, non esisteva in Italia. Mentre in Thailandia c’è una lunga consuetudine nel mangiare questo tipo di pasta. Così, cominciammo a produrla, italianizzandola, e la stessa cosa fu con l’olio di riso. Devo dire, un grande successo. Più recentemente stiamo assistendo ad un vero e proprio boom della bevanda vegetale, impropriamente chiamata “latte” di riso.
Perché impropriamente?
Perché tecnicamente non è latte! Anche se la sua provenienza è altrettanto naturale. E’ una bevanda alimentare vegetale a base di riso. Viene usata in sostituzione al latte vaccino in alcune diete come quella vegana, ed è ottima per gli intolleranti al lattosio e gli allergici alle proteine del latte.
Lei ha anche capito il potere della comunicazione attraverso personaggi del piccolo schermo. Gerry Scotti come testimonial è durato per ben 18 anni.
E’ stata una delle più importanti e longeve case history della comunicazione italiana. E’ stata oggetto anche di alcune tesi universitarie, sa? Abbiamo suscitato molta curiosità e simpatia. Con Gerry siamo amici e lo rivedo sempre con grande piacere. Inevitabilmente, con l’evoluzione della nostra azienda e con lo sviluppo del settore salutistico e del benessere, abbiamo dovuto modificare i nostri format di comunicazione. Ma non è detto che in futuro non si possa ancora collaborare, dal momento che c’è un bellissimo rapporto alla base.
Oggi quante realtà sono coinvolte nella produzione dei prodotti della Riso Scotti S.p.A.?
Compriamo il riso da migliaia di agricoltori, per cui può ben immaginare con quante realtà siamo connessi. Consideri che il 20% del riso italiano lo abbiamo noi e lo esportiamo in 85 Paesi del mondo. D’altro canto, vendendo molti prodotti di diversificazione, alcuni li terziarizziamo, e anche in questo caso parliamo di decine di realtà differenti. Per cui la nostra azienda vale per il fatturato che produce, vale per i dipendenti che la compongono, ma vale molto anche per la connessione che ha con il sistema e con il territorio.
Infatti, Voi siete in assoluto l’azienda che esporta più riso italiano. Quali sono i prossimi obiettivi?
Per essere esatti, siamo l’azienda italiana che esporta più riso confezionato di marca. Per il futuro, mi sento di dire questo. Dal 1860, Riso Scotti rappresenta una storia di tradizione, legata ad uno dei cibi più antichi e diffusi; oggi ci poniamo l’obiettivo di guardare all’innovazione, anche sociale, di gusto, usi e costumi, per interpretare sempre al meglio la straordinaria risorsa che è il riso e declinarlo in proposte contemporanee, adatte a palati anche molto diversi tra loro. La presenza del nostro marchio e dei prodotti in così tanti Paesi nel mondo impone una profonda conoscenza delle abitudini, delle esigenze, e una capacità di coniugare gusto, bontà e salute in un’alimentazione davvero globale. L’ingrediente alla base di questa sensibilità d’analisi è l’estrema attenzione alla sostenibilità non solo del prodotto, ma anche dei processi, delle relazioni, delle azioni.
Cosa consiglia alle nuove generazioni che vogliono intraprendere il mestiere di imprenditore?
Un conto è cominciare da zero, un conto è dare continuità ad un’azienda già in essere. Io sono un imprenditore della continuità, anche se poi ho sviluppato alcune realtà complementari ex novo che oggi fanno parte del Gruppo. L’imprenditore che comincia da zero va responsabilizzato, bisogna che sia consapevole fin dall’inizio di ciò che dovrà affrontare e a quanto dovrà rinunciare per quanto riguarda la vita privata. In quanto l’azienda ti assorbe e ti monopolizza totalmente. Chi si prende fin dall’inizio la responsabilità di creare un’azienda dal nulla è un fuoriclasse. Poi ci sono gli imprenditori di continuità, che portano avanti un’azienda preesistente, come me. E qui devi mettercela proprio tutta. Magari parti con il vantaggio del grande lavoro che è già stato fatto da altri prima di te, però senti di ereditare una enorme responsabilità. Ho una bella famiglia, sono stimato e riconosciuto nel mio lavoro, e questo mi gratifica. Sono contento di come sono andate le cose con il mio Gruppo e del lavoro che ho svolto, ma mi rendo conto di aver anche rinunciato a molto. Bisogna avere sempre ben chiare le priorità e non deviare mai: ci vogliono fermezza e spirito di abnegazione.
Nel tempo libero cosa fa?
Condivido l’amore per la montagna con mia moglie che ho conosciuto sui banchi di scuola e con la quale ho un grande rapporto di sintonia, e anche con le mie figlie. E poi la moto: ho fatto magnifici viaggi. Con amici e anche con tante persone dell’Azienda che hanno la medesima passione. Come le dicevo, so di aver dedicato più tempo al lavoro e meno alla famiglia. Per questo motivo, essendo stato fisicamente poco presente, ho fatto in modo di portare un po’ la famiglia in azienda.
grimaldiveronica8@gmail.com