Nella vita, recita un proverbio Zen, «bisogna fare tre cose: fare un figlio, scrivere un libro, piantare un albero». Forse è arrivato il momento di aggiungere un quarto impegno: accendere un mutuo secolare per comprare l’albero, stamparsi il libro, crescere il figlio fino alla vecchiaia. Del figlio, non dei genitori.

Per i giudici della Corte d’Appello di Trieste, difatti, un genitore – magari pure da morto – è sempre responsabile. Economicamente, s’intende: perché sull’educazione si può discutere, ma sui soldi non si fanno sconti. E non importa che il rampollo – o, nel caso di specie, la principessina di casa – abbia da tempo raggiunto la maggiore età, viva in altra città e sia iscritta al settimo anno d’un corso di laurea triennale, che se i numeri non fosse un’opinione avrebbe già dovuto conseguire due volte almeno la sacra e poco sudata carta. Non conta che la fanciulla in questione, a 26 anni suonati, a fronte di un riconosciuto «non efficace impegno nello studio e nel lavoro», sia stata invitata «a rientrare a casa dalla sede universitaria prescelta per consentirle di recuperare a fronte del poco impegno dimostrato». Neppure interessa che per favorire il suo rientro le sia stata riservata nella magione paterna «una zona dell’abitazione a suo uso esclusivo e personale per non essere disturbata dagli altri soggetti ivi residenti», magari per svolgere – su suggerimento del generoso capofamiglia – «progetti con valenza educativa e lavorativa alternativa agli studi universitari dalla stessa rifiutati».Totò, 1955 - http://en.wikipedia.org/wiki/Tot%C3%B2

Niente. Nulla di tutto ciò è sufficiente. Per i togati triestini i figli vanno tutelati, anche se adulti e vaccinati. Come? Garantendo loro, avrebbe detto Totò, lavatura imbiancatura e stiratura. Oltre alla paghetta, ovvio: «I figli non ancora indipendenti economicamente hanno diritto ad essere mantenuti dai genitori». Pure perché, e ci mancherebbe altro, «si deve riconoscere la possibilità di una certa inerzia nella maturazione che porta all’indipendenza dei giovani ragazzi».

Insomma, che la prole vada male o scuola o non abbia voglia di lavorare, che sia in fasce o già coi capelli bianchi, non fa differenza. Per non dispiacere l’eccellentissima Corte, i figli andranno tenuti e mantenuti a casa fino alla soglia dei quarant’anni, salvo complicazioni.

Condannati a tirar su bamboccioni. Per legge. Totò, sempre lui, incontrando quei giudici non avrebbe avuto esitazioni: ma mi facciano il piacere!

Tag: , ,