Le tasse spiegate a mio figlio
Ho deciso di spiegare a mio figlio di 7 anni cosa sono le tasse e cosa è lo Stato.
L’ho autorizzato a fare un mercatino dove vendere i suoi vecchi giocattoli e i fumetti ormai imparati a memoria. Lui, tutto felice e pieno di fervore imprenditoriale, ha iniziato i preparativi. Sul marciapiede davanti casa ha allestito un perfetto punto vendita; ha aperto due scatoloni e sopra, seguendo un preciso ordine cromatico, ha piazzato la sua mercanzia: un vecchio gioco Cluedo senza dadi, una serie completa di fumetti di Peppa Pig, qualche soldatino fuori moda, un fucile ad acqua in perfette condizioni, varie sorprese residue delle ultime uova di Pasqua, una sciabola dei pirati con kit completo di benda, uncino e cappello alla Johnny Depp, una decina di Gormiti (specie di mostriciattoli combattenti e colorati che abitano l’isola di Gorm), un paio di games della Wii ritenuti obsoleti e il vecchio “Fifa 2012” della Xbox con cui giocavo ormai solo io.
Ha messo in piedi un allestimento da manuale di marketing con tanto di prezzi scritti a pennarello su cartoncino bristol. Ha sfoderato la sua migliore tecnica da vu cumprà, tra il pietoso e l’insolente, per fermare i vicini e costringerli a comprare qualcosa ed è rimasto al suo posto con l’entusiasmo di chi scopre il valore di sé.
Alla fine di una giornata d’intenso lavoro ha tratto i suoi frutti: 12 euro di guadagno. Niente male.
A quel punto l’ho chiamato e gli ho detto: “Ora la metà di quello che hai ricavato spetta a me”. Lui, sorpreso e irritato, mi ha risposto: “Perché? Tu non hai fatto nulla”. Siccome dovevo giustificare la mia estorsione, gli ho spiegato: “Sì invece. Ti ho autorizzato a svolgere questa attività e ho vigilato che non ti accadesse niente di pericoloso”. Lui ha provato una difesa estrema: “Ma se sei stato tutto il tempo davanti alla tv a guardare i mondiali!”. “Sbagli – ho risposto con calma burocratica – la mia presenza era garanzia che tutto funzionasse, che ci fosse il marciapiede su cui montare il tuo banchetto e far camminare i passanti; e ho persino fatto in modo che non piovesse”.
Il piccolo mi ha guardato senza parole, scoprendo per la prima volta che c’è qualcosa d’insensato nel mondo.
Io ho continuato: “Comunque non preoccuparti, con la restante metà potrai fare ciò che vuoi; puoi comprarti un bel gelato o delle caramelle, ma sappi che a me spetta circa il 30% di tutto ciò che ti compri”.
Lui ha abbozzato un sorriso pensando che scherzassi, poi ha capito che dicevo sul serio. Il mondo di fiducia paterna su cui aveva costruito la sua vita è crollato. Con la vocina tremolante ha esclamato: “Ma non è giusto!”. “Bravo, piccolo mio, ora hai capito cos’è lo Stato e cosa sono le tasse”.
Immagine: Quentin Massys, I due esattori, Kunstmuseum Liechtenstein, inizio XVI sec.