Ha vinto Juncker, il talebano dell’eurocrazia
Alla fine Forza Italia ha votato Jean-Claude Juncker, il tecnocrate illiberale, nemico acerrimo di Berlusconi (tanto da partecipare al complotto del 2011 contro il premier italiano democraticamente eletto) e compagno di merende di Martin Schultz che, infatti, ha salutato la sua nomina come “un giorno storico per l’Europa”.
Qualche giorno fa su Il Giornale, avevo elencato i 5 motivi per i quali il voto a Juncker sarebbe stato un suicidio per l’Italia e per Forza Italia.
A questi se ne potrebbero aggiungere molti altri. Per esempio il fatto che Juncker, nel 2013, da capo del governo lussemburghese, fu costretto alle dimissioni dopo lo scandalo delle intercettazioni illegali fatte dai servizi segreti del suo paese (e di cui lui era il responsabile); cosa che non dovrebbe rassicurare i difensori europei dei diritti individuali.
Ieri mattina l’eurodeputata di Forza Italia, Elisabetta Gardini ha ribadito il perché del voto del suo partito al tecnocrate lussemburghese: “Le priorità di Juncker – ha dichiarato – sono le nostre priorità: sburocratizzazione e dimensione sociale dell’Europa”. Ora, premesso che chiedere a un burocrate europeo di sburocratizzare l’Europa è un po’ come chiedere a Charles Bukowski di fare il testimonial per una campagna contro l’alcolismo; ma se la “dimensione sociale” che insegue l’Europa è quella generata dalle politiche recessive di rigore e austerity mescolate da interventi neo-keynesiani (come Juncker ha annunciato e in fondo ha sempre perseguito), allora il problema è irrisolvibile.
L’esponente di Forza Italia ha anche affermato che la nomina di Juncker “è una data storica” (stessa frase di Schultz) poiché è la prima volta che un Presidente della Commissione europea viene eletto dal Parlamento; è come se la sua nomina “fosse uscita dalle urne perché gli elettori hanno indicato il suo nome”. Ragionamento azzardato: sarebbe molto curioso trovare un solo elettore che, votando Forza Italia alle ultime europee, abbia pensato di votare Juncker; semmai se ne troverebbero molti che non avrebbero votato, se solo avessero immaginato che Forza Italia avrebbe votato Juncker.
Ma il punto non è questo. Sul Daily Telegraph, Ambrose Evans-Pritchard ha recentemente spiegato che il voto del Parlamento europeo viola il Trattato di Lisbona che prevede che il Presidente della Commissione (di fatto il capo dell’esecutivo) sia scelto solo dai leader di governo dei 28 paesi, che ne rispondono davanti ai loro cittadini; e questo non a caso, poiché il trattato non prevede uno Stato europeo ma difende le democrazie nazionali e le loro sovranità. Con questo atto, invece, si è aperta la strada ad un ruolo dell’Europarlamento che diventa il braccio armato degli organismi europei sovranazionali, allontanando ancora di più il potere decisionale dai cittadini europei.
La cosa non deve sorprendere perché Juncker, in questi anni, ha perseguito proprio questo obiettivo. La sua idea di Europa non è semplicemente federale (come temono gli inglesi che, infatti non l’hanno votato) ma peggio: è tedesco-federale: una visione in cui le nazioni vengono trasformate in Länder e governate dalla Commissione Europea e dalla Bce.
Juncker è un talebano dell’eurocrazia e dell’euro, convinto assertore (e l’ha confermato nel suo discorso d’insediamento) che la moneta unica non sia solo una moneta, ma una sorta di divinità che separa l’Europa dalla sua fine, come un dio separa la luce dalle tenebre.
Con l’elezione di Juncker (e con quella, qualche settimana fa di Schultz e con la spartizione prossima di tutti i posti di governo dell’Europa), popolari e socialisti pur di arginare il ruolo emergente dei partiti euroscettici usciti rafforzati (e in alcuni casi vittoriosi) alle ultime europee, stanno accelerando il processo di centralizzazione e di svuotamento delle democrazie nazionali rafforzando quello delle burocrazie.
Insomma con Juncker avremo un’Europa più sovietica (cioè burocratizzata) e più tecnocratica (più soggetta ai poteri finanziari). Un grande risultato.
Buona Eurocrazia a tutti.