L’immagine del poliziotto francese ferito a terra che chiede clemenza e del suo boia che gli spara alla testa è l’immagine di ciò che loro nutrono per noi: un odio senza pietà.

IL LIBRO DELLA VIGLIACCHERIA
Era tutto scritto da anni nel libro della vigliaccheria di questa Europa incapace a capire che siamo in guerra e che un nemico spietato e crudele ha deciso di distruggerci dentro casa nostra. Questo libro ha molti capitoli di sangue e orrore che tanti si rifiutano di leggere: ipocriti intellettuali, pavidi governanti, criminali buonisti che predicano il multiculturalismo per nascondere la loro assenza di onore e coraggio.
Il titolo di questo libro potrebbe essere: “La guerra in casa nostra”. Non parla di un dramma familiare ma della tragedia di una civiltà piegata in se stessa, impaurita, indifferente, miope, sazia di storia e di destino.
In questi anni sono stati scritti molti capitoli di questo libro ma è come se ogni volta ci trovassimo di fronte al primo. Gli altri li abbiamo strappati.
Un capitolo fu scritto il 2 novembre del 2004 quando a Theo Van Gogh, regista olandese, fu squarciato il cuore alla periferia di Amsterdam da un integralista islamico; la sua colpa, aver girato un film denuncia sulla condizione delle donne nell’Islam.
Quando un anno dopo Ayaan Hirsi Ali, donna intellettuale somala in prima fila nella lotta per i diritti delle donne musulmane, fu costretta ad abbandonare l’Olanda e trasferirsi nella libera America per una vergognosa sentenza del Tribunale dell’Aia che ritenne troppo pericoloso difenderla dalla fatwa lanciata contro di lei, il secondo capitolo di viltà e ignavia fu concluso.
Un altro capitolo fu scritto il 7 luglio del 2005 a Londra, quando quattro attentatori suicidi fecero saltare in aria tre treni della metropolitana e un autobus causando 55 morti e 700 feriti; anche l’anima dell’Inghilterra fu sventrata quando si scoprì che gli attentatori erano tutti giovani cittadini inglesi di religione islamica. Come Michael Adebolajo, il giovane nigeriano inglese che nel 2013 decapitò alla periferia di Londra un soldato inglese al grido “Allah Akbar”, mostrando il machete insanguinato.
Un altro capitolo, quello simbolicamente più eloquente, è questo video girato a Londra nel 2006, durante una manifestazione d’integralisti davanti all’ambasciata danese in occasione delle proteste che incendiarono tutta Europa per le famose vignette anti-islamiche: cittadini inglesi che manifestano inneggiando alla Jihad in Europa, protetti da un cordone di poliziotti che garantisce loro il diritto ad minacciare la distruzione di chi difende la loro libertà di espressione. La follia di difendere chi vuole annientarti.
Un capitolo a parte fu la strage di Tolosa del 2012, quando un giovane franco-algerino di 23 anni decise di scatenare la sua jihad personale, ammazzando tre militari francesi (tre) e poi massacrando un professore e tre bambini nella scuola ebraica della città (il più piccolo aveva tre anni, la più grande otto uccisa con un colpo alla tempia a bruciapelo).
Capitoli su capitoli, il libro nero delle nostre paure di europei si riempie di pagine e orrore. Come quello dei tre morti nella sinagoga di Bruxelles di qualche mese fa.
Qualche settimana fa l’intelligence tedesca ha avvertito: sono migliaia i musulmani europei impegnati con i jihadisti in Siria, Libia, Iraq e Libano (400 solo dalla Germania). Cosa succederà quando molti di loro, tedeschi, inglesi, francesi, svedesi, olandesi, rientreranno nei loro paesi, perfettamente addestrati alla guerra, all’orrore e carichi di un odio ancestrale verso la civiltà che li ospita?

NON CONQUISTATI MA DISTRUTTI
Non basterà continuare con le vostre litanie ipocrite: “dialogo, convivenza, accoglienza, comprensione, integrazione, perdono”.
L’Europa deve capire che siamo in guerra; una guerra diversa dalle altre. Il nemico è impalpabile ma presente. Si nasconde nella nostra quoditianità, spesso vive con noi. Si ciba della nostra paura e del nostro quieto vivere, della nostra perdita di identità e di senso, di ciò che siamo stati e di ciò che saremo. Questo nemico non vuole conquistare un territorio, una città, una regione. Vuole distruggerci, annientarci. Vuole cancellare ciò che noi siamo: la nostra idea di libertà, d’individuo, di donna, di vita, il paesaggio di diritti e doveri che faticosamente l’Occidente ha conquistato e faticosamente preserva; la nostra idea di futuro.
Noi siamo in guerra. E cosa si fa in guerra? O si combatte o si scappa e noi non stiamo combattendo. Speriamo non ci raggiungano troppo presto.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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