Il padrone del Pd
L’IDEOLOGIA DELLA ROTTAMAZIONE
“Per 20 anni abbiamo ironizzato sul partito padronale di Berlusconi; ora siamo noi a trovarci con un padrone nel partito”. E’ una considerazione amara e preoccupata quella di un parlamentare del Pd di fronte alle convulsioni in cui versa, in questi giorni, il principale partito di sinistra italiano.
“La differenza – continua – è che Berlusconi il suo partito se l’è fondato e finanziato con i soldi suoi; mentre il nostro padrone si è preso un partito che altri hanno fatto e altri hanno finanziato”. Il riferimento a Renzi non è casuale.
Il parlamentare di lungo corso non è un antirenziano, anzi; ha visto la svolta liberal di Renzi come salutare per una sinistra incapace di pensarsi oltre i suoi stereotipi. Eppure intravede nella spregiudicatezza con cui il Premier gestisce il partito, un rischio che non è solo politico ma culturale: il cambiamento della natura partecipativa della sinistra italiana.
Non ha tutti i torti. Vista da fuori la sufficienza e l’arroganza con cui Renzi affronta ogni questione interna impressiona; è come se la “rottamazione”, cavallo di battaglia del renzismo, sia diventata un’ideologia e, come tutte le ideologie, professata con totalità, arroganza e fanatismo.
IL BLUFF DELLE PRIMARIE
Il recente caso Cofferati, è da questo punto di vista, emblematico: lo scandalo dei brogli avvenuto durante le primarie in Liguria (comprovati in almeno 13 seggi dal Comitato di garanzia del partito) che hanno portato alla sconfitta dell’ex leader sindacale colpisce soprattutto per gli esiti. Il modo in cui Renzi ha liquidato la questione (“il caso è chiuso”) rende l’idea di cosa è veramente un partito padronale (altro che quello di Berlusconi).
Cofferati ha lasciato il Pd sdegnato denunciando “un grande problema etico oltre che politico, che riguarda i nostri valori di riferimento”. D’altro canto, le immagini delle famiglie di cinesi e marocchini in fila per votare ai seggi del Pd e poi dagli scrutatori a chiedere dove ritirare il compenso pattuito, non rendono l’idea di una sinistra moderna. Sembra più il partito di Achille Lauro, quello che regalava la scarpa sinistra prima del voto e la destra ad elezione avvenuta.
A ben vedere il problema c’è ormai da anni: è successo a Napoli nel 2011 (primarie annullate) e a Milano. Nel 2014 a Roma (quelle per scegliere il candidato sindaco) cambiò solo il reclutamento etnico: gli immigrati furono sostituiti da famiglie rom impegnate in una convinta opera di partecipazione democratica (quasi tutte del campo nomadi gestito dalla Cooperativa di Buzzi al centro dello scandalo di Mafia Capitale).
Sembra lontano quel trionfante 2005, quando le primarie furono sperimentate per la prima volta (ancora non c’era il Pd), con la grandiosa vittoria di Prodi e gli oltre 4 milioni di partecipanti al voto. A distanza di 10 anni quello che doveva essere uno strumento di trasparenza e di unità si trasforma puntualmente in un momento di divisione e conflitto nel partito.
La questione non è secondaria perché, ricordiamolo, Renzi si è ritrovato Presidente del Consiglio non con il voto degli italiani, ma solo per aver vinto le primarie del Pd.
E sono in molti oggi dentro il partito, che pensano che Cofferati abbia ragione. Non solo gli oppositori espliciti di Renzi (la sinistra Pd di Fassina, Civati o Cuperlo) ma anche alcuni di coloro che lo hanno sostenuto.
Il nostro interlocutore lo dice chiaramente: “che piaccia o meno, Cofferati appartiene alla storia della sinistra italiana. E’ stato l’ultimo segretario della Cgil in grado di mobilitare piazze oceaniche e far percepire il sindacato ancora come una forza sociale non può essere trattato alla stregua di un consigliere comunale”.
CATTO-PADRONISMO
Ma il Renzi padrone, non ci sente. La sua concezione della democrazia interna supera persino la caricatura del berlusconismo che la sinistra ha fatto per anni; anche perché, al contrario, il vero limite del Cavaliere è stato quello di aver fatto svolgere il ruolo di padroni, nel suo partito, a comprimari e colonnelli.
Il Pd che doveva far cessare “la stagione dei partiti padronali”, come la definivano gli intellettuali di Repubblica, oggi si ritrova con un padrone assoluto. Nell’infinita nemesi della sinistra italiana, c’è anche questo: il passaggio dal cattocomunismo al “catto-padronismo”.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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