matteo-renziBIGLIETTO SCADUTO
Qualche giorno fa, Matteo Renzi ha definito Silvio Berlusconi “un biglietto scaduto”; che detto da uno che, il biglietto non l’ha mai pagato, è paradossale.
L’abitudine ai giudizi sprezzanti ed offensivi verso i propri avversari interni o esterni, è una prerogativa di Renzi, spiegabile con diverse ragioni: la giovane età, l’inesperienza generata dalla facilità con cui si è ritrovato a guidare un’importante nazione occidentale senza aver avuto il merito di nulla e, soprattutto, un’arroganza coltivata crescendo a pane e politica nel più oliato sistema di potere clientelare e corrotto di questo paese: quello della Toscana delle cooperative rosse, dei circoli Arci, delle parrocchie catto-comuniste, della massoneria illuminata, dei banchieri intoccabili e dei magistrati amici di famiglia.

Il carattere arrogante e la convinzione di essere terribilmente spiritoso quando manca di rispetto agli altri, fanno di Renzi un prototipo della grande commedia italiana, di quei personaggi a metà strada tra Amici Miei e Alberto Sordi che rappresentano la nostra anima peggiore. Ma la sensazione, a lungo andare, è che Renzi abbia un culto viscerale di se stesso spropositato rispetto a ciò che fino ad oggi è stato capace di fare come politico (visto che poi nella vita ha fatto solo questo). Sorge il sospetto che soffra di un malcelato senso d’inferiorità che spocchia e sbruffonaggine tentano legittimamente di colmare.
D’altro canto la sua ascesa, repentina e costruita su un susseguirsi di avvelenamenti di pozzi, coltellate alla schiena ai suoi amici, tradimenti, bugie, intrighi, richiede necessariamente una tensione alta e un’aggressività permanente per allontanare il pericolo dei tanti nemici prodotti.

IL BAGARINO
Il Cavaliere ha risposto a Renzi che, prima di dare del “biglietto scaduto” ad altri, dovrebbe imparare a pagarne qualcuno (di biglietto), facendo chiaramente riferimento al modo in cui il Rottamatore è diventato Presidente del Consiglio.
Perché si può discutere quanto si vuole, ma Berlusconi è uno dei pochi leader che può vantare ascese politiche tutte legittimate dal voto popolare, dal consenso dei cittadini, dal rispetto delle regole della democrazia.

Renzi, al contrario, a Palazzo Chigi c’è salito come un clandestino sui barconi libici, trasportato di nascosto dai soliti trafficanti di potere che gli hanno fornito i documenti falsi. E una volta arrivato, non si è neppure preoccupato di chiedere asilo politico ma ha preteso la cittadinanza piena pur non avendo nessun requisito (che in democrazia si chiama sovranità popolare).
Si è infilato nel vuoto di autorità generato dall’eliminazione politica di Berlusconi avvenuta prima con il complotto del 2011; e poi, nel 2013, con la sua estromissione dal seggio senatoriale e dalla politica attiva, attraverso quella legge Severino che ora il Pd e Renzi vorrebbero modificare per non applicarla ai loro amici condannati.

La spregiudicatezza di Renzi, che all’inizio ha affascinato l’opinione pubblica alla ricerca di una leadership, non ha, per ora,  portato alcun risultato reale se non una valanga di tweet e slide di annunci e proclami alla nazione.
La sua tecnica è mettersi davanti ai cancelli dello stadio e, giocando con i bisogni della gente, vendere a caro prezzo biglietti che costerebbero la metà.
Per rimanere nella metafora, Renzi non è un “biglietto scaduto”; assomiglia di più a un bagarino.


 

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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