La Santa Alleanza Nato-Goldman Sachs
La notizia dovrebbe solleticare la curiosità dei grandi giornalisti di quel “circo Barnum” che è il mainstream occidentale; invece nulla, è passata stranamente inosservata.
Anders Fogh Rasmussen, ex Primo Ministro di Danimarca e Segretario Generale della Nato fino ad un anno fa, è entrato nelle file della potente banca d’affari Goldman Sachs.
Bloomberg News, tra i pochi a dare la notizia, ha legato la sua nomina alla necessità di “contribuire ad affrontare gli ostacoli politici” che la banca ha nello scandalo Dong.
Di cosa si tratta?
LO SCANDALO DONG
Dong Energy è la più grande azienda energetica danese a maggioranza pubblica. Nel Novembre del 2013 Goldman Sachs, attraverso un suo Fondo (il New Energy Investment), ha acquistato il 18% delle azioni ad un prezzo di 1,5 miliardi di dollari (circa 8 miliardi di corone danesi).
L’acquisizione, avvenuta con l’autorizzazione dell’allora governo socialista ed ampliata a due fondi pensione danesi, ha creato uno scandalo enorme. I motivi, come ricorda il blog Zero Hedge, furono la concessione a Goldman Sachs del diritto di veto su scelte strategiche e di management (in genere riservato ai detentori di almeno il 33% delle quote), ma soprattutto il fatto che il prezzo di vendita non avrebbe tenuto conto di un’operazione che, di lì a poco, sarebbe stata conclusa e che avrebbe aumentato enormemente il valore di Dong: la realizzazione in Gran Bretagna (uno dei principali mercati di riferimento) di un imponente parco eolico offshore (cioè costruito sul mare). Operazione di cui erano a conoscenza, secondo l’accusa, sia il governo che Goldman Sachs.
In altre parole, il Ministero delle Finanze di Copenaghen, al momento della vendita delle quote, avrebbe sottostimato il valore compelssivo di Dong a 31 miliardi di corone, ben sapendo che dopo poco sarebbe schizzato oltre i 50 miliardi; insomma un regalino di non poco conto ai banchieri di Goldman Sachs.
Lo scandalo ha portato alle dimissioni molti ministri del governo di sinistra della bella Helle Thorning-Schmidt (ve la ricordate la signora che durante i funerali di Mandela faceva i selfie sorridenti con Obama e Cameron?) e poi alla vittoria dei conservatori nelle elezioni del giugno scorso.
I DUE RASMUSSEN
Ma cosa c’entra Anders Rasmussen in questa storia?
Dal giugno scorso in Danimarca è al governo il liberale Lars Løkke Rasmussen che non ha alcna parentela con il “nostro” Rasmussen, ma una dipendenza per così dire “funzionale”; infatti è stato ministro in tre dei suoi governi (ricoprendo tra gli altri i ruoli fondamentali di Ministro degli Interni e delle Finanze) e poi suo successore quando Anders lasciò l’incarico per la Nato.
In Danimarca è pronta una Commissione d’inchiesta per avere accesso ai documenti dell’accordo Dong che erano stati secretati dal precendente governo perché ritenuti “troppo sensibili” persino per i membri del Parlamento.
Quindi Goldman Sachs ha preso come consulente per il caso Dong, un ex Primo Ministro danese (Anders Rasmussen) di cui, l’attuale capo del Governo (Lars Rasmussen) è l’uomo più fidato.
Un’operazione da manuale sul “come blindare uno scandalo finanziario”.
L’ASSE NATO-GOLDMAN SACHS
Ma il vero problema è un altro e travalica il contesto danese.
La domanda che ci si pone è questa: è normale che l’uomo che fino ad un anno fa era a capo della più potente organizzazione militare del mondo (la Nato), venga poi assunto da una delle più potenti banche d’affari del mondo al centro dei peggiori scandali finanziari degli ultimi tempi (Goldman Sachs)?
Rasmussen è stato tra i principali sostenitori della folle guerra alla Libia (che lui stesso definì “uno dei capitoli di maggior successo nella storia della Nato”), le cui ragioni umanitarie furono inventate a tavolino e il cui il disastro geopolitico ampiamente previsto (come abbiamo spiegato in questo video).
Ed è colui che ha maggiormente sponsorizzato il coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica nella crisi Ucraina per generare un punto di non ritorno con la Russia.
Il suo ingresso in Goldman Sachs avvalora sempre più la sensazione che la Nato si stia trasformando, da strumento di difesa delle democrazie occidentali, a strumento di interesse della grande finanza globale.
Il confine tra il potere delle armi e quello del denaro è sempre più labile e la sovranità degli Stati sempre più debole rispetto al potere delle grandi tecnocrazie.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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