Diritto alle armi!
UNA QUESTIONE DI PRINCIPIO
Per alcuni, il pensionato che ha sparato ad un ladro è già un assassino; prima ancora che le indagini si concludano, prima ancora che sia stato giudicato da un tribunale, è stato giudicato da una parte dell’opinione pubblica: quella solitamente moralista e ipocrita.
Eppure la questione travalica la tragedia di ciò che è accaduto, compreso il dramma della morte di un uomo; la questione arriva a toccare il fondamentale principio della legittima difesa e del diritto di ogni cittadino a tutelare la propria sicurezza e quella di chi ama quando essa è minacciata.
IL SECONDO EMENDAMENTO USA
In America, nella più grande democrazia del mondo, il dibattito sul diritto all’autodifesa e sulla libertà di detenere armi, è acceso da sempre, divide l’opinione pubblica, caratterizza le campagne elettorali ed esplode quando la cronaca porta alla ribalta episodi di stragi e abusi d’uso.
Non solo, ma in America la questione rappresenta la vera differenza tra destra e sinistra, molto più che le tasse o i matrimoni gay.
Il diritto per ogni cittadino a possedere armi è sancito dalla Costituzione americana; quella del “We the People”, la più straordinaria carta delle libertà fondamentali.
Il famoso Secondo Emendamento, voluto da James Madison e dagli altri Padri fondatori della nazione americana, recita: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”.
LA RIVOLUZIONE DEL CITTADINO-ARMATO
La Rivoluzione Americana fu una rivoluzione della gente comune in possesso di armi.
Le milizie cittadine, con la loro guerriglia e le tattiche da irregolari, furono la vera spina nel fianco dell’esercito di Sua Maestà, molto più dei soldati in divisa di George Washington o del supporto navale francese.
Furono queste “milizie locali” fatte di coloni e borghesi con il loro lunghi Kentucky a canna rigata capaci di colpire un uomo fino a 400 metri, ad infliggere perdite micidiali soprattutto tra gli ufficiali inglesi senza i quali i reparti della Corona diventavano vulnerabili.
I Padri fondatori lo sapevano bene quando redassero la Carta nel 1789; per essi, come ha scritto Gary North, “era il cittadino-guerriero armato di fucile a possedere la piena sovranità politica”; sia esso inquadrato nelle milizie dei singoli stati federali, sia come semplice individuo.
L’emendamento fu da subito al centro di interpretazioni tra chi riteneva che il diritto alle armi andasse limitato ai contesti di guerra e chi invece lo vedeva un diritto civile individuale.
E quando nel 1903 Elihu Root, forse il più grande Ministro della Guerra americano, colui che diede forma al moderne Forze Armate Usa, “statalizzò” le milizie locali trasformandole in Guardia Nazionale alle dipendendenze dello Stato centrale, il Secondo emendamento diventò garanzia individuale per concedere ai singoli cittadini, in regola con la legge, il diritto all’autodifesa.
Per la sinistra questo è sempre stato inaccettabile; eppure i sondaggi anche fatti sull’onda emozionale di avvenimenti tragici come la recente strage in un campus dell’Oregon, dimostrano che la maggioranza degli americani non vuole leggi restrittive sulla detenzione delle armi.
UNA VISIONE DELL’UOMO E DELLO STATO
Alla base c’è una visione differente su due aspetti: l’uomo e lo Stato.
Per la cultura di sinistra la responsabilità individuale è secondaria rispetto ad un presunto contesto sociale che determina un comportamento; se uno ruba lo fa perché è povero o per disagio sociale.
Per la destra, invece, la tue scelte determinano il tuo destino; e di queste scelte devi rispondere di fronte alla legge e agli altri uomini.
Inoltre la sinistra immagina una società in cui il ruolo dello Stato sia maggiore in tutti i campi, dall’economia all’istruzione, alla sanità; in questa visione è naturale dare allo Stato il monopolio nell’uso della forza e la delega alla difesa e alla protezione dei cittadini, anche quando è evidente che non può farlo.
Per la destra (sia quella conservatrice che libertaria) lo Stato è solo un elemento ordinatore ma deve limitare la sua ingerenza nella società.
Queste due concezioni si scontrano da sempre alimentando sopratutto il dibattito sul diritto alle armi, arrivando persino, per giustificare leggi più restrittive, a produrre surreali statistiche come questa, in cui si dimostra che dal 1970 sono morti più cittadini americani per le armi (compresi suicidi o incidenti) che in tutte le guerre combattute dagli Usa. Una statistica ridicola che potrebbe essere allargata a tutti gli ambiti; per esempio agli incidenti automobilistici, senza per questo comporti il divieto all’uso delle auto e alla libera circolazione.
IL CITTADINO ARMATO CONTRO LA CRIMINALITÀ
Sarebbe ora che anche in Italia, una destra coraggiosa, rivendicasse il diritto all’autodifesa in casa propria come diritto fondamentale e inalienabile di una libertà concreta.
Non stiamo parlando di cittadini che si “fanno giustizia da soli” come le anime belle della sinistra dipingono il principio dell’autodifesa; stiamo parlando del diritto di un cittadino a difendere se stesso, i propri cari e ciò che è suo quando sono minacciati.
Vietare l’uso delle armi significa disarmare le persone oneste che non potranno difendersi; e significa armare i malviventi che non avranno difficoltà a reperire una pistola o un fucile (pensate in un paese come l’Italia con intere regioni in mano alla criminalità organizzata).
E allora, la destra proponga pure pene più severe per chi usa le armi in mezzo ad una strada, per chi va in giro come un cowboy, per chi possiede armi non avendone il diritto, ma si faccia carico di una battaglia di civiltà: quella della libertà e del diritto per ogni cittadino onesto di difendersi in casa propria, ben sapendo che in molte circostanze, lo Stato non può farlo.
E lo Stato si preoccupi di garantire l’addestramento alle armi per i cittadini che si vogliono autodifendere.
Il cittadino onesto armato scoraggia un criminale molto più che una telefonata di richiesta di aiuto al 113.