marinoMARINO & CROZZA
Marino ha fatto bene a ritirare le sue dimissioni.
Certo a prima vista, ciò che ha fatto l’ex ex-sindaco di Roma rende di una comicità surreale la situazione politica romana: un sindaco che si dimette da non indagato e poi ritira le sue dimissioni una volta che sa di essere indagatoNon si riesce a capire se il vero Marino sia Crozza quando fa Marino o se il vero Crozza sia Marino quando fa il sindaco. Eppure la questione delle dimissioni ritirate squarcia il velo d’ipocrisia sul comportamento indecente di un Pd che da anni violenta le regole della democrazia con manovre di palazzo in funzione dei giochi di potere interni e degli scodinzolamenti verso quei centri d’interesse (banchieri, magistrati, grandi gruppi industriali) di cui ormai rappresenta il terminale politico.

UNA DEMOCRAZIA BLOCCATA DAL PD
Nel ritirare le dimissioni, Marino sa perfettamente di andare incontro ad una figura ridicola; ma facendolo toglie ogni alibi al Pd renziano abituato a fendere coltellate nell’ombra o a tirare sassi nascondendo la mano.

Da troppo tempo la vita istituzionale del nostro paese è condizionata dalle questioni interne del Pd e dalla spregiudicatezza di un leader, Renzi, il cui disprezzo per le regole democratiche va di pari passo con il disprezzo per i propri avversari interni ed esterni; nemesi di una sinistra che ha per due decenni definito antidemocratico un centrodestra il cui leader è diventato Presidente del Consiglio sempre e solo con il voto degli italiani e che rappresenta l’ultimo governo eletto dai cittadini, dopo che questa sinistra ha prima consegnato il paese alle tecnocrazie illuminate rappresentate da Napolitano e Monti ed ora ad un arrogante politico che senza mandato popolare sta cambiando persino la Costituzione.

#ENRICOSTAISERENO
Non va mai dimenticato che Matteo Renzi è diventato Presidente del Consiglio attraverso una delle operazioni più scandalose nella storia repubblicana: una maggioranza parlamentare votò un nuovo Presidente del Consiglio senza che fosse sfiduciato quello precedente. Se Enrico Letta, allora, non avesse chinato la testa e si fosse opposto al suo sacrificio rituale come sta facendo Marino, il Pd avrebbe dovuto rispondere di fronte al Paese di una violenza alle regole democratiche senza precedenti.
Quando nel 1998 Romano Prodi si dimise consegnando Palazzo Chigi al primo Presidente del Consiglio comunista, Massimo D’Alema, lo fece dopo essere andato in Parlamento ed aver raccolto la sfiducia della sua maggioranza. Letta, invece, accettò di andarsene su ordine della Direzione nazionale di un partito come se nulla fosse.

DALLE DIMISSIONI ALLE DISMISSIONI…DEL PD
Marino non è Letta; innanzitutto non è proprio un gentleman (ne ha dato più volte dimostrazione) e non è uno che ha molto senso delle Istituzioni (l’indagine per peculato che lo coinvolge è imbarazzante!). Ma a suo favore va detto che lui, a differenza di Letta, è stato scelto dagli elettori del Pd attraverso le primarie ed eletto direttamente dai cittadini romani. Per questo la sua decisione è giusta. Se il Pd vuole fare fuori il suo sindaco, quello che ha imposto alla città, bene, lo faccia alla luce del sole: lo sfiduci pubblicamente. Faccia dimettere i suoi assessori, i suoi consiglieri i suoi militanti i suoi cittadini; faccia l’Aventino rosso e quello democratico, insomma faccia ciò che vuole, ma si prenda la responsabilità davanti ai romani di aver scelto un sindaco che è stato disastroso non solo per gli scontrini ma per come ha governato Roma; e di mandarlo a casa gettando la città nel caos istituzionale alla vigilia di un Giubileo e nel mezzo di uno scandalo di Mafia Capitale che, nonostante le manipolazioni della stampa e dei soliti intellettuali d’apparato, ha il suo centro corruttivo proprio nella sinistra romana, nel suo partito guida e nel sistema clientelare delle cooperative rosse.

Insomma è ora di passare dalla dimissioni di Marino alle dismissioni del Pd.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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