DUE DOMANDEharold
Cosa pensa il mondo del capitalismo? Come si sta trasformando il capitalismo? Le due domande a 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino e dall’implosione del modello comunista, sono quanto mai attuali. La crisi economica in Occidente, l’erosione della classe media (quella borghesia che è stata la spina dorsale della crescita capitalista) e lo svuotamento di sovranità delle democrazie liberali che sono la forma politica dentro la quale il capitalismo si è espresso, danno l’immagine di un modello in crisi.

L’IDEA DEL CAPITALISMO
Legatum Institute, un think tank britannico impegnato nella “rivitalizzazione di capitalismo e democrazia”, ha commissionato a YouGov, uno dei principali istituti di ricerca internazionali, un sondaggio in sette nazioni: tre del cosiddetto “mondo sviluppato” a capitalismo consolidato (Usa, Gran Bretagna e Germania) e quattro dei mercati emergenti, alcuni dei quali attraversati da rapide crescite e trasformazioni (Brasile, India, Indonesia, Thailandia). I risultati sono inaspettati.

1) I POVERI PIÙ POVERI: in tutti e sette i paesi, gli intervistati pensano che il capitalismo renda i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Lo pensano persino nella patria del capitalismo, il 55% degli americani.

2) LIBERA IMPRESA MEGLIO DELLO STATO: la maggioranza delle persone ritiene che la libera impresa combatta la povertà meglio dello Stato. Il pessimismo nei confronti del capitalismo è minore del pessimismo nei confronti dello statalismo.

3) IL CAPITALISMO NON È ETICO: per la grande maggioranza degli intervistati il capitalismo si fonda sempre su comportamenti non etici (corruzione, operazioni illegali, danni alla società). La percentuale di coloro che non credono nella moralità del business tocca il 70% arrivando al 74% in Gran Bretagna e al 77% in Thailandia. In Usa solo il 10% delle persone crede etica e affari vadano insieme.

4) COMUNITÀ VS INDIVIDUALISMO: la convinzione generale è che non ci possa essere un’economia forte senza legami comunitari. Quasi l’80% delle persone dei paesi emergenti ritiene famiglia e corpi sociali fondamentali per la crescita economica. Ma anche nei paesi occidentali la comunità è più importante dell’individuo (per quasi il 75% di inglesi e americani e per oltre l’80% di tedeschi).

5) L’OTTIMISMO: l’ottimismo, elemento sostanziale dello spirito capitalista, è scomparso nelle società avanzate mentre resta una straordinaria forza nei paesi emergenti; in India, Thailandia e Indonesia più della metà degli intervistati pensa che “la prossima generazione sarà più ricca, più sicura e più sana”; mentre solo il 24% degli inglesi lo pensa ed appena il 14% dei cittadini Usa. Come scrivono i curatori del sondaggio: “è difficile trovare prove più evidenti che il sogno americano sta morendo nei cuori e nelle menti degli stessi americani”.

6) FINE DEL LIBERO COMMERCIO: in tutti i paesi analizzati, la maggioranza pensa che bisognerebbe imporre misure protezionistiche sui prodotti esteri per difendere le proprie economie.

L’ÉLITE CHE DOMINA IL MONDO
Secondo i ricercatori, il capitalismo non sta fallendo, ha solo “un problema d’immagine”. Magari fosse così.
creditIl Global Wealth Report 2015 di Credit Suisse rivela che quasi la metà della ricchezza del mondo (48%) è ormai nelle mani di appena l’1% della popolazione; il restante 52% è quasi tutta posseduta dal 20%; l’80% del mondo si spartisce appena il 5,5% della ricchezza globale.

Secondo l’Oxfam, quei super ricchi che rappresentano l’1%, hanno visto le loro ricchezze accumularsi proprio negli anni della crisi economica; e mentre il resto del mondo s’impoveriva.
Nel 2010, le 80 persone più ricche al mondo detenevano una ricchezza netta pari a 1.300 miliardi di dollari; nel 2014 sono arrivate a 1.900 miliardi (un aumento del 50% in soli 4 anni); questo mentre la ricchezza del mondo è andata diminuendo. In altre parole, 3,5 miliardi di persone si spartiscono una ricchezza pari a quella delle prime 80 persone.
Il capitalismo ha smesso di produrre ricchezza diffusa: ora arricchisce solo un’élite.

E qual’è il settore che accumula maggiormente? Ovvio,  quello bancario, e solo dopo vengono quelli industriali (in primis le multinazionali farmaceutiche).

CONCLUSIONE
La trasformazione del capitalismo di produzione in capitalismo finanziario sta annientando i benefici del libero mercato e dell’iniziativa privata, sta distruggendo la classe media, sta concentrando sempre maggiori ricchezze nelle mani di pochissimi sbilanciando gli equilibri di potere e minacciando le democrazie. Un sistema in cui la diseguaglianza non è il motore per il miglioramento o per il riconoscimento dei meriti ma lo strumento di accumulo spaventoso di pochi ai danni dei molti.

Insomma, il capitalismo si sta trasformando nella sua negazione.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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