PutinÈ VERO RITIRO?
Era l’Ottobre del 2015, la Russia aveva iniziato le operazioni in Siria su richiesta del governo di Damasco, quando il presidente americano Barack Obama predisse: “il tentativo dei russi di aiutare Assad (…) non farà che bloccarli in un pantano e non funzionerà”.
A distanza di cinque mesi, Mosca nel pantano non c’è finita ed ora annuncia il suo “ritiro” dalla Siria per raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Nella terminologia comune il concetto di ritiro è spesso associato all’idea di sconfitta. Fu un ritiro quello americano in Vietnam e in Iraq; così come un ritiro fu quello sovietico in Afghanistan che ha però insegnato agli strateghi del Cremlino molte delle cose che non hanno ripetuto in Siria.
In questo caso, quello russo più che un ritiro è un “parziale disimpegno” visto che i russi manterranno in Siria la forza terrestre e navale stanziata nelle due basi militari di cui dispongono (quella aerea di Latakia e quella marina di Tartus, unico sbocco russo nel Mediterraneo), entrambe messe in sicurezza con l’intervento militare; così come buona parte delle attività di cooperazione e intelligence con Damasco. Mosca manterrà operativo anche il sofisticato sistema missilistico S-400, insediato all’indomani dell’abbattimento del jet russo da parte dei turchi come deterrenza contro Ankara ma, di fatto, diventato il sistema di protezione dei cieli siriani da qualsiasi altra possibile incursione.

Verrà ridotta solo la presenza aerea, poiché è probabile che la guerra in Siria stia cambiando la sua natura contro le rimanenti bande mercenarie dell’Isis ormai quasi del tutto sconfitte sul campo, private del sostentamento logistico ed economico con lo smantellamento delle reti di contrabbando del petrolio con la Turchia, e ridotte a ripiegare ad attività di guerriglia.

UNA SICUREZZA IMPRESSIONANTE 
La decisione russa denota una sicurezza impressionante, la consapevolezza di poter intervenire in qualsiasi momento occorresse ripristinare il lavoro fin qui svolto. 
Quello che colpisce sono i risultati che Putin ha raggiunto in pochi mesi dall’inizio delle operazioni. Risultati militari e diplomatici che spiazzano l’Occidente per la velocità e la determinazione con cui sono stati ottenuti:

 1) RAFFORZAMENTO DELL’ALLEATO SIRIANO: un anno fa la caduta di Assad era considerata imminente, tanto che dai servizi segreti Usa era giunto il suo “endgame”; i ribelli armati dall’Occidente (per lo più formazioni legate ad Al Qaeda) avanzavano in maniera inarrestabile, l’Isis allargava il suo dominio territoriale ed il regime scricchiolava al suo interno. Dopo appena cinque mesi di intervento russo in difesa dell’alleato siriano, lo scenario si è capovolto. Oggi l’esercito di Assad ha riconquistato molte delle roccaforti a sud e a nord e sembra in procinto di consolidare le province ad est.
Come ha spiegato Vincent Stewart, capo della Defence Intelligence Agency, i russi, in Siria, “hanno cambiato completamente il calcolo” della guerra.

2) SUCCESSO DIPLOMATICO: ma quello di Putin in Siria è soprattutto un capolavoro diplomatico che ha ottenuto due incredibili vittorie; le spiega Josh Cohen della Reuters:

  • Mosca ha raggiunto “il fondamentale obiettivo di trasformare la guerra siriana in una scelta binaria per l’Occidente tra l’orrore dello Stato islamico e la brutalità del regime di Assad”L’Occidente ha dovuto scegliere Assad ed oggi il “regime change” del governo siriano non è più nell’agenda della Casa Bianca. Esattamente ciò che Mosca voleva.
  • Mosca si è imposta come soggetto principale nel processo di pacificazione. All’inizio delle operazioni in Siria, gli americani assunsero un atteggiamento di fredda superiorità; dissero che non avrebbero riconosciuto alcun ruolo politico ai russi e che i rapporti tra i due paesi si sarebbero limitati al coordinamento delle operazioni per evitare rischi pericolosi di incidenti. Dopo pochi mesi, la Russia è diventata il principale interlocutore americano per la Siria; anzi, il contrario: ora sono gli Usa gli interlocutori dei russi. Il recente “cessate il fuoco” del 27 febbraio è stato negoziato direttamente da Washington e Mosca; ed Obama ha chiuso le trattative parlando direttamente con Putin.

MA QUALE RITIRO?
Ora la partita si sposta sul piano dei nuovi equilibri nella regione ed è questo che preoccupa molto gli analisti americani. Mosca ha dato prova di saper costruire alleanze efficaci: oltre ai rapporti leali con Iran e Siria, vanno aggiunti l’avvicinamento sostanziale con i curdi (in chiave anti-Isis e anti-Turchia) e soprattutto la possibile apertura di collaborazione con Israele (lo avevamo anticipato sei mesi fa).

La Russia non si ritira dalla Siria. Anzi, rilancia il suo ruolo per un nuovo Medio Oriente, forse più sicuro anche per noi europei.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

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