La sinistra che vota Trump
I PROGRESSIVES
In America li chiamano “Progressives”; sarebbero, più o meno, quelli che da noi erano i “Progressisti“, quella sorta di tribù della sinistra europea estinta nel fallimento del mito del Sol dell’Avvenire.
Negli States, dove la visione lineare della storia continua a mischiarsi con il cronico ottimismo americano, i “Progressives” esistono ancora e rappresentano uno degli zoccoli duri del Partito Democratico. Cresciuti nel mito di Kennedy sono la generazione di 40-50enni, istruiti con formazione universitaria, di status sociale medio-alto. Sono quelli che immaginano un’America faro dei diritti umani e non delle guerre umanitarie. Sono quelli che vogliono un capitalismo temperato, critici verso il sistema finanziario che domina l’economia americana; quelli che vedevano in Obama il nuovo Martin Luther King e si sono ritrovati il replicante dei circoli neo-con; quelli che vogliono difendere gli elementi base della sicurezza sociale (nella sanità, nell’istruzione) e che alle primarie democratiche hanno appoggiato Bennie Sanders l’anziano leader di sinistra e per questo sono stati denigrati e spesso estromessi dagli ambienti liberal.
Questa fetta influente dell’elettorato di sinistra potrebbe non votare Hillary Clinton e addirittura molti, appoggiare Donald Trump. Come è possibile questo?
BYE BYE HILLARY?
Lo spiega uno di loro: l’economista Yves Smith, Fondatore di Naked Capitalism, uno dei più importanti blog economici americani, in questi anni in prima fila nella critica al mondo della finanza e alle distorsioni che Wall Street ha prodotto nell’economia e nella politica Usa.
Smtih racconta come i suoi lettori siano scatenati contro la Clinton arrivando addirittura ad annunciare un voto a Trump come “un dovere patriottico” di fronte al rischio che la signora diventi Presidente. La maggior parte di loro non andrà a votare ma alcuni sceglieranno The Don perché come ha scritto un suo lettore: “Trump è un male sconosciuto, mentre la Clinton è un male conosciuto”.
Ma come è possibile che storici elettori di sinistra che esprimono un voto razionale, non di pancia, motivato da ragioni ideali ma anche da analisi politiche possano decidere di abbandonare il Partito Democratico?
Questa fetta di elettorato di sinistra, spiega Yves Smith, non accetta che dopo le crisi economiche causate dalla finanza che ha distrutto il ceto medio americano, la Clinton (e suo marito Bill) continuino a stare sul libro paga di Goldman Sachs e della banche d’affari corrotte e criminali. Non sopporta che la Clinton abbia tradito gli ideali della sinistra schierandosi con l’élite economica, favorendo le distorsioni del sistema americano e la disoccupazione. Sono convinti che la presidenza di Hillary (sulla scia di ciò che ha fatto Bill) ampli la disuguaglianza sociale a livelli di “Repubblica delle banane”; favorisca l’accumulo della ricchezza nelle mani di un élite a scapito della classe media; consenta lo smantellamento delle tutele giuridiche ed economiche per i lavoratori.
Il rischio di defezione di una fetta dell’elettorato di sinistra è reale ed è il vero pericolo che corre oggi la Clinton. Una defezione che non tocca solo il proletariato bianco annientato dalla crisi economica ma anche quella classe medio-alta legata, per motivi ideali, al voto democratico.
Un pericolo in più per la signora e una speranza, seppur flebile, per Trump; e in fondo anche per chi spera che l’America torni ad essere la più grande democrazia del mondo e non lo strumento di dominio di una cricca tecno-finanziaria e dei suoi maggiordomi politici.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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