La paura del ignoto é una reazione spontanea importantissima perché necessaria per il sopravivere, e in tempi primitivi lo straniero era sempre visto come un nemico, di ció rimasero tracce anche nell’Atene storica. Ma il pensare alla morte con paura é solo una serie di reazioni chimiche nel nostro cervello come lo sono tutte le nostre idee. Infatti la famosa frase di Cartesio é stata dimostrata errata dai neuroscenziati come Damasio che nel suo libro “L’errore di Cartesio” dimostra come prima vengono alterazioni fisiologiche e poi l’idea o la conoscenza.. Come lavori la nostra testa non si sa ancora, ma mi ricordo che durante un periodo di alcuni mesi l’ispirazione nel procedere in una dimostrazione matematica mi veniva nel sogno, mi svegliavo poi annotavo, e mi rimettevo a dormire. Reazioni chimiche? Probabile perché queste ispirazioni si basavano su teoremi imparati in tempo anteriore, ed ora sappiamo che la memoria non é che una modificazione fisica dei neuroni.
francesco il
2 Ottobre 2011 alle 12:36:
-Quando si nasce è come se non ci fossimo,in pratica;incominciamo ad “”esserci”” veramente soltano quando diventiamo grandi abbastanza per renderci conto che si morrà, prima o poi.
Il fatto è che c’è un sacco di tempo per pensare alla morte e per aspettarla.E’ un evento che sappiamo inevitabile e che è misterioso,di cui non sappiamo nulla nonostante il tanto pensare: ed è questa mancanza di conoscenza che fa paura-
Ho vissuto e continuo a vivere tutto sommato bene, facendo molto di quello che volevo, ho una bella famigliola, e non penso che sporadicamente alla morte. E non mi angscia mai. So che arriverà quando sarà il mio momento e non ci potrò fare nulla.
Ma me possino cecamme si pijo ‘n’ aereo!
Preferisco cento volte mille chilometri in auto!
Leno Lazzari
Nadia Vouch il
27 Luglio 2011 alle 19:01:
Capita a qualcuno che, per aver visto più volte la morte, alla fine non la si tema.
La vera incognita può essere la nasc ita, ma se ne avessimo tutti timore, ci saremmo già estinti.
Tuttavia c’è in molti anche un timore per l’incognita della nascita.
Oggi si fanno pochi figli o nessuno. Sui figli unici vengono concentrate attenzioni ed aspettative talvolta soffocanti.
raffaele il
25 Luglio 2011 alle 07:15:
Forse perchè la scena della propria morte è girata dal vivo, per lo più senza un copione e con la possibilità che il “ciak” arrivi a sorpresa e il “buona” a tradimento
stefano il
28 Luglio 2011 alle 15:55:
e da qui il mistero della vita, visto che all’epoca era impossibile adottare, tanto meno ricorrere alla fecondazione maschile assistita. MAH!
Gabriele il
24 Luglio 2011 alle 14:52:
Nell’analizzare la natura umana, l’ingordigia, l’invidia, non bisogna dimenticare che all’inizio erano in due ed uno ha ucciso l’altro.
Vaipino il
23 Luglio 2011 alle 22:11:
mi pervade l’amara consapevolezza che non si può fermare il treno con il culo
Bianchetti Andreino il
23 Luglio 2011 alle 20:15:
“Il vero ignoto è la parte che sta nel mezzo, la parte su cui poggiamo i piedi…” No, secondo me, perchè nella parte “che sta nel mezzo”, l’uomo distigue la realtà con una razionalità scientifica, una razionalità filosofica e una razionalità sapienziale. La nostra esperienza del vissuto, non è virtuale, non è illusoria. Freddo o caldo, fame o sete, non sono idee; sono percezioni reali. Parlo del passato. L’ignoto riguarda un futuro lontano, lontano. Già il futuro di domani o dopodomani, non esiste più, perchè l’abbiamo ridotto a presente con la nostra moderna tecnologia. Già da ora stiamo vivendo piccolissimi spazietti di eternità. Minimo spazio che anche un orologio perfettisimo non riesce a misurare. Quello, per me diventa “il vero ignoto”. Una piccola parte di eternità che vivo, ma che non riesco a misurare, non riesco a conoscere, non riesco a vedere. Un’invisibile tanto piccolo come un fantasma, però reale. Quindi ci sono due ignoti, quello infinitamente piccolo, vicino a noi; e quello infinitamente lontano oltre la morte. Saluti.
Stefano il
28 Luglio 2011 alle 08:24:
Apprezzo l’opinione e non credo di azzardare nel dire che vi sono varie convergenze nei nostri interventi. La parte vissuta è il vero ignoto, in quanto è la fase in cui si manifesta la nostra traballante ricerca sul perché dell’esistenza, in cui con metodo scientifico, oppure affidandoci alle nostre percezioni metafisiche, definiamo il contorno del nostro essere e la sua collocazione in uno spazio che si definisce progressivamente con la nostra crescita.
La morte ci fa paura per preconcetto, tuttoggi è merce di scambio con una entità sconosciuta, spesso fondata sulla credenza teologica, e sviluppa in noi quel naturale senso di paura dovuto all’umana insicurezza, che si alimenta del vivere quotidiano.
La nostra paura dell’infinitamente piccolo e dell’immenso poggia sulla stessa base percettiva, o meglio sull’impossibilità di stabilire in questi spazi una unità di misura per noi comprensibile e rassicurante.
Per esempio la teoria quantistica apre nuovi orizzonti al metodo scientifico ed a quello dell’investigazione filosofica, irrompe creando scompiglio nelle poche sicurezze. Ignoto è quello in cui crediamo, ciò di cui siamo certi è la prima cosa che va messa in discussione, alla stegua del metodo scientifico enuncuato da POPPER.
Buona vita
fedenrico il
22 Luglio 2011 alle 16:50:
L’essere umano impaurito dall’ignoto della morte, domanda: – Cosa “è” nella morte? –
Crede dunque alla possibilità di un nuovo “essere”.
Lo impaurisce, allora, l’ignoto della nascita.
Talita il
22 Luglio 2011 alle 16:35:
Mah, francamente non mi sembra per niente curioso.
L’ignoto della morte si proietta nel futuro.
L’ignoto della nascita è solo un interrogativo o una serie di interrogativi: che possono anche non interessare, come può non interessare il passato (che, inoltre, ha certamente smesso da tempo di essere temibile).
Carlo il
22 Luglio 2011 alle 13:06:
perchè non eseste l’ ignoto della nascita, basta guardarsi attorno e di films di vita ne vediamo molti. Nasciamo in una dimensione fisica che è concreta e scrutabile….curioso è aver paura di vivere, curioso è aver paura…..
Stefano il
22 Luglio 2011 alle 12:15:
La vita è un tratto lineare di cui percepiamo gli estremi, e tanto ci soffermiamo a comprendere cosa sia l’inizio e perché debba poi finire. Il vero ignoto è la parte che sta nel mezzo, la parte su cui poggiamo i piedi piuttosto che il fossato di cui siamo certi dell’esistenza.
Engines il
22 Luglio 2011 alle 05:54:
Intanto è ignoto per chi lo ritiene tale. Uomini e civiltà del passato nè temevano nè ignoravano. Forse, dato che vi piace attorcigliarvi nel linguaggio, potreste avere paura della nascita in quanto prima causa di morte.
fulvio andriassevich il
21 Luglio 2011 alle 19:13:
ed e’ curioso che non abbia paura del sonno…..
sisifo il
21 Luglio 2011 alle 17:54:
la frase è Di Cioran…Un grande Essere Umano…
purtroppo tutti conoscono marx,e pochi Cioran.
ric il
21 Luglio 2011 alle 14:42:
Il nascere connette gradualità all’esistere alle percezioni ;gradevolezza e sgradevolezza sono occasioni di reazioni agli stimoli della vita in divenire. L’animalità dell’essere percepisce attraverso la mediazione del soddisfacimento del bisogno la trasduzione ai lidi sensoriali del bene e del piacere , cortocircuitando in logica di causa/effetto, azione/ reazione. Bios muove e si compiace….”La canna pensante” alla B.Pascal, l’essere umano , con l’idea della morte perde la magnificenza della potente offerta di raziocinante sicurezza della vita a favore di un credere forzoso simil agnello sacrificale che , anche se intriso di ammalianti effetti allucinogeni , certifica inesorabilmente impotenza all’accesso divinatorio .
pino d. il
21 Luglio 2011 alle 11:05:
Forse perché so d’aver fatto quasi tutto ciò che mi sembrava valesse la pena fare, il pensiero della morte non mi fa maggiore effetto di quanto possa farne, in un viaggio in treno, l’approssimarsi della stazione d’arrivo. Non voglio apparire più sballato di quanto io non sia in realtà, ma l’avvicinarsi della fine del viaggio alimenta solo un dubbio: ci sarà davvero una favolosa “città” da visitare con calma, o sarà un deserto, persino forse un po’ troppo caldo? Ma c’è un risvolto che trovo semplicemente entusiasmante. Il bello è che se invece non ci sarà nulla, là in fondo, ad aspettarmi, non lo saprò mai. pino d.
leda il
21 Luglio 2011 alle 08:32:
Tralascio l’ignoto della nascita…
Ho da poco visto i segnali della morte sul viso di persone amate,e ho retto.
Ma l’assenza definitiva, l’ attuale zero totale mi angoscia,
Non solo perchè mancano loro: più o meno inconsciamente,è aumentato a dismisura il mio sentire la precarietà della vita.
Ho paura dell’incombere dello zero per me?
Forse il mio dolore è anche per me, per me in quanto essere fragile umano.
Marko il
23 Luglio 2011 alle 07:48:
Come diceva il buon Seneca la vita è un contratto, quando si accetta di nascere si è consapevoli anche di morire, se si riuscisse a superare la paura della morte si diventerebbe eterni, forse sono tutti preconcetti dovuti all’attaccamanto della vita terrena, più che altro si ha paura della sofferenza….
mariano il
21 Luglio 2011 alle 05:34:
Eppure basterebbe soffermarsi sulla nonstra esistenza, sul nostro essere, sulla nostra vita per comprendere che non ci siamo dati da soli e che tendiamo a qualcosa e che la nostra esistenza e’ la ricerca dell’essere.
Di solito si teme qualcosa che deve ancora accadere, non qualcosa che appartiene al passato.
Benedetto il
20 Luglio 2011 alle 14:59:
La nascita è una esperienza che subiamo, siamo protagonisti nostro malgrado, è conserviamo una memoria di sensazioni nel profondo del nostro essere. La morte come evento noi non ne abbiamo un’esperienza diretta e ne qualcuno c’è l’ha descritta, abbiamo l’esperienza del lutto, cioè la dipartita, che è sostanzialmente in genere un evento depressivo, perchè è una perdita, nel caso di un legame affettivo, di una parte di noi , cioè poichè il defunto era in qualche modo “presente” dentro noi , la sua partenza rappresenta un abbandono.La morte rappresenta per noi la fine di un’avventura vissuta bene o male, dipende dai punti di vista, forse qualcuno crede in un seguito e quacun altro no, qualcuno crede che tornerà a nascere, credo che siano modi per attenuare la verità, si muore e basta.
La paura del ignoto é una reazione spontanea importantissima perché necessaria per il sopravivere, e in tempi primitivi lo straniero era sempre visto come un nemico, di ció rimasero tracce anche nell’Atene storica. Ma il pensare alla morte con paura é solo una serie di reazioni chimiche nel nostro cervello come lo sono tutte le nostre idee. Infatti la famosa frase di Cartesio é stata dimostrata errata dai neuroscenziati come Damasio che nel suo libro “L’errore di Cartesio” dimostra come prima vengono alterazioni fisiologiche e poi l’idea o la conoscenza.. Come lavori la nostra testa non si sa ancora, ma mi ricordo che durante un periodo di alcuni mesi l’ispirazione nel procedere in una dimostrazione matematica mi veniva nel sogno, mi svegliavo poi annotavo, e mi rimettevo a dormire. Reazioni chimiche? Probabile perché queste ispirazioni si basavano su teoremi imparati in tempo anteriore, ed ora sappiamo che la memoria non é che una modificazione fisica dei neuroni.
-Quando si nasce è come se non ci fossimo,in pratica;incominciamo ad “”esserci”” veramente soltano quando diventiamo grandi abbastanza per renderci conto che si morrà, prima o poi.
Il fatto è che c’è un sacco di tempo per pensare alla morte e per aspettarla.E’ un evento che sappiamo inevitabile e che è misterioso,di cui non sappiamo nulla nonostante il tanto pensare: ed è questa mancanza di conoscenza che fa paura-
Ho vissuto e continuo a vivere tutto sommato bene, facendo molto di quello che volevo, ho una bella famigliola, e non penso che sporadicamente alla morte. E non mi angscia mai. So che arriverà quando sarà il mio momento e non ci potrò fare nulla.
Ma me possino cecamme si pijo ‘n’ aereo!
Preferisco cento volte mille chilometri in auto!
Leno Lazzari
Capita a qualcuno che, per aver visto più volte la morte, alla fine non la si tema.
La vera incognita può essere la nasc ita, ma se ne avessimo tutti timore, ci saremmo già estinti.
Tuttavia c’è in molti anche un timore per l’incognita della nascita.
Oggi si fanno pochi figli o nessuno. Sui figli unici vengono concentrate attenzioni ed aspettative talvolta soffocanti.
Forse perchè la scena della propria morte è girata dal vivo, per lo più senza un copione e con la possibilità che il “ciak” arrivi a sorpresa e il “buona” a tradimento
e da qui il mistero della vita, visto che all’epoca era impossibile adottare, tanto meno ricorrere alla fecondazione maschile assistita. MAH!
Nell’analizzare la natura umana, l’ingordigia, l’invidia, non bisogna dimenticare che all’inizio erano in due ed uno ha ucciso l’altro.
mi pervade l’amara consapevolezza che non si può fermare il treno con il culo
“Il vero ignoto è la parte che sta nel mezzo, la parte su cui poggiamo i piedi…” No, secondo me, perchè nella parte “che sta nel mezzo”, l’uomo distigue la realtà con una razionalità scientifica, una razionalità filosofica e una razionalità sapienziale. La nostra esperienza del vissuto, non è virtuale, non è illusoria. Freddo o caldo, fame o sete, non sono idee; sono percezioni reali. Parlo del passato. L’ignoto riguarda un futuro lontano, lontano. Già il futuro di domani o dopodomani, non esiste più, perchè l’abbiamo ridotto a presente con la nostra moderna tecnologia. Già da ora stiamo vivendo piccolissimi spazietti di eternità. Minimo spazio che anche un orologio perfettisimo non riesce a misurare. Quello, per me diventa “il vero ignoto”. Una piccola parte di eternità che vivo, ma che non riesco a misurare, non riesco a conoscere, non riesco a vedere. Un’invisibile tanto piccolo come un fantasma, però reale. Quindi ci sono due ignoti, quello infinitamente piccolo, vicino a noi; e quello infinitamente lontano oltre la morte. Saluti.
Apprezzo l’opinione e non credo di azzardare nel dire che vi sono varie convergenze nei nostri interventi. La parte vissuta è il vero ignoto, in quanto è la fase in cui si manifesta la nostra traballante ricerca sul perché dell’esistenza, in cui con metodo scientifico, oppure affidandoci alle nostre percezioni metafisiche, definiamo il contorno del nostro essere e la sua collocazione in uno spazio che si definisce progressivamente con la nostra crescita.
La morte ci fa paura per preconcetto, tuttoggi è merce di scambio con una entità sconosciuta, spesso fondata sulla credenza teologica, e sviluppa in noi quel naturale senso di paura dovuto all’umana insicurezza, che si alimenta del vivere quotidiano.
La nostra paura dell’infinitamente piccolo e dell’immenso poggia sulla stessa base percettiva, o meglio sull’impossibilità di stabilire in questi spazi una unità di misura per noi comprensibile e rassicurante.
Per esempio la teoria quantistica apre nuovi orizzonti al metodo scientifico ed a quello dell’investigazione filosofica, irrompe creando scompiglio nelle poche sicurezze. Ignoto è quello in cui crediamo, ciò di cui siamo certi è la prima cosa che va messa in discussione, alla stegua del metodo scientifico enuncuato da POPPER.
Buona vita
L’essere umano impaurito dall’ignoto della morte, domanda: – Cosa “è” nella morte? –
Crede dunque alla possibilità di un nuovo “essere”.
Lo impaurisce, allora, l’ignoto della nascita.
Mah, francamente non mi sembra per niente curioso.
L’ignoto della morte si proietta nel futuro.
L’ignoto della nascita è solo un interrogativo o una serie di interrogativi: che possono anche non interessare, come può non interessare il passato (che, inoltre, ha certamente smesso da tempo di essere temibile).
perchè non eseste l’ ignoto della nascita, basta guardarsi attorno e di films di vita ne vediamo molti. Nasciamo in una dimensione fisica che è concreta e scrutabile….curioso è aver paura di vivere, curioso è aver paura…..
La vita è un tratto lineare di cui percepiamo gli estremi, e tanto ci soffermiamo a comprendere cosa sia l’inizio e perché debba poi finire. Il vero ignoto è la parte che sta nel mezzo, la parte su cui poggiamo i piedi piuttosto che il fossato di cui siamo certi dell’esistenza.
Intanto è ignoto per chi lo ritiene tale. Uomini e civiltà del passato nè temevano nè ignoravano. Forse, dato che vi piace attorcigliarvi nel linguaggio, potreste avere paura della nascita in quanto prima causa di morte.
ed e’ curioso che non abbia paura del sonno…..
la frase è Di Cioran…Un grande Essere Umano…
purtroppo tutti conoscono marx,e pochi Cioran.
Il nascere connette gradualità all’esistere alle percezioni ;gradevolezza e sgradevolezza sono occasioni di reazioni agli stimoli della vita in divenire. L’animalità dell’essere percepisce attraverso la mediazione del soddisfacimento del bisogno la trasduzione ai lidi sensoriali del bene e del piacere , cortocircuitando in logica di causa/effetto, azione/ reazione. Bios muove e si compiace….”La canna pensante” alla B.Pascal, l’essere umano , con l’idea della morte perde la magnificenza della potente offerta di raziocinante sicurezza della vita a favore di un credere forzoso simil agnello sacrificale che , anche se intriso di ammalianti effetti allucinogeni , certifica inesorabilmente impotenza all’accesso divinatorio .
Forse perché so d’aver fatto quasi tutto ciò che mi sembrava valesse la pena fare, il pensiero della morte non mi fa maggiore effetto di quanto possa farne, in un viaggio in treno, l’approssimarsi della stazione d’arrivo. Non voglio apparire più sballato di quanto io non sia in realtà, ma l’avvicinarsi della fine del viaggio alimenta solo un dubbio: ci sarà davvero una favolosa “città” da visitare con calma, o sarà un deserto, persino forse un po’ troppo caldo? Ma c’è un risvolto che trovo semplicemente entusiasmante. Il bello è che se invece non ci sarà nulla, là in fondo, ad aspettarmi, non lo saprò mai. pino d.
Tralascio l’ignoto della nascita…
Ho da poco visto i segnali della morte sul viso di persone amate,e ho retto.
Ma l’assenza definitiva, l’ attuale zero totale mi angoscia,
Non solo perchè mancano loro: più o meno inconsciamente,è aumentato a dismisura il mio sentire la precarietà della vita.
Ho paura dell’incombere dello zero per me?
Forse il mio dolore è anche per me, per me in quanto essere fragile umano.
Come diceva il buon Seneca la vita è un contratto, quando si accetta di nascere si è consapevoli anche di morire, se si riuscisse a superare la paura della morte si diventerebbe eterni, forse sono tutti preconcetti dovuti all’attaccamanto della vita terrena, più che altro si ha paura della sofferenza….
Eppure basterebbe soffermarsi sulla nonstra esistenza, sul nostro essere, sulla nostra vita per comprendere che non ci siamo dati da soli e che tendiamo a qualcosa e che la nostra esistenza e’ la ricerca dell’essere.
Di solito si teme qualcosa che deve ancora accadere, non qualcosa che appartiene al passato.
La nascita è una esperienza che subiamo, siamo protagonisti nostro malgrado, è conserviamo una memoria di sensazioni nel profondo del nostro essere. La morte come evento noi non ne abbiamo un’esperienza diretta e ne qualcuno c’è l’ha descritta, abbiamo l’esperienza del lutto, cioè la dipartita, che è sostanzialmente in genere un evento depressivo, perchè è una perdita, nel caso di un legame affettivo, di una parte di noi , cioè poichè il defunto era in qualche modo “presente” dentro noi , la sua partenza rappresenta un abbandono.La morte rappresenta per noi la fine di un’avventura vissuta bene o male, dipende dai punti di vista, forse qualcuno crede in un seguito e quacun altro no, qualcuno crede che tornerà a nascere, credo che siano modi per attenuare la verità, si muore e basta.