L’emergenza dovuta al Covid, soprattutto quella sanitaria ma non solo, apre una serie di problematiche  che investono il settore legale.  Dalla sicurezza dei vaccini a quella negli ospedali, dalle responsabilità del governo alle chiusure degli esercizi commerciali  imposte dalla zona rossa. E ancora: l’esigenza  di snellire l’iter dei processi grazie alla digitalizzazione. Ne abbiamo parlato con l’Avv. Roberto  Campagnolo di Milano, Patrocinante in Cassazione e Docente in Bocconi. 

Avvocato, il mondo intero è cambiato dopo lo scoppio della pandemia. Quali prospettive e quali nuovi scenari si aprono per l’operatore del diritto, specialmente in ambito italiano?

Il diritto è materia troppo viva e troppo legata all’attualità per non essere toccata da un evento così dirompente come una pandemia. La vita degli italiani si è profondamente modificata in seguito al lockdown e questo ha avuto ripercussioni in primis nell’ ambito economico. Gli operatori commerciali, in particolare, hanno risentito del blocco delle attività. Si profilano responsabilità dunque sia per chi ha trasgredito i limiti e i divieti imposti, sia, viceversa, per quegli amministratori della cosa pubblica che hanno imposto prescrizioni troppo severe e restrittive, con grave danno per gli esercenti. Anche il settore industriale è stato enormemente compromesso, meno forse del terziario avanzato il quale può sfruttare meglio le modalità online. Il lavoro degli italiani, dunque, non sarà più lo stesso, e questo modifica l’approccio del giurista, il quale deve più decisamente orientarsi verso il diritto dell’informatica ed essere più attento alla cybersecurity. In ambito medico, invece, la responsabilità degli operatori sanitari in tempo di Covid si estende, come in ogni emergenza, al limite della responsabilità oggettiva, ossia anche  in caso di colpa lievissima, stante il rischio di pandemia. Anche il singolo, nel rispetto delle norme minime sociali ed igienico – sanitarie, è responsabilizzato in tale senso.

Il processo civile è forse quello che si presta ad una maggiore digitalizzazione, essendo il primo ad essere stato declinato in forma telematica. La lezione del Covid -19 può suggerire interventi di snellimento delle procedure?

Nei palazzi di giustizia l’esperienza del Covid-19 ha evidenziato una cronica mancanza di organizzazione, e la crescente difficoltà di implementare il processo telematico in periodo di lockdown. Sebbene siano state rese esecutive molteplici attività da remoto, la carenza di idonee dotazioni informatiche rende ancora oltremodo difficile la celebrazione di un processo, anche solamente civile, in forma interamente telematica. Comunque, nonostante le concrete possibilità offerte dal processo telematico, la tendenza per quanto riguarda la giustizia civile è quella di una progressiva rinuncia all’oralità, per privilegiare il deposito di memorie scritte. Ciò, tuttavia, non significa necessariamente snellimento delle procedure, ma, spesso, un ritorno ad un vecchio, per non dire antico, modo di concepire la realtà processuale.

Nella prassi processuale alcuni momenti di interlocuzione con il Magistrato si sono trasformati in passaggi formali, quasi burocratici. Per esempio, nell’udienza di precisazione delle conclusioni, nelle udienze interlocutorie o nelle udienze che non necessitano la presenza di soggetti ulteriori rispetto ai difensori. La “trattazione cartolare” potrà essere usata a pieno regime per semplificare il lavoro degli operatori?

A fronte della estrema diffusione e contagiosità del Covid–19, il Governo è intervenuto innovando, in situazioni di emergenza, il processo civile. Molteplici sono le iniziative legislative, dalla regolamentazione dell’orario degli uffici, alla celebrazione delle udienze da remoto ed infine alla previsione che, nello svolgimento delle udienze civili, le quali richiedano solo la partecipazione dei difensori, vengano scambiate note scritte, successivamente depositate in telematico. Per il solo processo civile (essendo il processo penale “tutta aula” e dunque essendo per quest’ultimo preferita l’oralità della videoconferenza)  la cartolarità per la sua grande duttilità è destinata ad incontrare il maggior favore rispetto alle consuete procedure in presenza. Infatti, nelle udienze che non necessitano la presenza di un soggetto ulteriore rispetto al difensore, è sufficiente lo scambio di note scritte, sulla base delle quali il giudice redige l’apposito verbale d’udienza. Si tratta indubbiamente di una notevole semplificazione del rito, ma anche di un ritorno all’antico. Il processo civile, dunque, ci guadagna in snellimento e duttilità, non rinunciando tuttavia alla sua solennità.

Nei prossimi mesi o anni l’emergenza sanitaria si tradurrà in emergenza economica. Ai giudici occorrerà una particolare sensibilità per individuare, per esempio, i reati da “salvare” ed esigenze di recupero dei creditori. Come reagirà il sistema a questa sfida del prossimo futuro?

L’ Ordinamento italiano è solido ed al tempo stesso aperto alle sfide che verranno. Certamente, la risposta alla post–pandemia una volta che, si spera, sarà terminata l’emergenza sanitaria, non si farà attendere e andrà ad affiancarsi ai provvedimenti economici che saranno sicuramente presi a livello centralizzato e locale. Certamente essa si svilupperà da un lato attorno ad eventuali azioni a tutela dei soggetti più deboli, che hanno più risentito della pandemia, fino agli addetti a settori cruciali come quelli del terziario, specie della ristorazione e dei negozi, i più danneggiati dall’epidemia. Sul piano più propriamente di tutela della salute, ci potranno essere ricorsi di singoli e collettività non adeguatamente protetti contro il virus, e persino class actions (azioni collettive) contro case produttrici di vaccini per eventuali inadempienze o ritardi.

Concentriamoci ora sui vaccini. La responsabilità delle case farmaceutiche che hanno messo a punto i vaccini sperimentali in tempi eccezionalmente rapidi è da considerarsi attenuata, stante la scriminante dello stato di necessità?

Ciò è possibile. Innanzitutto opera sulle case farmaceutiche la scriminante dello stato di necessità. Indubbiamente la pandemia ha obbligato ad una corsa contro il tempo e per questo i protocolli sanitari,  pur essendo stati rispettati, sono stati attuati in tempi particolarmente rapidi. Inoltre, i dati epidemiologici e la conoscenza di un virus nuovo, e delle sue possibili mutazioni, sono ancora in fase sperimentale. Tutto questo fa sì che le case farmaceutiche possano essere decisamente protette da responsabilità per colpa, tranne i casi di negligenza e colpa grave. Nel caso del vaccino Pfizer, ad esempio, è stato introdotto in Inghilterra uno “scudo legale” e quindi non si potrà fare ricorso al colosso anche nel caso in cui il vaccino desse complicazioni ed effetti collaterali, anche gravi.

Oppure la responsabilità è, viceversa, da ritenersi potenziata ed incrementata, proprio per l’alta significatività del compito cui la casa farmaceutica è chiamata ad assolvere?

Questo è un annoso problema, di difficile soluzione. Occorre infatti contemperare la scriminante dello stato di necessità, come ho appena ricordato, con il profilo di una responsabilità oggettiva (ossia non solo nei casi di colpa lieve, ma addirittura senza colpa) che è operante nel diritto italiano, in tutti i casi di assunzione di un rischio elevato, come nel caso di una risposta ad una pandemia. La strada percorribile, a mio avviso, è quella inglese, ossia contratti che tutelino le case farmaceutiche produttrici del vaccino a non assumersene la piena responsabilità. Il tutto comunque nel quadro del diritto dello Stato italiano di intervenire con una legislazione regolamentare più restrittiva ad hoc.

Stante l’eccezionale importanza, a livello globale, della messa a punto del vaccino, si può ritenere che gravi sulle case farmaceutiche produttrici una responsabilità oggettiva extracontrattuale, ben oltre l’inversione dell’onere della prova per colpa?

Sì, la responsabilità oggettiva per danno aquiliano ex. art. 2043, ossia extracontrattuale, è sempre ammessa. L’alea consentita alla vaccinazione sulla base di un rischio tipico è particolarmente bassa in caso di una pandemia come questa.

Esiste una responsabilità per la mancata o la ritardata consegna delle dosi di vaccino richieste dall’Italia e da ogni singola regione?

Sì, esiste sotto due concorrenti profili. Innanzitutto, esiste una responsabilità di tipo contrattuale che grava sulle case farmaceutiche, nei confronti delle quali si può dunque agire per inadempimento o mora. Inoltre, tale responsabilità risulta aggravata sia sotto il profilo della colpa, sia sotto quello della responsabilità (oggettiva) per epidemia, colposa o dolosa. In secondo luogo, la responsabilità è di tipo extracontrattuale sempre per epidemia, e giova rilevare che esiste una precisa norma della Costituzione la quale tutela la salute come bene primario per la collettività. Anche gli individui i quali potrebbero essere maggiormente esposti al rischio di contrarre una patologia da Covid-19, in seguito alla mancata assunzione del vaccino, soprattutto se medici o infermieri i quali possono potenzialmente esporre a contagio pazienti già fragili e debilitati per precedenti patologie, potrebbero investire di responsabilità le case farmaceutiche inadempienti o ritardatarie. Infine, le singole regioni interessate del ritardo o della mancata consegna dei vaccini possono lamentare una disparità di trattamento fra di esse, che può essere fatta valere anche nei confronti dello Stato.

Le case farmaceutiche cha hanno messo a punto i vaccini sono da ritenersi inserite in un circuito commerciale. E’ comunque configurabile una responsabilità oggettiva contrattuale, riguardante la produzione e la messa in vendita del farmaco?

Sì, tuttavia secondo le singole clausole contrattuali ammesse nel nostro Ordinamento secondo la piena autonomia privata. Inoltre contrattualmente ed extra contrattualmente,  la responsabilità contrattuale può essere limitata. A dire il vero, ad una limitazione della responsabilità contrattuale può fare seguito una maggiore responsabilità extracontrattuale, secondo una serie di pesi e contrappesi che sono propri di un Ordinamento giuridico garantista come il nostro.

Le case farmaceutiche rispondono in maniera contrattuale oggettiva dell’efficacia immunizzante del farmaco?

Direi di no. Si tratta di un portato della comunità scientifica, di una conquista della scienza e non di una decisione della casa farmaceutica. Allo stato delle attuali evidenze epidemiologiche, dunque, è sufficiente una responsabilità contrattuale per colpa.

Esiste una responsabilità oggettiva del governo in merito alle procedure d’immunizzazione della popolazione? E del personale sanitario?

No, io ritengo che lo Stato italiano abbia un preminente compito di tutela della salute dei cittadini. Mentre la responsabilità oggettiva del personale sanitario non esiste ed è  fuori discussione.

Parliamo di Covid -19 e delle misure di contrasto alla diffusione del virus. I limiti imposti alla circolazione delle persone e delle merci impattano in tema economico.  Quali ripercussioni sul diritto?

Tutta l’attività legata alla vita delle persone ed al centro dei loro interessi è stata profondamente sconvolta, con gravi danni all’economia, che sulla circolazione dei mezzi e delle persone si fonda. La contrattualistica commerciale deve prevedere, in tempo di pandemia, clausole ad hoc che la contemplino. Si può invocare lo stato di necessità. Delicatissimo problema è quello legato alla libertà di circolazione delle persone, che è un diritto garantito dalla Costituzione, e che appare profondamente compromesso, a fronte di un diritto alla salute, di rango costituzionalmente superiore.

E per quanto riguarda i negozi e gli esercizi commerciali?

 In questo caso, la contrattualistica privata può servire a poco. E’ lo Stato che deve intervenire con misure assistenziali e di sostegno. In buona sostanza, il diritto civile deve trovare il sostegno del diritto pubblico.

La divisione in zone/colori dell’Italia pone significativi squilibri fra regioni. L’ attuazione della nostra Costituzione nella parte che riguarda le autonomie locali  potrebbe esserne effettivamente pregiudicata? E se sì, si possono aprire profili d’incostituzionalità?

Il divieto di circolazione fra regioni, e spesso, in zona rossa, fra comuni spezza l’Italia in tanti piccoli “campanili”, accentuando disparità e disequilibri che decenni di autonomia avevano cancellato. La responsabilità di sindaci e governatori mai come in queste ore è da ritenersi altamente potenziata e cruciale, così come cruciale è il dialogo fra Enti locali e Stato centrale. Infatti, deve essere ben dosato il profilo di autonomia – responsabilità – coordinamento con lo Stato. Già adesso molti sono stati i contenziosi aperti e gli strascichi polemici. Il rapporto Enti territoriali – Stato italiano potrebbe comportare che dalla questione dei limiti imposti alle autonomie regionali sia investita la Corte Costituzionale. Non è ancora successo ma, di certo, è una via percorribile.

Quale altro contenzioso si può aprire in materia di Covid -19 ?

Il contenzioso possibile presenta numerosi profili, da quello della responsabilità delle case farmaceutiche, a quella degli operatori sanitari; dal divieto di circolazione fra regioni o comuni, con i conseguenti strascichi in materia di opposizione a divieti posti dallo Stato stesso, a casi di pandemia colposa, per non parlare delle ripercussioni in ambito economico, specie per quanto riguarda gli esercizi commerciali, come già ricordato. Ad ogni modo, è proprio in momenti socialmente impattanti e cruciali, come appunto la pandemia, che la forza del diritto s’impone, e impone agli operatori del diritto uno sforzo congiunto per risollevare le sorti del nostro Paese.

 

grimaldiveronica8@gmail.com

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