LA RIVOLUZIONE SENESE
Ironia della sorte, Siena ha cambiato la sua storia nel giorno di San Giovanni, patrono dell’acerrima nemica (dai tempi della battaglia di Montaperti) Firenze, ovvero il capoluogo rimasto ostaggio di un non fiorentino, Matteo Renzi. Nella mitologia greca la dea Nemesi faceva giustizia ai delitti irrisolti o impuniti, perseguitando soprattutto i malvagi e gli ingrati alla sorte. E a Siena domenica 24 giugno si è consumata la Nemesi storica del Pd: la banca senese che ha fatto ricco il partito, il Monte dei Paschi, lo ha portato alla rovina. I toscani preferiscono chiamarlo contrappasso.
A Siena domenica hanno perso il Pd di Renzi, di Walter Veltroni, di Carlo Calenda. Hanno perso gli “apparentamenti”, visti come rigurgiti di un passato da dimenticare, e ha vinto un avvocato espressione di una lista civica e appoggiato dal centrodestra, senza però esserne corpo organico. Luigi De Mossi ha rappresentato alcune delle parti civili per il filone Antonveneta trasferito a Milano e ha assistito i 250 dipendenti Mps esternalizzati in Fruendo, poi reintegrati su richiesta del giudice nel Monte. De Mossi, insieme a pochi altri, ha denunciato in tempi non sospetti il cosiddetto “groviglio armonioso” tra finanza e politica, non solo locale, e tutte le sue diramazioni. Ha difeso i bloggers senesi quando , ancora uniche voci fuori dal coro, denunciavano le relazioni pericolose che stavano soffocando la città, dall’università alle squadre di calcio e basket passando ovviamente per la banca e la Fondazione.
In un’intervista che gli avevo fatto nel 2015, quindi ben tre anni fa, De Mossi aveva delineato un quadro desolante: “Siena è una città immobile. Solitamente quando accadono terremoti come quello che ha scosso questa città si assiste a un ricambio della classe dirigente. Qui invece non è successo. Chi ieri aveva il potere continua ad averlo anche oggi, soprattutto a livello di Pd locale, cambiano solo i nomi ma si tratta di personaggi che avevano legami assai consolidati con la “Siena da bere” di qualche anno fa. Lo stesso sindaco Bruno Valentini non è riuscito a spezzare antichi schemi. La lezione Antonveneta non è servita”. Il De Mossi si riferiva all’atomizzazione della politica locale in una comunità dove anche le iniziative di buon senso diventano delle missioni quasi impossibili. Di certo, è stato rotto un tabù: fino a pochi anni fa alcune società partecipate dalla Fondazione e dalla stessa banca erano intoccabili, ora non è più così. Pensiamo alla Siena Biotech, per la quale qualche tempo fa il tribunale ha accolto la domanda di fallimento. Avere una partecipata oggetto di una procedura concorsuale, un tempo sarebbe stata considerata un’ eresia. De Mossi aveva, in quell’intervista, centrato un punto: “Di fronte a eventi come quelli che hanno investito questa città e questa banca le soluzioni, ce lo ha insegnato anche Tangentopoli, non sono mai giudiziarie. Certo, le inchieste possono offrire un assist al cambiamento ma la rinascita deve partire dalla società, dalle persone”. E così è stato.