Il giorno in cui Gandhi diventò razzista
Comprendere il valore del proprio passato come monito per il presente è sempre stato un paradigma della civiltà laica occidentale, quella che non si disperde nel sonno della ragione, quella che riesce a tenere a bada i mostri delle interpretazioni soggettive o dei fanatismi spirituali. Eppure, in questa nostra luminosa società ci troviamo a dover fare i conti con una rivolta globale contro i simboli della storia occidentale difficile da comprendere. Tanto più incomprensibile per noi, paese del cattolicesimo che non ha mai praticato lo schiavismo, mentre per secoli, dal medioevo alla più prossima modernità, il resto del mondo – anche quello che oggi è accusatore, africano, cinese o musulmano che sia – basava le proprie economie e la propria cultura antropologica sull’accettazione della vendita di un uomo e della sua sottomissione.
In questi giorni di rivolta globale dopo l’efferato omicidio di George Floyd, quella che era una condanna giusta e sacrosanta dal presente si è spostata sul passato prendendo di mira alcune statueche sono state imbrattate, distrutte, rimosse. In preda ad uno stato d’ira collettivo, l’onda di protesta dei BLM (Black Lives Matter) si è spostata in Europa con l’intenzione di annullare a colpi di vernice spray secoli di colonialismo. Orbene, dopo l’abbattimento della statua settecentesca del mercante di schiavi Edward Colson, finita sui fondali del porto di Bristol, le autorità britanniche hanno pensato di correre ai ripari pensando di rimuovere le statue di altri personaggi simili, come Cecil Rhodes dall’Oriel College di Oxford, o Robert Milligan dalla facciata del Museo dei Docklands di Londra.
Sulla spinta di un revisionismo storico e di una selva di petizioni in molte città si sta valutando un riposizionamento nei musei di quasi tutte le statue dei personaggi che abbiano avuto a che fare con la tratta di schiavi. Computo ben difficile da tenere, pensando che nell’Europa coloniale è difficile trovare un’effige immune da un seppur inconsapevole contatto con la piaga orribile, eppur storica, dello schiavismo. Anche i re. Leopoldo II re del Belgio – anche lui oggetto di ‘destatuizzazione’ – ha arricchito il suo regno con il sanguinoso commercio della gomma nel Congo senza generare troppi rimorsi tra i suoi sudditi se, a ben ricordare, il paese africano ottenne l’indipendenza dal Belgio solo nel 1960.
La rivolta vuole che secoli spesi dagli accademici a ‘civilizzare’ i personaggi del passato, allontanandoli la lente distorta del presente, siano buttati alle ortiche. Ma, come solitamente accade quando si vuol fare i conti con la storia, se la si vuol prendere per la coda e rendere un dogma, l’ignoranza – quella pura che Collodi avrebbe vestito con due belle orecchie d’asino – prende il sopravvento. Così nella piazza del Parlamento a Londra, la statua di Wiston Churchill, accusato di razzismo per alcune sue dichiarazioni pubbliche, è stata coperta per evitare ulteriori sfregi e sir Nicholas Soames, nipote dello statista inglese, ha dovutosottolineare che suo nonno – che salvò l’Inghilterra e l’Europa dal nazismo – “essendo un figlio del periodo edwardiano ne parlò il linguaggio”.
Ma non basta. A Leicester è partita una petizione con circa 5mila firme per rimuovere la statua di Gandhi, accusato di essere stato “un fascista, razzista e predatore sessuale”. Ebbene sì, il Mahatma, il difensore dell’indipendenza indiana e della non-violenza ha da essere oscurato per “ben documentato razzismo”con tanto di tocco di vernice. Faisal Davji, professore di Storia Indiana dell’Università di Oxford, si è sentito in dovere di dichiarare alla BBC che “anche Gandhi fu un uomo imperfetto, ma l’imperfetto Gandhi fu molto più radicale e progressista di molti contemporanei”. Non fa una piega! A questo punto, tenendo sullo sfondo per ‘completa assurdità dei fatti’, lo sfregio alla statua di Indro Montanelli a Milano che rivela tutto la sua irragionevolezza in quella Lettera 22, simbolo della libertà di stampa, o a quella di Vittorio Emanuele II al Palazzo di Città di Torino, che di colonialista aveva solo i sigari, non resta che parlare di Cristoforo Colombo.
Quel truce genocida oggi divide l’America. A Boston e a Miami, le statue dell’esploratore sono state sfregiate e divelte, mentre si discutere semmai riportarle al loro posto.
A New York il sindaco si è opposto ad ogni atto di violenza contro la statua in Colombus Circle affermandone il valore simbolico per la comunità italiana. Forse dovrebbe anche ricordare che Genova, patria del navigatore, dal Duecento aveva concesso ai musulmani la libertà di culto e il diritto di costruire la loro moschea davanti alla Darsena (che a proposito deriva dall’arabo e significa ‘casa del lavoro’). Un buon esempio di storia e di compenetrazione di popoli.