Il cambiamento? E’ come la morte!
Il cambiamento? Tutti ne parlano. Tutti lo vogliono. Negli altri. Ma non in se stessi. E non pensano ad una cosa molto semplice: che il cambiamento è come la morte.
Perché?
Perché la morte è inevitabile. E’ l’unica cosa sicura della vita. Prima o poi, moriamo tutti.
E anche il cambiamento è inevitabile. Guarda una tua foto di 10 anni fa: vedrai quanto sei cambiato.
Pensiamo che il cambiamento sia sempre qualcosa di auspicabile. Infatti ripetiamo che non se ne può più, che bisogna cambiare… senza pensare che il cambiamento arriva. Comunque. Che lo vogliamo o no. Che sia positivo o negativo, però, è un’altro discorso.
Un tumore è un cambiamento. La morte di una persona cara è un cambiamento. Un licenziamento è un cambiamento. Ma non sono certo desiderabili…
Cambiamo tutti. Così come tutti invecchiamo. E’ solo questione di tempo. Ma non tutti cresciamo. Non tutti miglioriamo. Conosci sicuramente persone che sono cambiate in peggio. Così come ci sono aziende, organizzazioni e nazioni che sono cambiate. In peggio. Si impoveriscono. Vanno in bancarotta… Eppure tutti ci riempiamo la bocca sulle virtù del cambiamento. I politici promettono un cambiamento. I governi, per acquisire consenso, si fanno chiamare “governo del cambiamento”…
Il motivo è semplice. L’essere umano è perennemente insoddisfatto. Qualunque sia la sua condizione, c’è sempre qualcosa che non gli va bene. Quindi aspetta spasmodicamente un cambiamento. Nella speranza che le cose gireranno, finalmente, per il verso giusto.
Speranza illusoria, ovviamente. Perché la nostra vita non migliora finché noi non miglioriamo. Non basta cambiare: bisogna migliorare. Cambiare è facilissimo: basta aspettare. Migliorare, invece, non lo è affatto: richiede uno sforzo.
La rivoluzione di Vasco
Uno dei miei filosofi preferiti, un certo Vasco Rossi, ha scritto una canzone dal titolo Cambia-menti. Ecco il testo:
“Cambiare macchina è molto facile (se hai i soldi, naturalmente…)
cambiare donna è un po’ più difficile
cambiare il mondo è quasi impossibile
si può cambiare solo se stessi
sembra poco ma se ci riuscissi
faresti la rivoluzione!”
La rivoluzione, perbacco. Che bella parolona. La Storia insegna che le rivoluzioni sono servite per sostituire una cricca al potere con un’altra, non sempre migliore. In Francia, con la Rivoluzione francese, dopo il re sono arrivati i giacobini, e poi Napoleone. Per poi tornare al punto di partenza con un nuovo sovrano. In Russia i bolscevichi hanno preso il posto dello zar. In Italia Mussolini esaltava la sua rivoluzione fascista, in Germania Hitler la sua rivoluzione nazionalsocialista. E potremmo continuare con la rivoluzione maoista in Cina, la castrista a Cuba, la chavista in Venezuela… anche Trump parla di “nuova rivoluzione americana”, con la sua ideologia sovranista dell’America first.
Quando, in questa campagna elettorale, sento un politico che promette rivoluzioni e cambiamenti, ho un riflesso automatico: mi sento preso in giro. E mi tasto la tasca, per sentire se il portafoglio è ancora al suo posto. Mi viene da pensare che il cambiamento che ha in mente sia quello del suo tenore di vita: un europarlamentare guadagna un sacco di soldi, ha un bel po’ di privilegi e il suo ego viene gratificato… Per lui, se viene eletto, il cambiamento sarà sicuramente positivo. Forse, visto che acquisirà il potere di cambiare le cose, ci sarà un cambiamento anche per noi, poveri cittadini. Ma in che direzione, non lo so…