Il Coronavirus è solo un assaggio di quanto ci aspetta. A meno che…
Essere un motivatore non significa dire che va tutto bene anche se non è così.
E non significa, come spesso fanno i politici, sposare una tesi e portarla avanti a prescindere dalla realtà.
Significa, invece, aiutare a ragionare. A capire. E a trovare una via d’uscita.
Credo che mai come ora ci sia bisogno di verità. C’è una fortissima diffidenza nei confronti dei governi e delle istituzioni; raccontare balle può portare qualche momentaneo consenso, ma a lungo andare mina la nostra democrazia. Che non è di certo perfetta. Ma, come disse Churchill, “è il peggiore dei sistemi, esclusi tutti gli altri”. Quindi le alternative non possono che essere peggiori.
Il nostro Governo ha commesso errori. Così come le Regioni. Ci sono due esigenze, opposte, da conciliare:
– L’esigenza sanitaria. I virologi spingono per tenere ancora tutto chiuso: a loro interessa la salute, non l’economia;
– L’esigenza economica. Imprenditori, commercianti, professionisti, lavoratori spingono per aprire al più presto. Il loro ragionamento è: con tutte le restrizioni che permangono forse non moriremo di coronavirus, ma sicuramente moriremo di fame.
Quale delle due esigenze anteporre?
L’ideale è un giusto mix. Non si può lasciare subito tutti liberi di vivere come fino a tre mesi fa, ma non si può nemmeno tenere il Paese ingessato fino a chissà quando. Perché un’ingessatura troppo stretta, e troppo lunga, porta alla necrosi. Cioè alla morte dei tessuti; in questo caso, del tessuto produttivo.
LE CONSEGUENZE (NEGATIVE) DEL CORONAVIRUS
Non ho la sfera di cristallo. Ma alcune conseguenze della pandemia, su scala mondiale, sono evidenti e sicure: non serve essere un veggente per vederle.
Sono:
– Un aumento della povertà
Per qualcuno (Amazon, Google, Facebook, Netflix, Zoom…) il coronavirus è una fonte di grandi ricchezze. La pandemia favorisce il mondo virtuale e tecnologico a scapito di quello reale; e chi opera online fa tanti soldi. Talvolta senza nemmeno pagare le giuste tasse nel Paese dove guadagna.
Stiamo più tempo in casa e meno fuori. Quindi si arricchisce chi ci aiuta a vivere meglio in casa.
Abbiamo paura di ammalarci. Quindi guadagna chi, ad esempio nel campo dell’automazione, produce porte che si aprono da sole. Senza bisogno di toccare le maniglie.
Guadagnano anche parecchi attori del settore farmaceutico: abbiamo sempre più bisogno di medicine. E di quello agroalimentare: in casa o fuori, non possiamo rinunciare a mangiare.
Di fronte ad un 10% della popolazione che si arricchirà, e ad un 20% di statali o parastatali per i quali cambierà poco o nulla, perché hanno il posto fisso, il 70% della gente si impoverirà. Come farà, infatti, il ristoratore a tenere aperto il suo locale se, a causa del distanziamento obbligatorio, dovrà tagliare drasticamente il numero dei tavoli? O taglia il personale, o aumenta i prezzi. E quei prezzi se li potranno permettere in pochi.
Un terzo delle persone starà bene. E i due terzi staranno male. In Italia. In altri Paesi le proporzioni possono cambiare. Ma sicuramente vi sarà quasi ovunque, come conseguenza di ciò,
– Un aumento delle diseguaglianze sociali
Attività che fino a ieri erano alla portata di tutti diventeranno esclusiva di un’elite.
La tanto vituperata globalizzazione consentiva a uno studente universitario di trascorrere un weekend a Londra con la fidanzata pagando quattro soldi, tra Ryanair ed AirBnb.
Ora cambia tutto.
Il costo dei biglietti aerei e ferroviari raddoppierà.
Il motivo è presto spiegato: se tra una persona e l’altra ci deve essere un posto libero, l’aereo viene riempito a metà.
E per coprire i costi, la compagnia aerea dovrà far pagare 2 ciò che prima faceva pagare 1.
AirBnb e la sharing economy fisica è in ginocchio: abbiamo infatti paura di andare a dormire nello stesso letto dove ha dormito un altro. O di salire sulla stessa macchina che ha guidato un altro. Senza contare le spese e il traffico per sanificare tutto, tutti i giorni.
Viaggiare diventerà un lusso per pochi. Come andare in albergo. Al ristorante. In discoteca. In spiaggia… e l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Tutto ciò porterà ad
– Un aumento della conflittualità sociale
I Paesi più stabili sono quelli dove, secondo il Coefficiente di Gini, c’è minore diseguaglianza nella distribuzione di reddito e ricchezza.
Più sale il coefficiente, più cresce l’instabilità.
Che sia stata la crisi del ’29, quella iniziata nel 2008 o quella cominciata due mesi fa, ogni crisi produce più povertà. Più diseguaglianza. E più rabbia. Più rancore. Più voglia, in chi prima stava bene e ora sta male, di sovvertire il sistema. E di mandare tutti a quel paese.
Chi sta bene ha interesse a rigare dritto e a rispettare le leggi. Chi sta male se ne infischia: è disposto a tutto, pur di campare. Per questo prevedo
– Una recrudescenza della criminalità
Parlavo ieri con un conoscente che aveva una pizzeria vicino a Napoli.
E’ stato costretto ad abbassare le saracinesche.
E sa che non potrà più rialzarle.
Cosa farai, gli ho chiesto.
E lui: Cercherò un lavoro. Un qualsiasi lavoro.
Un lavoro onesto, ho aggiunto.
Un qualsiasi lavoro, ha ribadito lui. Aggiungendo: mia moglie ha perso anche lei il lavoro, ho due figli da mantenere.
Ho preferito non approfondire.
Credo che più della microcriminalità da strada – quella visibile, che suscita allarme sociale – si rafforzerà la criminalità organizzata. Cioè le mafie. Che sanno approfittare fin troppo bene di questi tempi di disperazione.
E poi avremo
– Un aumento della conflittualità politica
Ne vediamo le prime avvisaglie.
Non parteggio per nessuno. Mi limito a prendere atto che stiamo già notando conflitti tra governo e opposizioni, e all’interno del governo e delle opposizioni. Tra Nord e Sud: d’Europa, e d’Italia. E poi conflitti tra il governo centrale e le regioni; e tra una regione e l’altra. Il che ci fa intuire a cosa potrebbe portare il federalismo all’italiana: a una conflittualità permanente.
Quando la rabbia popolare è tanta, è forte la tentazione di approfittarne, e di soffiare sul fuoco, per prendere il potere. Per questo i periodi di forte tensione sociale e politica sono quelli che più facilmente portano a ribaltamenti del sistema. Senza la crisi del ’29 Hitler non avrebbe preso il potere in Germania; senza la crisi iniziata nel 2008 non avremmo avuto, otto anni dopo, ribaltamento democratici come la Brexit e la presidenza Trump.
Più il popolo è incazzato, più vuole un cambiamento. Un qualsiasi cambiamento: tanto, peggio di così… Ma, purtroppo, al peggio non c’è mai fine. E a fronte di un Cincinnato che, terminata l’emergenza e finito il semestre da dittatore, torna ad arare i suoi campi, ci sono tutti gli altri autocrati, o aspiranti tali. Che una volta agguantato il potere faranno di tutto per non mollarlo mai più.
IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE
Forse mi starai odiando, perché ti sto prospettando tutto questo.
Preferirei, di gran lunga, dipingerti un futuro roseo. In cui andrà tutto bene, come vedevamo scritto sui lenzuoli fino a poco tempo fa.
Ma ti starei prendendo in giro. E preferisco beccarmi, anche stavolta, una sfilza di insulti piuttosto che scrivere per compiacere.
Non sappiamo se questo virus sia stato creato in laboratorio, come sostiene il Nobel Luc Montagnier. Ma sappiamo che è possibile creare virus in laboratorio. E che le nuove guerre saranno sempre più sia informatiche, sia virali.
Invece di gettare bombe atomiche, o di invadere un paese con i carri armati, sarà possibile metterlo in ginocchio con gli hacker. Paralizzando la sua rete informatica. E con i medici. A fronte di molti medici eroi, che danno la vita per salvare quella altrui, ci saranno sempre di più alcuni medici che, su indicazione del proprio governo autocratico, daranno vita a nuovi virus. Peggiori del Covid-19. O renderanno più aggressivi i virus esistenti. E si troverà il modo di propagare il morbo in modo mirato, là dove si vuole fare più male. Come ha scritto il politologo Walter Russell Mead sul Wall Street Journal, “il ventunesimo secolo sarà l’era della biologia. In cui la capacità di scatenare malattie tra gli avversari darà alle nazioni un vantaggio strategico”.
E’ roba da genio del male: distruggi il tuo nemico senza che nemmeno lui sappia da dove è arrivato il pericolo mortale!
Ma i pericoli non sono soltanto i nuovi virus, o i vecchi che ritornano rafforzati. Il grande pericolo viene dai cambiamenti climatici. Che molti si ostinano a non voler vedere.
Il coronavirus non c’entra con i cambiamenti climatici. Ma i cambiamenti climatici si faranno presto sentire. Ed è cretini – non da gretini: da cretini – non capirlo.
MA UNA SPERANZA C’E’…
L’essere umano è miope: non vede, di solito, al di là del suo naso. E non agisce finché non ha l’acqua alla gola.
Ora siamo tutti impegnati a fronteggiare il coronavirus: benissimo. Ma non ci rendiamo conto delle altre catastrofi che potranno arrivare. E chi ci mette in guardia è inviso. E viene deriso. Come Cassandra.
Noi adulti non siamo altro che bambini cresciuti. Come fa il bambino a imparare che non deve mettere la mano sul fuoco? Gli procuri una piccolissima scottatura. Piange, gli brucia. E solo così capisce.
Noi abbiamo bisogno di scottarci prima di imparare. Questo coronavirus è una bella scottatura. Ma non so se è sufficiente.
Cosa dobbiamo imparare?
Dobbiamo imparare che siamo tutti sulla stessa barca.
Che lo spirito di comunità e di collaborazione deve prevalere su quello di fazione.
Che dobbiamo ripensare il nostro sistema capitalista. E renderlo più equo.
Che dobbiamo rispettare la natura. Altrimenti si vendicherà. E farà male. Perché lei è più forte di noi.
E che dobbiamo essere più efficienti. Meno burocratici e più veloci. Nelle decisioni. E soprattutto nel metterle in pratica. La veloce (per i canoni italiani) ricostruzione del Ponte di Genova dimostra che, quando c’è davvero buona volontà, è possibile non finire ingabbiati in mille pastoie. E, invece, portare a termine la missione in modo puntuale e preciso.
Non tutti lo capiranno. Chi è accecato dall’ideologia e dai pregiudizi vorrà vedere solo ciò che conferma la sua tesi. Come Don Ferrante nei Promessi sposi: si ostina a non credere nella peste, e vi muore.
Ma una speranza c’è. Che una parte consistente dell’umanità riesca a ragionare. E a capire che proseguendo lungo questa strada andremo tutti a finire nel burrone. Anche chi non crede nel burrone.
E’ quando siamo alle strette che spremiamo le meningi per trovare una via d’uscita. E chissà che questa crisi, facendoci uscire dalla zona di agio, non ci spinga a trovare soluzioni cui, altrimenti, non avremo pensato. Soluzioni che potranno, nel tempo, aiutarci a vivere meglio di prima.
Nessun tunnel è infinito. Nessuna notte è eterna. Ma per veder sorgere il sole dobbiamo provare paura. Quella paura sana che, come insegno nei miei corsi di autodifesa, spinge ad agire. Per salvare la pelle.
Stavolta la pelle o ce la salviamo tutti. O non se la salva nessuno.