Non si parla mai abbastanza di longevità. Il tema continua ad essere sempre di grande interesse, soprattutto per le evoluzioni della scienza in merito alla possibilità di vivere più a lungo ed in salute, richiamando il concetto anglosassone di “healthspan”, ovvero  invecchiare restando giovani e attivi. Il Professor David Della Morte Canosci, uno dei massimi esperti su questo tema, Professore di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università di Roma Tor Vergata, Professore di Neurologia presso l’Università di Miami e Direttore medico-scientifico di Palazzo Fiuggi, ci spiega i segreti della longevità.

 

Oggi innanzitutto quali sono le malattie più temute?

Tra le malattie attualmente più temute ci sono le malattie cronico-degenerative non trasmissibili, la cui incidenza è drammaticamente aumentata nel corso degli ultimi anni, sia nei Paesi occidentali che nei Paesi orientali. Questo aumento è stato, in parte, ricondotto alla diffusione globale dello stile di vita occidentale, che spesso include abitudini alimentari non corrette e sedentarietà. Tra le malattie croniche si annoverano sicuramente le malattie neurodegenerative (come ad es. il morbo di Alzheimer), le malattie cardiovascolari, le neoplasie, le malattie respiratorie croniche, il diabete mellito e la sindrome metabolica. Queste patologie hanno un impatto negativo importante, in quanto sono responsabili di un aumento della mortalità e morbidità e, di conseguenza, di una riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita. Pertanto, vivere a lungo e vivere bene significa prevenire queste malattie attraverso un intervento precoce sui fattori di rischio.

 

Quindi cosa si deve fare?

È sicuramente necessario seguire degli stili di vita corretti, che includono un regime alimentare salutare (di cui la dieta mediterranea rappresenta l’esempio paradigmatico) ed un esercizio fisico il più regolare possibile. Esistono numerosi dati della letteratura scientifica che dimostrano come una dieta ricca di cibi antinfiammatori ed antiossidanti, se correttamente seguita e soprattutto se basata sull’assunzione di alimenti di alta qualità, sia in grado di prevenire e anche, in alcuni casi, determinare la remissione di malattie come il diabete mellito. Le evidenze scientifiche, inoltre, hanno ampiamente dimostrato il ruolo fondamentale svolto dall’attività fisica regolare. Ad esempio, una recente ricerca ha dimostrato che effettuare 10.000 passi al giorno costantemente rappresenta un tipo di attività fisica in grado di ridurre significativamente la mortalità cardiovascolare nei pazienti affetti da diabete. A Palazzo Fiuggi abbiamo pertanto definito un insieme di protocolli per raggiungere l’obiettivo della prevenzione e della “vita lunga e sana”, ricorrendo ad un approccio innovativo che vede la medicina tradizionale integrarsi con le più antiche terapie olistiche.

 

Che ruolo ha l’esame del DNA per prevenire qualsiasi problematica futura?

L’analisi del DNA attraverso le ultime tecniche di lettura del patrimonio genetico è sicuramente un esame fondamentale per la predizione del rischio che abbiamo di ammalarci di patologie croniche. In altre parole, è possibile identificare il livello di rischio di un individuo di sviluppare determinate patologie sulla base della familiarità e di quello che è scritto all’interno dei nostri geni. Una volta identificato questo rischio, con l’ausilio di uno specialista di genetica medica, possiamo andare a mettere in atto delle strategie preventive mirate, che oggi chiamiamo medicina personalizzata. Inoltre, oltre alla genetica in senso stretto, oggi emerge sempre di più il ruolo della “epigenetica”, una branca della genetica che studia come i fattori ambientali (ad es. agenti fisici e chimici, dieta, attività fisica) possano modificare l’espressione dei nostri geni pur senza modificare la sequenza del nostro DNA. In parole semplici, l’epigenetica ci dice come il nostro stile di vita, il luogo in cui viviamo e quanto noi facciamo impatti su chi siamo e sul nostro DNA.

 

Ci faccia un esempio…

Alla nascita il rischio che noi corriamo di ammalarci per una determinata patologia cronica secondo il nostro DNA è variabile tra circa un sesto e un quarto del rischio totale, mentre il resto è determinato dallo stile di vita e dall’ambiente: vale a dire come mangiamo, quanta attività fisica facciamo, quanto stress subiamo durante il giorno, come dormiamo, dove viviamo. Tutto ciò impatta moltissimo sul modo in cui il nostro DNA “si esprime”. Recenti studi pubblicati sulla rivista Cell parlano di “ICE” ovvero “Inducible Changes to the Epigenome”, proprio per evidenziare quanto le nostre decisioni cambino e modifichino i rischi che corriamo in termini di salute.

 

Quali sono gli studi che state portando avanti all’Università Tor Vergata sulla longevità?

Presso l’Università di Tor Vergata abbiamo istituito una delle prime Bio-banche Italiane sull’invecchiamento (BioGerT-Biobanca Geriatrica di Tor Vergata) con l’obiettivo di identificare biomarcatori di fragilità e patologie croniche in pazienti anziani e quindi possibili target di longevità. Inoltre, con il Professor Giuseppe Novelli dell’Università di Roma Tor Vergata, genetista di fama internazionale, e Palazzo Fiuggi, stiamo elaborando un protocollo unico per l’analisi del DNA collegato ai geni della longevità e del benessere.

 

Ci sono dei luoghi nel mondo in cui le popolazioni vivono di più, vuoi per lo stile di vita, vuoi per l’alimentazione. Voi studiate i casi di queste popolazioni?

Assolutamente sì, come il Giappone e la stessa Italia. Sulla longevità abbiamo senz’altro capito una cosa, ovvero che le abitudini alimentari hanno un impatto fondamentale, pensiamo al modello della dieta ipocalorica. Questo avviene perché la restrizione calorica, così come l’attività fisica, attiva dei geni e delle proteine anti-infiammatori e antiossidanti come le sirtuine, che sono essenziali per permettere alle nostre cellule di non invecchiare e vivere più a lungo. Tuttavia, è evidente che non si possa trascorrere la vita alimentandosi con un regime totalmente ipocalorico per vivere più a lungo, in quanto non si godrebbe poi dei piaceri della buona tavola. Quindi possiamo trovare delle soluzioni come, ad esempio, una dieta basata sul consumo di alimenti (come ad es. il pesce azzurro) dalle spiccate proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie.

 

In Italia quali sono le popolazioni più longeve?

 Tra le popolazioni più longeve sicuramente la Sardegna e le regioni del centro Italia. Abbiamo quindi studiato lo stile di vita di queste popolazioni, in cui si osservava un maggior consumo di frutta e verdura ed un minor consumo di grassi saturi e di cibi processati, che sono associati ad un aumentato rischio di sviluppare patologie croniche. Le persone più longeve di queste Regioni avevano abitudini di vita dettate dalle ore solari, il che determinava un orologio biologico favorevole per prolungare la durata della vita. Uno studio dell’Università di Teramo ha confermato che un digiuno quotidiano di circa 17 ore (digiuno intermittente) può avere un effetto positivo in termini di longevità e prevenzione delle malattie cronico-degenerative nei centenari Abruzzesi.

 

E per quanto riguarda l’alimentazione?

 L’alimentazione è strettamente collegata alla nostra predisposizione alle patologie. Per esempio, la scoperta della dieta “mima-digiuno”, è legata all’intuizione della variazione di un ormone legato al metabolismo, l’IGF-1, in una popolazione indigena del Sud America. Questi soggetti, con bassi livelli di questo ormone, soffrono di nanismo, sono molto longevi e anche se si nutrono di cibo “spazzatura”, si ammalano relativamente poco di malattie cardiovascolari. Capire quindi il metabolismo glicidico individuale è fondamentale. Oggi, per esempio, il morbo di Alzheimer viene anche chiamato “diabete di tipo 3”, in quanto abbiamo compreso che nella genesi di questa patologia neurodegenerativa l’insulino-resistenza a livello cerebrale giocherebbe un ruolo importante. Di conseguenza, tutte le terapie collegate al metabolismo possono prevenire le patologie neurodegenerative, così come una dieta povera di zuccheri semplici.

 

E se si assume la metformina?

 La metformina è un farmaco insulino-sensibilizzante, ovvero in grado di migliorare la sensibilità dei nostri tessuti all’insulina, un ormone anabolico che è essenziale per il corretto metabolismo del glucosio da parte delle cellule. In presenza di insulino-resistenza, infatti, si verifica un alterato metabolismo del glucosio che può predisporre successivamente allo sviluppo del diabete mellito di tipo 2, alla sindrome metabolica ed a tutte le comorbidità associate (ad es. ictus ischemico, infarto del miocardio, etc.). Oltre alla sua azione insulino-sensibilizzante, la metformina, secondo recenti studi, svolge un’azione antiaging, principalmente attraverso le sue proprietà antiossidanti mediante l’azione dell’enzima AMPK. La metformina è stata proposta infatti come primo reale farmaco in grado di rallentare l’invecchiamento e se integrata con altre sostanze antinfiammatorie, come i polifenoli, la sua azione anti-invecchiamento a livello cellulare potrebbe essere davvero significativa.

 

 Ma la metformina serve anche per dimagrire? E ci sono effetti collaterali?

Tra le sue azioni, la metformina è anche in grado di determinare un certo grado di calo ponderale, principalmente attraverso una modulazione dei centri della fame (localizzati in un’area del sistema nervoso centrale chiamata ipotalamo), oltre che attraverso la riduzione dell’insulino-resistenza e modifiche del microbiota intestinale. Si tratta tuttavia di un farmaco che, in quanto tale, va prescritto da un medico specialista, sebbene le controindicazioni al suo utilizzo siano poche (ad es. la presenza di insufficienza renale).

 

 Quindi cosa fare per invecchiare meno e meglio?

Con l’attività fisica ed una dieta equilibrata siamo in grado di prevenire una serie di alterazioni che avvengono normalmente durante il processo di invecchiamento. Ad esempio, bastano anche solo 30 minuti di passeggiata tutti i giorni per prevenire la sarcopenia, ovvero la perdita di massa muscolare, che è molto rischiosa in termini di salute, specialmente per il rischio di mortalità cardiovascolare nei pazienti affetti da patologie cronico-degenerative. Una giusta prevenzione e una attenzione a noi stessi, anche in termine di salute mentale, intesa come benessere psicofisico, ci permette di aggiungere gli anni con tranquillità alla nostra vita.

 

Qual è una vostra ricerca futuristica sulla longevità?

In collaborazione con il Professor Eugenio Martinelli del Centro di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata, stiamo mettendo a punto una serie di progetti di ricerca basati sulla tecnologia “organ-on-a-chip”, la quale si basa sulla creazione di organoidi in cui vengono replicate molto fedelmente le funzionalità di uno specifico organo umano in un chip (sia in condizioni fisiologiche che patologiche). Questo permette di studiare, attraverso un sistema di membrane e tramite l’intelligenza artificiale, tutto ciò che succederebbe ad un organo sottoposto ad un dato trattamento e specialmente quello che succede durante i processi di invecchiamento. Questa è una grande frontiera in quanto fornisce dei dati totalmente innovativi che è possibile monitorare nel corso del tempo, che sarebbero poi gli anni in cui invecchiamo. La tecnologia “organ-on-a-chip” ha inoltre ricevuto grande consenso dalla Comunità Europea, in quanto ci permette di effettuare test preclinici senza il bisogno di utilizzare animali da laboratorio.

 

Foto: Palazzo Fiuggi

Foto: Palazzo Fiuggi

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