03Ott 11
I vostri racconti / Roberto
Roberto si lamenta del deserto di idee da cui siamo tristemente circondati:
Pensieri, idee proprie? E già, chi li ha più? Si usano quelli di altri, preconfezionati, impacchettati e stampati.
Li regalano persone che, a loro volta, non ne hanno di propri.
Sono oggetti fuori mercato, la violenza dell’ignoranza si scaglia contro chi osa pensare con la propria testa.
Questo deserto non può durare per sempre, ma ricostruire non sarà facile.
La sua domanda la rispose Helvetius nel suo De l’Esprit. Il problema é che pensare é lavoro e spesso é faticoso e potrebbe anche essere doloroso specialmente quando si occupa di questioni religiose che ci sono inculcate nell’infanzia. Peró come dice Helvetius l’uomo é basicamente un essere pigro e perció rifugge il pensare, e quindi da l’addio a nuove idee.
Settanta o ottanta anni fa circa, al mio paese, c’erano solo il parroco, il dottore, il farmacista e il sindaco ad avere idee. Seguirono poi gli agronomi e gli industriali della concia. La massa era semianalfabeta. E per le firme “importanti”, si doveva portare due testimoni, se non si voleva vedere in calce ai documenti la terribile X. Quello era il mondo nostro. Anche i miei nonni toccò, la prima e la seconda elementare, poi fuori nei campi e prati con mucche o pecore. Il valore delle braccia era altissimo. Oggi, per fortuna, tutti hanno idee in abbondanza. Può darsi che ci sia un appiattimento culturale, a cui credo poco, forse è più una questione di velocità comunicativa, che non permette l’approfondimento o l’interesse su certi argomenti. Pensare con la propria testa, implica anche una determinata lentezza, un corretto uso delle parole, uno stile colloquiale più calmo, una certa tranquillità d’espressione. Oggi sono i numeri che prevalgono, il Tam-Tam della giungla è tornato di moda. L’immagine diventa più veloce della parola, mentre il rumore si lascia coprire dalle banalità. Siamo nel regno delle confusioni, ci sentiamo male, spesso abbiamo bisogno delle ripetizioni. Il capo, una volta mi dava un comando, una volta sola; adesso, il nipote di quel capo, quello stesso comando me lo ripete cinque o sei volte, perchè? E così con tutti. Per non parlare dei piani alti. Le troppe ripetizioni denotano estreme insicuezze. E le insicurezze mostrano la nostra fragilità; eppure siamo i nuovi popoli con tante idee. Saluti.