Venerdì 3 gennaio 2014 – Santa Genoveffa – Taurianova

Sì, basta con questo volgarissimo modo di chiamarle, le Donne. Finiamola di rappresentarle come se fossero solamente delle portatrici sane di vagine da esplorare. Spiaccichiamoglielo corposamente sul grugno quel sorrisino beffardo a quegli uomini deficienti che, mentre lo pronunciano, si passano pure la mano soddisfatta sulla patta come a premiare il complice del lavoro svolto. A tutti, ai nostri amici, fratelli, parenti, colleghi. A tutti coloro che pensano che le Donne servano solo a “temperare la punta al lapis”, come mi confessò una testa di cazzo, che cercava pure una sorta di appoggio maschile da me. Proprio dalla persona sbagliata, oserei sottolineare.

Prendiamoli a calci sui denti, gli spavaldi della trombata. Quelli che la strombazzano ai quattro venti, la loro bravura ginnica nel coito. Quelli che vorrebbero, magari, proporla come specialità olimpionica. Ma che, a conti fatti, enfatizzati quei cinque, dieci minuti di fuochi d’artificio, poi si afflosciano sul morbido, passando più ore ad accarezzarlo complimentandosi, che a convincerlo ad abbassare le misere pretese, peraltro già soddisfatte.

Ominicchi da appendere al filo dei panni ed esporre al pubblico ludibrio. Minchiarelle ciarlone cresciute a mano destre e giornalini porno. Rendessero quel che promettono, la Terra sarebbe un Luna Park sempre illuminato. E, invece, è un Pronto Soccorso del desiderio. Una corsia in cui il piacere è costantemente attaccato al cavo trasparente dell’ipodermoclisi.

Coglionazzi, figli di mammà, con il bordo della bocca ancora unta di ragù da barattolo e la tasca del calzone sformata dal panino con la mortazza. Fanno gli splendidi con la macchina comprata a suon di farfalle firmate dal padre, altrettanto demente, e la camicia calda di vaporella, che la madre frustrata abbraccia come unica amica nella sua valle di lacrime. Hanno creato il panico. Addomesticato Donne fiere e dignitose. Agguinzagliato Amazzoni. Incarcerato Femmine combattive e Vergini lacrimose. In nome dell’arroganza dello slip griffato, scavallato, d’acchiappo.

Giovanottoni ammuscolati, gonfiati a buchi di siringa, gommati e abbrustoliti dentro i fornetti da estetista. Che promettono divinità a centimetri, salvo, poi dover dichiarare un due di briscola. Sbruffoncelli da spavalderia da Bar dell’Angolo.

E non solo angolo di Roma, o Gorgonzola, o Reggio, Ragusa, Bitonto o Pontedera. No, no. L’angolo dei cretini è in giro per il mondo. Tutto il Pianeta può mostrare i propri pezzi di merda. Perché in ogni angolo di questa immensa Terra c’è una Donna che piange, una Ragazzina sottoterra, una famiglia che si dispera. Un carabiniere che registra una denuncia. Un tribunale che condanna o, purtroppo, assolve un pervertito.

Quella che la stampa e la piazza ha scelto, in questi giorni, è la Giovane Donna indiana stuprata più volte e ARSA VIVA. Di Lei parlano i tiggì, i quotidiani, i siti. Ma tutti sappiamo che, dietro a Lei, sono migliaia al giorno le Donne vittime di violenza. Cosa vogliamo per loro?Cosa pretendere dalla Giustizia? La pena di morte non è il rimedio per il male. Forse, è la punizione per i colpevoli. Non so. Sono confuso nel profondo dell’anima. Una volta non volevo nemmeno sentirla nominare la pena di morte…

Il rimedio per questo male è, però, molto probabilmente  in mano proprio alle donne. Che sono anche madri. E, spesso, ingenuamente si compiacciono quando il figlio maschio torna a casa ogni giorno con un trofeo diverso. Ogni giorno con una povera Giovane Donna che ci sta credendo. E loro, le Mamme, tacciono. Non le aiutano. E non sfondano il culo del figlio a pedate. Non gli torcono la sacca fino a fargliele esplodere, quelle palline che loro stesse hanno provveduto a fargli crescere dentro.

Sì, Mamme. Tocca a voi. O, meglio, ANCHE a voi educare i vostri figli al rispetto delle Donne. Quando sentite che le chiamano “figa”, o “tipa”, intervenite seriamente con la storica “cucchiara di legno” sull’apparato gengivale dei mentecatti che avete partorito. A qualcosa servirà. Se non altro, non potranno mordere. E, la volta successiva, evitate di abbassare la testa davanti alle loro melliflue richieste. Niente Smartphone, niente moto, o automobile, o soldi in tasca. Pretendete che studino e lavorino. E, intanto, vegliate sulla loro crescita.

E, Voi, Giovani Donne di ogni dove, innamoratevi dopo. Dopo averlo incontrato, osservato, conosciuto, sperimentato, messo alla prova. Non vi consegnate come vittime all’altare. Non lo cercate fra le anime virtuali, o fra i sorrisi stampati sulla carta delle riviste: quelli non esistono. Sono uomini costruiti in laboratorio per farvi sognare. Ma quei sogni, da vicino, puzzano d’incubo. E fabbricano morte.

Siate vigili. E denunciateli.

… fra me e me. Sventrato dal dolore per l’ennesima vittima.

 

 

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