Perché l’odio è più forte dell’amore. E come usarlo a fin di bene.
Non piace sentirselo dire, ma purtroppo è la verità: l’odio è un sentimento più forte dell’amore. Più duraturo. Più pervasivo. E più contagioso.
Insomma, è più potente. E’ una reazione primordiale: l’odio serve ad attivare l’adrenalina. E a difendersi da un pericolo. Non a caso, le mobilitazioni “contro”, nelle strade e sui social, sono sempre più seguite di quelle “pro”. Ami qualcuno? Lo fai sapere ad alcuni. Ma difficilmente, a meno che non sia un amore folle, di quelli che capitano una volta nella vita, lo strombazzi ai quattro venti. Invece lo odi, e vuoi rovinarlo? Cerchi di coinvolgere quante più persone possibili per sputtanarlo e fargli del male. .
Il male è, ahimè, più forte del bene. La dimostrazione? Vai in un ristorante e mangi bene. Forse lo consigli a qualche amico. Potresti, se sei proprio soddisfatto, postare la foto di un piatto su Instagram. Ma la cosa finisce lì.
Se invece mangi male e sei furioso, ti affretti a farlo sapere a tutti i tuoi conoscenti. Scrivi parole di fuoco su tutti i social che hai a disposizione. Pubblichi una recensione a una stella su Tripadvisor. E continui. Fino a quando, nel tempo, la rabbia non si placa. Ammesso che un giorno si plachi del tutto.
I social network premiano l’odio
Con l’avvento dei social network questa caratteristica radicata nell’animo umano si è accentuata. Quali sono, infatti, le due principali caratteristiche di Facebook & Co?
1) L’emotività. Se vuoi tante condivisioni e tanti Mi piace devi postare roba emotiva. Choccante. Che scuota, scandalizzi. O, meglio ancora che faccia incazzare. I punti esclamativi, le maiuscole, i paroloni di fuoco servono proprio a questo. Non importa se si tratta di verità o di bufale: basta che ecciti gli animi. In negativo. Difficilmente ciò che suscita sentimenti amorevoli diventa virale;
2) L’immediatezza. Il contenuto dev’essere di immediata fruibilità. Non deve stimolare il ragionamento (pensare è faticoso e richede tempo), ma dev’essere un pugno nello stomaco. O un calcio nelle palle. In non più di tre secondi quell’immagine, quel clip, quella parola devono sconvolgerti. Attivando una delle due emozioni primordiali, da paleoencefalo, per eccellenza: la paura e l’odio. O, meglio ancora, entrambe. Vanno di pari passo: se temi qualcuno, lo odi.
Oggi siamo più incazzati che mai. E c’è chi ne approfitta…
Risultato: oggi siamo più arrabbiati, rancorosi e pieni d’odio che mai. E non a caso molti politici ne approfittano. I loro post di maggior successo sono quelli in cui si scagliano contro qualcuno, accusandolo di ogni nefandezza possibile. Sorvolando, com’è evidente, sulle loro responsabilità.
Va bene, mi dirai: ma a me che non mi occupo di politica, cosa interessa?
Ti interessa, eccome. Perché puoi usare il tuo odio, che fa comunque parte del tuo io più profondo, a fin di bene. Non sterilmente, facendo l’interesse di chi lo attizza, contro qualcuno o qualcosa che viene additato alla pubblica esecrazione – gli immigrati, gli ebrei, i tedeschi, i marziani, Bruxelles, Roccacannuccia, il Presidente della Repubblica, il presidente della bocciofila, il capo di questo o quel partito – ma nel tuo interesse.
Come? Odiando con tutte le forze qualcosa di te che non ti piace. Vuoi cambiare un comportamento? Odialo. Vuoi vincere una tua debolezza? Odiala. E combattila con tutte le tue forze.
Usa il tuo odio a tuo vantaggio!
Un mio cliente non era capace di dire di No. E finiva con l’essere lo zerbino di tutti. Aveva paura di dispiacere agli altri. E, come ben sappiamo, se cerchi di piacere a tutti finisci col non piacere a nessuno. Tantomeno a te stesso. Infatti si rammaricava di questo suo comportamento. Ma non era abbastanza. Non ancora arrivato ad esecrarlo. Ad aborrirlo. Quindi ad odiarlo.
L’ho aiutato a provare un sentimento violento – un vero odio – nei confronti di questo suo comportamento negativo. A rivedere e a rivivere, come in un film, i casi in cui aveva chinato la testa. In cui era stato schiavizzato. E nel contempo a vedersi diverso: sicuro di sé, capace di rifiutare. Di non cedere. Di tenere la schiena dritta. Gli ho fatto vivere intensamente, con tutti e cinque i sensi, entrambe le situazioni. Ad accentuare l’avversione verso un atteggiamento. E il desiderio verso l’altro. Odio e amore. Con l’odio ad allontanarlo dal comportamento sbagliato, e a spingerlo verso quello giusto, ancor più dell’amore. Dopo qualche seduta ce l’ha fatta! Oggi è un uomo assertivo, a testa alta. Che sa farsi rispettare.
Dall’odio all’amore
Un’esperienza simile è successa a me. A sette anni. Vivevo sulle colline di Albissola, in Liguria. Dietro casa, durante la stagione venatoria, sembrava d’essere in guerra. Spari continui, dall’alba al tramonto. Trovavo gli uccellini stecchiti, ammazzati da pallottole più grandi di loro. E provavo una grande rabbia. Che diventava odio verso quegli assassini di creaturine inermi.
Finiti i compiti, andavo a distruggere le capanne dei cacciatori. Una sera uno di loro mi beccò. Mi riempì di ceffoni. Tornai a casa in lacrime, il viso gonfio e in fiamme. E giurai a me stesso, il cuore pieno d’odio, che avrei dedicato la vita a combattere la violenza del più forte sul più debole. Con quello stesso spirito, anni dopo, avrei fondato i City Angels. Da un male è nato un bene: oggi aiutiamo oltre 3mila persone, senzatetto e vittime di criminalità, ogni giorno in tutta Italia. Dall’odio è scaturito l’amore.
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