Biennale d’arte/ Materiali, storie, installazioni e nuovi suoni
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Biennale Arte, ma non solo. Anche territorio per musicofili a caccia di sonorizzazioni e di spunti immateriali adottati nelle più diverse forme dagli artisti dell’immagine e della materia. La musica che a vario titolo, soprattutto in forma di storie e suggestioni, entra nelle opere. Prima passeggiata alla 53esima esposizione internazionale “Fare mundi” – dal 7 giugno al 22 novembre a Venezia, zona Arsenale e ai Giardini.
Capita di imbattersi, fuori dalla sede presa in considerazione e precisamente a Palazzo Michiel Dal Brusà, in titoli come “The end” (padiglione Islanda): ecco nella guida Ragnar Kjartansson. La videoinstallazione presenta uno spettacolo ripreso sulle montagne rocciose a suon di chitarre elettriche e diffusori. Alla mostra anche Arto Lindsay, che “mette insieme i segni e le culture diverse, reinventa i generi musicali e si appropria dello spazio pubblico mediante una nuova forma di performance”. Siamo arrivati a Philippe Parreno, che “indaga la natura dell’immagine”. Le tele fanno da schermo per la proiezione di un film accompagnato dall’inizio di “Desert”, la composizione musicale di Edgar Varese del 1954.
Interessante il discorso dell’artista Roberto Cuoghi: “Men gui – secondo la guida della manifestazione – inventa una lunga storia per una canzone popolare, originariamente scritta nel 1940 per i cabaret di Shanghai. All’Arsenale c’è Tamara Grcic: la sua installazione, viene spiegato, somiglia allo scenario di un film: “i gommoni vivacemente colorati (…) sono accompagnati da una composizione”. De Forme – presso la Gervasuti Foundation – viene presentato con l’immagine di un amplficatore Marshall; “la deformazione costituisce un aspetto fondamentale dell’espressione creativa (…)”; performance con la partecipazione di diversi artisti. Sonorizzazioni a base di brusii, parte dell’opera stessa. Siamo nella Galleria San Vidal – campo san Zaccaria – dove c’è Blue zone: progetto multimediale; “eccheggiano soltanto le voci degli artisti mentre descrivono opere inesistenti e invisibili immerse in una luce blu”.
In allegato: “Orbite Rosse” di Grazia Toderi