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A metà luglio lo aspettano a “Umbria Jazz”, a Perugia, dopo i passaggi all’Auditorium Parco della Musica (in programma 1 luglio) e Villa Arconati (30 giugno). Lui, Herbie Hancock, 70 anni, anche stavolta sorprende per le scelte: lontani i tempi di “Cantelope Island” – che comunque non manca mai di proporre al suo pubblico – eccolo con un progetto all’insegna dell’impegno: “Imagine Project“, incisione realizzata in diverse parti del mondo con musicisti dei diversi angoli del pianeta. Temi chiave: la pace e la responsabilità civile, rappresentate con una serie di song significative, riviste e corrette alla Hancock e la sua band; song che nei loro generi hanno fatto storia. Vedi la prima dell’album in questione: “Imagine” di John Lennon. 

A Villa Arconati Hancock, l’altra sera, ha inchiodato per oltre due ore il pubblico alle sedie, in un appuntamento sold out. Dall’inizio sinfonicamente fusion sino ai momenti di intimismo pianistico; e ancora; i “duelli” strumentali, come quello col batterista Vinnie Colaiuta, le peripezie funky. Non c’è che dire: al di là del fatto che è uno dei pilastri della storia del jazz degli ultimi cinquanta anni, ogni volta che compare in concerto si conferma un uomo da palco. Sebbene abbia già dato molto e continui col suo eclettismo a proporre progetti, quando Hancock fa Hancock la gente impazzisce. Lo si è visto mercoledì sera a Villa Arconati (30 luglio): passaggi sublimi, col suo inconfondibile modo di prendere la tastiera e scaraventarla in un’altra dimensione, con la sua straordinaria capacità di ricerca, la sua originalità. E ancora: lui che chiude con un classico come “Chameleon“: pubblico assiepato sotto il palco, lui fotografato, osannato, che scherza coi colleghi-strumentisti, con la gente.

Imagine” è la tappa dell’impegno sociale, un’altra tappa ancora. Il suo è stato mezzo secolo di viaggi artistici e di esplorazioni; dal bimbo prodigio che amava Mozart all’incontro col mentore Donald Byrd, dagli anni con Miles Davis alla ricerca spirituale di Mwandishi. Il ritorno alla terra del funky, e poi avanti così, da una tappa all’altra fino ai giorni nostri. L’ultimo progetto è un’incisione davvero godibile con arrangiamenti assai raffinati, canzoni di chi sa/sapeva scriverle veramente. Il piano e le tastiere del Nostro spuntano qua e là; in alcuni punti sono protagonisti. E Hancock fa Hancock. Voci ben scelte, operazione interessante, spendibilissima anche per i “live”.
In allegato: musiche di Hancock