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L’incontro avviene in una serata speciale, complici i piaceri della tavola. Con le “Nozze di Figaro” mozartiane, tra una considerazione (“la musica non scritta ha abbassato la qualità della produzione artistica…”) e l’altra (“ma queste Nozze…, gli archi così veloci, una moda che snatura…”), ecco arrivare l’invito: sabato 25 settembre a Milano, “I Promessi sposi”, lettura concertante per attori e quattro strumenti dal romanzo di Alessandro Manzoni (Casa del Manzoni, via Morone 1, alle 21) a cura di Giuseppe di Leva, musiche di Carlo Galante, con Paolo Valerio, Silvia Donadoni; sul palcoscenico I Virtuosi Italiani. Un appuntamento della sesta edizione dell’Ottobre Manzoniano. A tavola anche Carlo Galante, autore delle musiche, un compositore che non ha certo bisogno di presentazioni. Classe 59, trentino, un curriculm di tutto rispetto: averlo di fronte è l’occasione per farsi raccontare il suo impegno sul fronte compositivo, i suoi progetti, la sua evoluzione. Ma prima di tutto, Manzoni da “coniugare” con la musica contemporanea. Una bella sfida…

Raccontami come è nato questo lavoro, quando ti sei messo a scrivere come è stato il tuo “incontro” con Manzoni…
“L’anno scorso i Solisti Dauni storico gruppo di musica contemporanea di Foggia mi ha commissionato un lavoro di teatro musicale sui Promessi Sposi da inserire nel loro cartellone I Teatri Possibili. Ho accettato con entusiasmo ma con uguale trepidazione questo lavoro, infatti mi sembrava difficile – data la lunghezza, la complessità, la varietà e la fama del romanzo – ancor prima di inventare la musica, riuscire a stendere una sceneggiatura, cosa tagliare (la maggior parte) e cosa tenere. Era fondamentale trovare una drammaturgia che raccontasse il romanzo adeguandolo ad un incontro con la musica. Giuseppe Di Leva si è fatto carico di questo difficile lavoro, scegliendo abilmente i brani più significativi dell’immenso romanzo giuntandoli tra di loro con brevi riassunti; alla fine siamo riusciti a raccontare tutta la storia e presentare tutti i personaggi più significativi”.

Musica contemporanea e romanticismo (già perché Manzoni ne è stato il massimo esponente italiano), come hai deciso nei “fatti” di coniugarli…
“Credo che l’interesse che può destare, sia a chi lo ascolta che a chi lo scrive, un lavoro musicale sui Promessi Sposi sia quello di trovare un punto di vista originale ed inconsueto sul romanzo, qualcosa di diverso che solo l’incontro con la musica può suggerire. In tal senso la mia lettura di Manzoni non ha alcuna remora filologica né storicistica: ho certamente adattato la mia musica al carattere dei personaggi e al divenire degli eventi ma ho composto una musica di adesso che riflettesse questo punto di vista”.

Racconta in breve di che cosa è fatta la musica del monologo… (e che cosa gli attori andranno a leggere).
“La difficoltà direi strutturale della forma del melologo è quella di trovare un efficace  punto di equilibrio tra le ragioni del testo e le ragioni della musica. Entrambe le espressioni devono essere autonomamente significative senza mai prevalere l’una sull’altra: nel caso dei Promessi Sposi ancor prima di mettere una sola nota sul pentagramma è stato fondamentale predisporre una drammaturgia efficace alla messa in scena del testo. La dicotomia tipicamente operistica tra azione (recitativo) e riflessione (aria) si tramuta, in questo lavoro, nella matrice di una nuova dicotomia, quella tra dialoghi e brani narrati. Se i primi, nell’impossibilità della musica di seguirne passo passo il mutevole andamento, sono affidati unicamente alla voce del narratore (assicurando, al contempo, l’assoluta intelligibilità del testo); i secondi, al contrario, galleggiano sul fluire della musica che li interpreta, assecondandone il clima drammatico. Questi brani in prosa diventano dunque altrettante scene musicali: ognuna una breve ma conchiusa forma dalla ben definita intonazione”.

E’ la prima volta che ti cimenti in un’operazione di questo genere…
“Il melologo è una soluzione di teatro musicale che ho sperimentato più volte: in alcune mie opere almeno uno dei personaggi è interpretato da un attore che recita sulla musica, in contrapposizione ad altri personaggi cantanti. In genere, questo personaggio ha funzioni, in qualche modo, didascaliche, per rendere più comprensibili determinati snodi drammaturgici; ed è ciò che avviene, ad esempio, nella mia Opera Racconto di Natale. In IN RI Passione secondo anonimo, un attore è l’anonimo romano che narra  tutta la settimana santa che lui stesso ha avuto l’avventura di seguire; il lavoro diventa un lungo melologo scandito da parti cantate in cui un soprano è al contempo corifeo ma di volta in volta intona anche, alcune parole di Gesù, dell’Angelo e di Maria Maddalena”.

Parliamo di te, curriculum ricco, ha studiato con Catiglioni e Castaldi, qualche ricordo…
“Nutro grande affetto nei riguardi di  Castiglioni (come dell’altro mio maestro, per fortuna vivissimo,  Castaldi); compositore di grande talento e di pochissime parole, mi ha insegnato il bisogno della chiarezza e della precisione nella scrittura musicale e il sospetto nei confronti di ogni forma di ridondanza”.

Tra le diverse “cose” che hai scritto e che ti sono state commissionate anche una sul fronte dell’impegno. Requiem per le vittime della mafia. Una potente fonte ispirativa…
“Un momento fondamentale della mia carriera artistica a prescindere dagli esiti puramente musicali…quella sera  a Palermo, in una cattedrale gremita da tante persone segnate dalla sventura della perdita dei loro cari per mano mafiosa, ed aver potuto donare qualcosa a loro…è stata, per me, un’esperienza umana fortissima”.

Da un punto di vista strettamente “artistico”, come si colloca il tuo lavoro, quali sono gli strumenti che prediligi (gli archi?) insomma che tipo di compositori sei…
Mi piace molto scrivere per il teatro musicale, ma anche quando scrivo musica strumentale il mio rapporto con la letteratura rimane sempre forte ed  intenso: mi piace pensare che la musica sebbene non possa “raccontare” una storia, abbia il potere di evocarla”.

Negli anni quale è stata la tua evoluzione…
‘E difficile dirlo in poche parole: ho cercato di non farmi imprigionare in nessuna ideologia, al contempo di tenere desta la curiosità nei riguardi dell’esistente (mi interessano i più diversi orientamenti musicali)  ma senza farmene troppo condizionare. Nella mutevolezza del reale cerco quello che sento mi appartenga veramente (ma non per mera somiglianza, ma per intima affinità)…in definitiva voglio  scrivere una musica che non suoni falsa e priva di personalità”.

Progetti…
“Tra i vari lavori che ho in cantiere quello che mi appassiona in modo particolare è il concerto per due clavicembali e Orchestra, I tempi di Dafne, che mi ha commissionato Ivan Fedele per la prossima stagione dei Pomeriggi musicali. La passione per questo antico strumento, il fascino del mito a cui  richiama il titolo e la celebrazione della nascita della mia incantevole figlia  Dafne, mi stanno donando una particolare carica creativa e felicità nello scriverlo”.
In allegato: (INRI) musiche di Carlo Galante