Dibattito / Da Sciarrino a D’Andrea: la carica degli autodidatti
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Sinfonie, quartetti e concerti per duo. Repertori così, ieri come oggi (soprattutto vista la complessità della musica moderna) che non possono essere scritti da chiunque, minimo da addetti ai lavori; attestati alla mano, da chi possiede gli strumenti necessari per potersi muovere nalla composizione musicale. Che richiede non solo idee e musicalità, ma anche e soprattutto scienza che si apprende spesso con studi non facili da affrontare, anche presso insegnanti, istituti e concervatori. Ma le eccezioni, per fortuna ci sono, e di questi tempi sono più che in altri delle risorse.
C’è una corrente di pensiero – ma per la verità probabilmente c’è sempre stata – che oggi più che in passato sostiene che se si cerca una novità, quella non può che arrivare più facilmente dal mondo del fai da te, degli autodidatti appunto. Il motivo è intuitivo: chi va per conto suo – superata la questione dell’acqusizione della teoria e della pratica necessarie all’uso della musica e dello strumento -: chi va per conto suo rischia di meno di essere imbozzolato dalle regole o dallo stile del suo mentore. Chiaro, non è una verità scolpita nella roccia eterna, altrimenti dovremmo consoderate ogni piccolo o grande epigono perfetto del suo maestro. A proposito interessanti sono le parole di un grande maestro (autodidatta) come il compositore Salvatore Sciarrino – intervistato da Susanna Persichilli: “Quando a vent’anni dicevo di essere autodidatta, provavo vergogna; poi ho insegnato nella scuola pubblica e ora lo affermo con orgoglio. Penso che il difetto della scuola pubblica sia quello di dare delle regole passe par tout, senza preoccuparsi di formare la sensibilità dell’artista, che secondo me è più importante. Bisogna saper accettare se stessi, non soltanto le proprie ambizioni, perché c’è spazio per ogni personalità, per i grandi e per i piccoli artisti: Mozart senza Cazzaniga non avrebbe scritto il Don Giovanni”.
E ancora: “Essere autodidatta significa non dover affrontare degli esami e poi diventare compositori; la scuola crea questo equivoco: si superano delle prove e si diventa qualcuno o qualcosa. Questo modo di pensare è il contrario di un artista, ciò vale soprattutto per un compositore; comporre è inquietudine e allo stesso tempo qualcosa di modesto, che va conquistato momento per momento, quando siamo nella nostra stanza, nell’assiduità del nostro lavoro di evoluzione e di scavo. Essere autodidatta vuol dire studiare bene i classici e respirare a pieni polmoni la libertà: essa è necessaria per riuscire a costruire la propria personalità”.
Qualche nome di musicisti o maestri autodidatti: Dizzy Gillespie, John Petrucci, Jimi Hendrix, Richie Blackmore, Jimi Paige, Kurt Cobain, Jaco Pastorius e Franco D’Andrea:
In allegato: musiche di Salvatore Sciarrino