In platea / Il Sentiero di Del Corno passa anche da Machaut
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Ermetismo melodico, raffinati giochi timbrici, improvvise provocazioni techno-ritmiche, persino mescolanze col mondo di Amy Winehouse. E poi il canto, la seduzione dell’amore narrato, i video-artisti sulla scena. E una star del grande schermo…
Non c’è che dire, il compositore Filippo Del Corno & Co ogni volta lascia/lasciano il segno. E così è stato l’altra sera al teatro Strehler di Milano: se lo spettacolo multimediale “Il rimedio della fortuna” tratto da “Le Remède de fortune” composto nel 1342 da Guillarme de Machaut voleva far discutere, c’è riuscito. Una re-interpretazione moderna della forma-melologo (in questo caso antico).
Chez l’attrice francese Fanny Ardant; in prima linea l’ensemble Sentieri Selvaggi diretti da Carlo Boccadoro; voce recitante-musica-immagini. Spettacoli così in Italia non se ne vedono troppo spesso. Un format dal sapore nordeuropeo, tanto che alla fine ci si sarebbe potuti domandare se la serata era trascorsa anziché nella capitale lombarda, in una sala di Parigi o Amsterdam o Berlino. Una proposta per un pubblico raffinato a caccia di Novità – non per tutti i palati – rispetto ai programmi nostrani, spesso più rassicuranti.
Teatro pieno, molta curiosità, anche tra gli addetti ai lavori. Segno è che “certa musica” – la cosiddetta “contemporanea” – ha smesso di intimorire la gente o almeno intimorisce di meno; segno che un Del Corno & C. hanno lavorato bene su diversi piani, segno è che sono stati conquistate altre fette di pubblico. Ma vediamo la serata.
Solo la presenza scenica tra luci e ombre della francesissima e affascinante Ardant… la sua interpretazione – voce nerrante – era già abbastanza sul piano della seduzione, scelta azzeccata – visto lo spessore e la sua fama – per il tema in questione: ah l’amour!!! Performance ineccepibile dei Sentieri Selvaggi diretti da un Boccadoro visibilmente coinvolto dalla partitura che c’è da scommetterci, per i suoi contenuti musicali e non – nonostante la di lui diversa estetica – gli deve essere piaciuta parecchio, e non per partigianeria. E ancora: qualità indiscutibile dell’ensemble in ogni sua singola parte; voci di alto livello per il canto.
Durante l’esecuzione due video-artisti hanno “accompagnato” la parte musicale (che nel suo sapore atonalistico e tra i lavori certosini sui suoni, è sembrata comunque ancorata allo stile fiammingo dell’autore) con una performance estemporanea. Nessun punto debole, grandi suggestioni, ma la sensazione è che non pochi tra il pubblico alla fine non abbiano colto il legame tra musica-testo e le immagini che via via si andavano componendo sul grande schermo verticale.
Una considerazione però, soprattutto per tenere lontani quei simpatici corvacci pronti a ogni piè sospinto a sfoderare termini per altro abusati e fuori bersaglio come radical chic. Un mondo dove la performance è di casa – nel senso che ormai chiunque può pre-confezionare e/o confezionare anche tra le quattro mura uno show – è un’occasione poter assistere all’evolversi di un’istallazione artistica che nasce, vive e muore in diretta. Ma anche e soprattutto è fonte e scambio di emozioni, pura energia. Pazienza se qualcuno non ha capito; per ognuno quella storia ha avuto un significato. Un senso. E alla fine è la platea, con i suoi applausi, a rendere giustizia.
In allegato: il compositore Filippo Del Corno al lavoro