L’intervento / Cosa accade nel cervello quando si suona
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Con “Cosa accade nel cervello quando si suona uno strumento musicale“: Fuori Tono lancia una nuova rubrica di interventi dedicata al pianeta musica nella contemporaneità. Non solo musicisti, ma anche scienziati, filosofi, scrittori e artisti da questa pagina web diranno la loro su un tema specifico, attraverso riflessioni, articoli e mini-saggi. A inaugurare la serie Alice Mado Proverbio (nel video) professore di Neurobiologia all’Università di Milano-Bicocca, che in questo articolo spiega appunto, che cosa succede al nostro cervello quando si suona.
“Il suonare uno strumento con una certa maestria è un’abilità umana molto complessa che attiva il cervello in modo significativo, richiede un dispendio di energie e produce un innalzamento della temperatura cerebrale non solo per la fatica muscolare (che può essere abbastanza ridotta), ma soprattutto per la concentrazione mentale. Com’è noto a tutti i musicisti, l’esibizione musicale (o concerto), non è molto diversa da una prestazione sportiva in termini di dispendio energetico, ed è associata ad aumento della temperatura corporea, del battito cardiaco, della frequenza respiratoria, dell’ossigenazione cerebrale e muscolare periferica, della dilatazione pupillare (attivazione catecolaminica del sistema nervoso simpatico, incompatibile per esempio, con la digestione di un lauto pasto). Per abbassare la temperatura l’organismo spesso innesca il fenomeno della sudorazione che ha però l’inconveniente di interferire con la motilità fine delle dita.
La capacità di suonare uno strumento musicale richiede l’integrazione simultanea di informazioni multimodali sensoriali e motorie con meccanismi di feedback multimodale per monitorare l’esecuzione musicale. I musicisti possiedono, dunque, abilità specializzate sensomotorie, uditive, visive, visuo-spaziali, uditivo-spaziali, motorie, mnemoniche e di transfer interemisferico, che sembrano essere correlate a cambiamenti funzionali e strutturali dei loro cervelli.
Mediante l’utilizzo di tecniche di neuroimmagine come la tomografia ad emissione di positroni (PET), la risonanza magnetica funzionale (fMRI) o la registrazione dell’attività elettromagnetica del cervello è possibile oggi capire cosa accade nel cervello quando si è intenti a suonare. L’esecuzione di una scala musicale con la mano destra attiva la corteccia motoria sinistra (area 4), un’area del cervelletto destro e la corteccia premotoria sinistra (area 6). Viceversa per la mano sinistra. L’ascolto di una scala musicale (sia suonata da un’altra persona, sia suonata dallo stesso soggetto) attiva la corteccia uditiva secondaria di entrambi gli emisferi (area 42) e il giro temporale superiore sinistro (area 22). L’ascolto di un brano musicale determina l’attivazione delle medesime aree ma soprattutto del giro temporale superiore destro. In particolare l’emisfero destro elabora aspetti melodici e accordi consonanti, mentre quello sinistro elabora il ritmo (analisi temporale) e suoni in relazione armonica dissonante.
Quando un musicista legge uno spartito, senza suonarlo, si osserva l’attivazione bilaterale dell’area visiva extra striata (lobo occipitale, per il riconoscimento visivo delle note e degli accidenti) e della giunzione occipitoparietale sinistra (facente parte della via dorsale, responsabile dell’analisi spaziale della posizione delle note sul pentagramma). Leggere uno spartito mentre si ascolta l’esecuzione del brano determina l’attivazione (oltre che delle aree visive ed uditive di cui sopra) della parte superiore e posteriore del giro sopramarginale (area 40), e del lobo parietale inferiore di entrambi gli emisferi (corrispondente alla corteccia somatosensoriale che rappresenta il distretto motorio di interesse: dita, bocca, piedi, ecc.). Tale attivazione riflette la creazione, nel cervello del musicista, di una mappa corticale che stabilisce un legame duraturo tra notazione musicale, suoni corrispondenti e trasformazione visuomotoria (rappresentazione del movimento che sarebbe necessario per eseguire il movimento stesso). La combinazione delle tre componenti (lettura, esecuzione ed ascolto della musica eseguita) attiva oltre alle aree precedenti anche il lobo parietale superiore (area 7) di entrambi gli emisferi, coinvolto nella trasformazione senso motoria necessaria a guidare visivamente i movimenti specializzati e la posizione delle dita (braccia, piedi, bocca). La rappresentazione corticale del movimento è supportata inoltre dalla corteccia premotoria sinistra (area 6) e dal giro frontale inferiore sinistro (area 44), posta immediatamente sopra l’area di Broca, che un ruolo preciso nell’organizzazione delle sequenze motorie.
Indispensabili inoltre il cervelletto (che regola la fluidità e la temporizzazione del movimento), e i gangli della base, responsabili dell’avvio e scelta dell’azione, nonché nella regolazione dell’ampiezza del movimento. Rispetto all’esecuzione di brani in fase di studio, brani già appresi tendono a coinvolgere l’area premotoria detta SMA (area supplementare motoria), facente parte del cosiddetto “circuito interno del movimento”. Interessante notare che l’attivazione del circuito interno risulta leggermente incompatibile con un feedback di tipo visivo. In tal senso, l’esecuzione di brani iper-appresi (pronti per il concerto) beneficia della non osservazione del movimento delle proprie dita, per cui il musicista esperto tenderà a chiudere gli occhi o guardare altrove, seguendo semmai lo spartito, ma certamente non osserverà le proprie mani (se non desidera incepparsi improvvisamente)”.
In allegato: Alice Mado Proverbio