Partitura / Giovanni Albini e i segreti del Quartetto numero 5
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Con questa prima intervista “Fuori Tono” lancia la rubrica Partitura, focus su un’opera spiegata dal suo autore: i segreti compositivi, le infinite modalità di assemblare i materiali, ispirazioni e orchestrazioni. Insomma, la musica vista dal…di dentro. Apre la serie, la prima parte di un’intervista a Giovanni Albini, classe 1982 (:http://www.albini.biz/): il compositore rispondendo ad alcune domande illustra il suo Quartetto numero 5, del 2009 (domenica 21 ottobre nella Cattedrale di Pavia si potrà ascoltare una Messa da lui scritta).
1) Come è nato il brano: c’è alle spalle un’ispirazione?
“Piuttosto che un’ispirazione direi un’idea sulla musica. Su una musica che vorrei e che inseguo in ogni pagina che scrivo. Perché l’aspirazione alla bellezza mi sembra essere la forma d’ispirazione più intensa. Quello che cerco è un linguaggio asciutto, essenziale, icastico, costruito con un materiale elementare. Scale diatoniche, triadi, elementari condotte delle parti: le radici della nostra musica precipitate a nude forme archetipiche. Un materiale che mi piace astrarre, ridurre ai suoi tratti essenziali, per poi presentare cercando di svelare alcuni luoghi inaspettati delle sue potenzialità espressive. Mentre quello stesso materiale, pur straniato, continua in qualche modo a vibrare di secoli di linguaggi, stili e storie. Di vita. Come se le mie composizioni si costituissero a suo monumento. Niente di nuovo, a dire il vero: non si può forse guardare ad una forma sonata come ad un monumento alla tonalità? Un’espressione contingente in cui prendono vita significati musicali più ideali ed evanescenti? Mi piace allora pensare al mio quinto quartetto d’archi come ad un piccolo monumento ad un semplicissimo oggetto musicale: la scala di Sol minore”.
2) Perché scrivere per quartetto e non per altri strumenti; è una formazione privilegiata o per l’idea era la migliore…
“Entrambe le risposte. Il quartetto d’archi è senza ombra di dubbio l’organico simbolo della tradizione musicale occidentale, secondo forse solo al pianoforte. Mi è sembrato quindi che il carattere astratto e monumentale della mia composizione vi si addicesse bene. E allo stesso tempo è un organico versatilissimo: permette di esprimere la voce individuale di ognuno dei suoi strumenti, ma anche di amalgamarne uniformemente i timbri, le sonorità, le tecniche. È quello che ad esempio accade nelle due scale discendenti del quartetto, quella coi glissandi che inizia a 1:14 del video, e quella con i ribattuti che comincia a 1:55, in cui in tutti gli strumenti, dal più acuto al più grave, si passano la staffetta della scala. In modo quasi impercettibile. Con naturale continuità di suono (a cui certamente è venuta incontro l’abilità del Quartetto Indaco)”.
3) Due passi tra melodie e armonie: può raccontare come ha organizzato il materiale musicale e offrire una mini-guida dedicata al lettore-ascoltatore per viaggiare nella partitura e capire che cosa succede?
“La composizione si apre con una corona su un Sol all’unisono, cristallizzato dopo un’energica acciaccatura di sole corde a vuoto. Segue un fiorire materico della sola nota Sol che, gradualmente, attraverso glissandi microtonali, arriva a ‘costruire’ intervalli di semitono attorno a tale altezza. Come una rivelazione: dall’altezza, unica, puntuale; all’intervallo. Si presenta allora per la prima volta la scala di Sol minore (1:14), discendente, cominciando dal Si bemolle proprio con un semitono: in modo liquido, incerto, attraverso continui glissandi. Ormai il materiale si è presentato, non resta che fissarlo nella memoria. La scala discendente viene allora riproposta attraverso lenti e trascinati ribattuti alla corda (1:55), sottolineando una chiarissima triade di Sol minore. Il ribattuto si incanta (2:30), si velocizza considerevolmente (2:34) e decolla in virtuosistiche e tempestose scale (2:45). Sembra raggiunta una vetta nell’acuto (2:55) e il gioco riprende subito, più intenso, più sofferto. Si impenna nuovamente e, dopo aver offerto ancora come all’inizio semitoni attorno al Sol, ‘sensibili’ immaginarie (3:07), implode in una scala discendente. Si ripresentano allora le prime battute del pezzo (3:18). Tutto è ritornato al Sol ad un’altezza che cerca di emanciparsi, di schiudere intervalli e scale. Ma resta questa volta pulviscolo. Si ferma (4:16). E con un bagliore svanisce (4:19)”.
FINE PRIMA PARTE, SEGUE
In allegato: il Quartetto numero 5 (2009)